Nel 2017 il Piano Nazionale Industria 4.0, contenente una serie di misure volte ad aumentare il livello di produttività del tessuto industriale italiano grazie all’impiego delle nuove tecnologie, è stato (per la prima volta) inserito nella Legge di Bilancio italiana. Successivamente il sostantivo “Impresa” si è sostituito ad “Industria” ed oggi, nell’attuale Legge di Bilancio, alcune misure previste nel piano originario sono state modificate. Scopriamo insieme cosa è cambiato.
Nel Country Report 2016, la Commissione europea osservava che, nel nostro Paese, “la crescita della produttività continua a trascinarsi, a causa soprattutto del persistere di ostacoli strutturali all’allocazione efficiente delle risorse nell’economia”. Anche a seguito di questa affermazione, nel mese di febbraio 2016, la Camera dei Deputati decise di avviare un’indagine conoscitiva al fine di individuare la migliore strategia di introduzione di strumenti che favorissero la digitalizzazione delle filiere industriali nazionali, con l’intento di aumentare la produttività del Paese.
Dopo un’analisi dei punti di forza e di debolezza del sistema industriale italiano in relazione alla sua digitalizzazione, nonché delle opportunità e dei rischi derivanti dal contesto europeo e internazionale, si giunse all’elaborazione di un documento che illustrava alcune proposte operative per una strategia digitale Made in Italy. Il passo successivo fu l’entrata in vigore del “Piano nazionale Industria 4.0 2017-2020”, inserito nella Legge di Bilancio del 2017, che conteneva misure concrete strutturate su quattro direttrici d’azione:
• Investimenti innovativi: stimolare l’investimento privato nell’adozione delle tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0 ed aumentare la spese in ricerca, sviluppo e innovazione;
• Infrastrutture abilitanti: assicurare adeguate infrastrutture di rete, garantire la sicurezza e la protezione dei dati, collaborare alla definizione di standard di interoperabilità internazionali;
• Competenze e Ricerca: creare competenze e stimolare la ricerca mediante percorsi formativi ad hoc;
• Awareness e Governance: diffondere la conoscenza, il potenziale e le applicazioni delle tecnologie “Industria 4.0” e garantire una governance pubblico-privata per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
A settembre 2017, è stato poi dato avvio alla c.d. “fase 2″ del Piano, che ha assunto la denominazione “Piano nazionale Impresa 4.0“, includendo tra i destinatari non più soltanto il settore manifatturiero, ma anche agli altri settori dell’economia al fine di consentire alle Pmi di dotarsi di strumenti in grado di supportare la propria trasformazione in chiave digitale.
Dopo aver ripercorso l’iter legislativo che ha portato alla nascita del Piano Impresa 4.0, si analizzano ora nel dettaglio le principali misure che sono state oggetto di modifica nella Legge di Bilancio 2019.
Superammortamento e Iperammortamento
Il primo grande cambiamento riguarda la scomparsa del superammortamento, la deduzione extracontabile del 40% per gli investimenti in beni strumentali nuovi, impianti e macchinari effettuati da tutti i titolari di reddito d’impresa (lavoratori autonomi compresi). D’altro canto l’Iperammortamento, l’agevolazione riguardante gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica e/o digitale in chiave Industria 4.0, è stato prorogato ma rimodulato. Più precisamente è stata introdotta una modulazione delle agevolazioni in misura decrescente, che va favorire le PMI rispetto alle grandi imprese. La disposizione prevede che la maggiorazione del costo si applichi:
• nella misura del 170 % per investimenti fino a 2,5 mln di euro;
• nella misura del 100 % per investimenti compresi tra 2,5 e 10 mln di euro;
• nella misura del 50% per investimenti compresi tra 10 e 20 mln di euro
Si allungano, inoltre, i tempi: gli investimenti agevolabili devono essere effettuati entro il 31 dicembre 2019, ovvero entro il 31 dicembre 2020 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione.
Mini IRES
A parziale compensazione del superammortamento compare la mini IRES per le imprese che investono in nuovi impianti o in beni strumentali e per quelle che assumono nuovo personale. L’aliquota scende dal 24 al 15% sugli utili accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili e destinati a: nuovi impianti nel territorio dello Stato, completamento di opere sospese, ampliamento, riattivazione, ammodernamento di impianti esistenti, acquisto di beni strumentali materiali nuovi, anche mediante contratti di locazione finanziaria, destinati a strutture situate nel territorio dello Stato.
Credito d’imposta per attività di R&S
Si riduce l’aliquota di agevolazione dal 50% al 25%, prevedendo che, per alcune tipologie di spese, tale aliquota sia maggiorata al 50%. Inoltre, a partire dal 2019, viene ridotto anche il beneficio massimo concedibile per singola impresa da 20 a 10 milioni di euro.
Nuova Sabatini e misure a sostegno di Made in Italy
Il regime di aiuto per agevolare l’accesso al credito delle PMI per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature, è stato rifinanziato con uno stanziamento di 48 milioni di euro per l’anno 2019, di 96 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023 e di 48 milioni di euro per l’anno 2024. Risulta rafforzato anche il Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia che si avvale, per l’anno 2019, di una dote complessiva di risorse complessive pari a 140 milioni di euro.
Start up e PMI innovative
Sono state incrementate le agevolazioni fiscali previste per persone fisiche e giuridiche che investono in startup innovative: dal 30% si passa al 40%, offrendo così una maggior leva fiscale e stimolando la propensione al rischio ed all’investimento. Inoltre è stato creato un Fondo per il sostegno al Venture Capital e per gli interventi volti a favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, la cui dotazione ammonta a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.
Formazione 4.0
Il bonus formazione viene prorogato ma anch’esso ripensato. Nel 2018 il credito d’imposta era pari al 40% delle spese relative al costo aziendale del personale dipendente per il periodo in cui è occupato in attività di formazione. Nel 2019, invece, la misura diventa più favorevole per le piccole imprese, per le quali l’agevolazione sale al 50%, resta al 40% per le imprese di media dimensione, mentre viene ridotta al 30% delle spese ammissibili per le grandi imprese, fermo restando il limite massimo annuale di 300.000 euro. Di nuova introduzione è, invece, la previsione di un contributo per aiutare le aziende a dotarsi della figura dell’innovation manager, un professionista o una società di consulenza che le aiuti nella trasformazione tecnologica e digitale. Per avere maggiori chiarimenti circa i requisiti per l’iscrizione nell’elenco e quelli per richiedere i contributi da parte delle aziende, bisognerà tuttavia attendere i decreti attuativi.
Ma come sono state accolte queste nuove modifiche dagli imprenditori?
Le nuove misure hanno trovato il consenso e il supporto delle PMI, mentre gli industriali non hanno apprezzato l’eliminazione del superammortamento, la riduzione dell’Iperammortamento e il fatto che sia stato dimezzato il credito di imposta per ricerca e sviluppo dal 50 al 25%.
La risposta da parte del ministro Di Maio non si è fatta attendere: “Abbiamo prorogato e rimodulato il credito di imposta per R&S per favorire l’occupazione stabile, cioè finanziamo chi fa contratti stabili e non consulenze”, una scelta fatta “nel pieno spirito di chi vuole dare certezze a chi viene assunto nelle nostre aziende”. Infine leader del Movimento 5 Stelle ha sottolineato come il piano sia stato rimodulato “per le piccole e medie imprese, perché abbiamo scoperto che il 99% dei fondi di Impresa 4.0 andava solo alle grandissime imprese, mentre i piccoli-medi imprenditori restavano tagliati fuori da un piano che serviva per digitalizzare e incentivare le nuove tecnologie nelle aziende”.
Senza dubbio da queste nuove misure si evince un cambio di paradigma: favorire maggiormente le Pmi rispetto alle grandi aziende, principali destinatari degli incentivi pensati dal precedente governo. Tuttavia sapere quale sarà il reale impatto dei provvedimenti adottati rimane ancora una grossa incognita, specialmente in una situazione economica che pare avvicinarsi sempre di più alla “crescita zero”, se non addirittura ad una nuova recessione.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Francesca Simonelli, redazione@exportiamo.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA