La recente visita di sistema organizzata dal ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ha portato, nel ricco stato mediorientale, un gran numero di imprese italiane d’eccellenza ansiose di stringere proficue relazioni con il primo mercato di destinazione dell’export italiano fra i Paesi del Golfo.
Infrastrutture, energia, ambiente, sanità, farmaceutica, agro-industria ed ICT. Questi sono solo alcuni dei comparti più densi d’opportunità per le Pmi del Belpaese a cui fanno gola le chance offerte da uno dei Paesi con il Pil pro capite più elevato su scala globale (circa 70 mila dollari). A dimostrarlo la recente “spedizione”, meglio nota come Business Forum Italia-Emirati Arabi Uniti svoltasi fra il 16 ed 18 aprile scorso, che ha coinvolto 147 aziende, 8 associazioni imprenditoriali e 7 banche.
La tre giorni di incontri – organizzata dall’agenzia per il Commercio Estero, Confindustria e l’Associazione bancaria italiana sotto l’egida dei ministeri degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dello Sviluppo Economico – si è rivelata il contesto ideale per approfondire le possibili partnership economiche fra Italia ed Emirati Arabi Uniti (EAU), specialmente in riferimento all’Expo 2020 che si terrà a Dubai dal 20 ottobre 2020 al 10 aprile 2021, in corrispondenza di un importante anniversario: il 50esimo anno di vita degli Emirati Arabi Uniti.
L’Expo si configura infatti come una vetrina imperdibile per le imprese tricolori intenzionate ad espandere i propri orizzonti nella Penisola araba con ben 25 milioni di visitatori attesi, di cui ben il 70 percento dovrebbe provenire dall’estero. Un evento di dimensioni clamorose per il quale sono stati stanziati investimenti pubblici pari a 150 miliardi di dollari che porteranno alla creazione di 300mila nuovi posti di lavoro.
Cifre considerevoli che tradiscono la ferma intenzione dell’ex porzione di deserto - un tempo conosciuta come “Costa dei Pirati”- di procedere ad una seria diversificazione economica che possa diminuire sensibilmente il peso del settore Oil&Gas incrementando la capacità del Paese di creare nuova ricchezza sviluppando nuove tecnologie ed attività eco-sostenibili.
In questa situazione l’Italia partirà da una posizione privilegiata rappresentando il terzo fornitore europeo (dopo Germania e Regno Unito) ed il decimo su scala globale degli Emirati, con una quota di mercato pari al 2,6%. Inoltre nel Paese asiatico si registra già la presenza di importanti imprese nazionali, per non dire veri e propri colossi, fra cui Eni, Ansaldo Energia, Fincantieri, Leonardo, Saipem e Intesa San Paolo.
L’incontro dei giorni scorsi, comunque, ha prodotto alcuni risultati come la firma del protocollo d’intesa per una reciproca collaborazione volta a sviluppare e rafforzare la cooperazione economica e commerciale siglato dalla Joint Italian Arab Chamber (JIACC) e Etihad Credit Insurance Company. L’intesa intende favorire la promozione degli Emirati Arabi Uniti in Italia come hub strategico nell’area del Golfo agevolando gli investimenti arabi in imprese italiane che si dimostrino disponibili a produrre beni e servizi per i mercati locali e, più in generale, che intendano puntare con decisione sugli EAU.
Fra gli altri obiettivi dell’accordo è bene poi menzionare:
- lo sviluppo di relazioni commerciali con particolare attenzione al settore halal, attraverso soluzioni assicurative e finanziarie Sharia compliant;
- il sostegno alle attività della Joint Italian Arab Chamber of Commerce attraverso la nomina di un rappresentante ECI nel suo consiglio di amministrazione;
- il coinvolgimento di rappresentanti ECI nei principali eventi B2B e missioni pianificate dai rispettivi membri;
- la partecipazione di professionisti di ECI a seminari organizzati dalla commissione Fiscalità Internazionale JIACC per fornire informazioni e aggiornamenti sulla normativa tributaria e fiscale negli UAE.
Infine JIACC e ECI hanno anche deciso di creare un gruppo di lavoro congiunto – composto da esperti del settore del credito al commercio e degli investimenti – per agevolare future collaborazioni in ambito commerciale, tecnologico e economico.
Insomma stiamo parlando di un’intesa di ampio respiro che ha inorgoglito Cesare Trevisani, presidente della Joint Italian Arab Chamber of Commerce, a tal punto da definirla “un passo fondamentale per garantire un significativo e positivo sviluppo della cooperazione economica e commerciale tra i nostri Paesi”.
Rapporti con l’Italia
Tuttavia non è tutto oro quel che luccica e – sebbene nel 2018 il nostro export verso Dubai abbia superato i 4,5 miliardi di euro su un interscambio complessivo di 5,73 miliardi – esso è calato sensibilmente rispetto al 2017 (-14,1%), a fronte di un aumento (+11,2%) dell’import da Dubai: tale situazione ha quindi comportato una riduzione del saldo commerciale (rimasto comunque ampiamente a favore della Penisola) di quasi 1 miliardo di euro.
Fra i settori che hanno maggiormente risentito di questo trend negativo spiccano macchinari (-33%), prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio (-24,5%), gioielleria (-18,8%) e mobili (-10%) mentre ottime performance ha fatto registrare il settore degli aeromobili e relativi dispositivi (+171,7%).
Inoltre, ultimamente, dagli Emirati è giunto anche un segnale di interesse nei riguardi delle Zone Economiche Speciali del Mezzogiorno (ZES) che offrono agli operatori internazionali significative facilitazioni come regime fiscale agevolato e semplificazioni amministrative in diversi settori (infrastrutture, logistica, energia, ICT, economia circolare, industria manifatturiera e servizi) e per questo potrebbero presto generare nuovi investimenti aiutando il Sud Italia ad assumere un ruolo di rilievo negli scambi commerciali che si sviluppano lungo le rotte del Mediterraneo.
Comunque, a prescindere da come si evolveranno le cose nel prossimo futuro, è bene sottolineare che i prodotti italiani continuano ad avere un appeal di rilievo sui benestanti consumatori emiratini, soprattutto per quel che riguarda i beni di consum. Alle imprese interessate ad avere un quadro ancora più completo del mercato degli EAU, si consiglia infine di cliccare qui e consultare l’utilissima guida recentemente pubblicata da Sace.
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Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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