Mentre si moltiplicano i segnali di rallentamento dell’economia italiana, le vendite di Made in Italy all’estero si confermano, ancora una volta, una delle poche voci dinamiche ed in salute del sistema economico della Penisola.

La resilienza dell’export

E’ di pochi giorni fa la notizia: dopo 14 trimestri col segno più il Pil italiano si è inceppato, riducendosi dello 0,1% fra luglio e settembre 2018. Un dato che certifica un trend preoccupante per l’economia italiana e che si aggiunge ad una frenata sia nella crescita dei consumi (che dovrebbe attestarsi al +1% rispetto al +1,4% del Def) sia degli investimenti. Ciò che sorprende è che ad essere restii ad investire non sono più solo i privati cittadini ma anche le banche, come si nota leggendo il rapporto trimestrale di Assoreti, l’associazione delle banche e delle imprese d’investimento che prestano il servizio di consulenza in materia d’investimenti. Secondo il report infatti, nei primi 9 mesi del 2018, la maggior parte degli istituti, ha preferito tenere i soldi dei propri clienti su conti e depositi piuttosto che investirli in fondi, polizze, titoli ed azioni.

C’è però una voce dell’economia italiana che, anche nelle difficoltà, continua a crescere ad un ritmo invidiabile: l’export. Se si guarda infatti ad i dati relativi ad i primi 9 mesi del 2018 e si opera un confronto con quelli relativi allo stesso periodo dell’anno precedente, si evidenzia una crescita pari al 3,1%. Certo la crescita del 2017 era stata ben più marcata (+7,6%) ma è bene ricordare che stiamo parlando di incrementi che riguardano cifre già da record.

In effetti dal 2011 in poi – anno in cui con un export da 375,9 miliardi di euro non solo si erano raggiunti i livelli pre-crisi ma si era anche certificato un nuovo record in termini assoluti – il Made in Italy non si è più fermato. E così l’asticella si è alzata anno dopo anno: 390,1 miliardi nel 2012, 390,2 nel 2013, 398,8 nel 2014, 412,2 nel 2015, 417,2 nel 2016 e quasi 450 miliardi di euro lo scorso anno.

Oggi, se gli incrementi registrati fino a settembre 2018 dovessero essere confermati, le esportazioni italiane raggiungerebbero un ulteriore record superando quota 463 miliardi di euro, aumentando ancora il già cospicuo peso dell’export alla formazione del Pil italiano.

Infine non bisogna tralasciare il dato dell’import aggiornato a settembre 2018, segnalato in crescita del 5% rispetto a quello di settembre 2017. Tale situazione fa prevedere una sensibile riduzione del surplus commerciale tricolore per quel che riguarda l’anno in corso, dal momento che da gennaio a settembre si sono già persi per strada quasi tre miliardi di euro.

Settori in crescita

Se si guarda al dettaglio dei dati relativi a questi primi nove mesi dell’anno si nota come la crescita del 3,1% dell’export italiano sia da attribuirsi soprattutto alle ottime performance di: mezzi di trasporto, autoveicoli esclusi (+7,8%), metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+5,9%), apparecchi elettrici (+3,9%) ed articoli in pelle, esclusi abbigliamento e simili (+3,5%).

Detto ciò però non va dimenticata anche la buona previsione di crescita che riguarda l’export food&beverage italiano che, quest’anno, dovrebbe crescere del 3% sospinto dalle vendite di vino Made in Italy che, nonostante la riduzione dei volumi dovuta alla non eccellente vendemmia, dovrebbero crescere del 3,8% arrivando a toccare 6,2 miliardi di euro.

Paesi destinatari: fra conferme e sorprese

Guardando ai dati diffusi dal Mise, relativi ai primi otto mesi dell’anno, tutti i tre principali Paesi acquirenti di Made in Italy hanno incrementato le proprie vendite rispetto allo scorso anno con la Francia (+5,4%) che realizza l’incremento più cospicuo seguita da Germania (+4,7%) e Usa (+4,7%). Sorprendente invece l’andamento della Spagna (4°), i cui acquisti sono registrati in contrazione del 2,6%, mentre il dato del Regno Unito (5°) è rimasto sostanzialmente stazionario.

Fra i primi 30 Paesi destinatari dell’export italiano a sorprendere, in positivo, ci sono India (28°) in crescita del 15,5%, Svizzera (6°) del 14,5%, Slovenia (20°) del 12,9%, Paesi Bassi (10°) del 12,1%, Brasile (27°) dell’11,6% e Grecia (23°) in aumento del 10,3%, i cui incrementi hanno tutti superato la doppia cifra.

Degni di nota ma meno esaltanti le performance di Polonia (7°) i cui acquisti di beni italiani nei primi 8 mesi dell’anno sono aumentati del +8,1%, Svezia (19°) dell’8%, Repubblica Ceca (16°) del +7,9%, Austria (11°) del +6,6%, Corea del Sud (21°) del +6,3%, Portogallo (24°) del 5,6% ed Ungheria (18°) del 5,2%.

Fra le note stonate spicca invece il tonfo degli Emirati Arabi Uniti (22°) il cui calo di acquisti Made in Italy ha raggiunto il -16,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente seguiti, da lontano, da riduzioni più contenuta che hanno riguardato Turchia (12°) in calo del 5%, Belgio (8°) del 3,1% e Russia (13°)del 2,8%.

Sostanzialmente stabili invece altri tre grandi mercati: Cina (9°), Giappone (15°), e Messico (25°).

Nonostante sia ancora prematuro tracciare un bilancio dal momento che ci troviamo a commentare ancora dati parziali (quelli definitivi dovrebbero essere resi noti solo a febbraio 2019) è comunque palese che i due elementi principali che hanno contribuito al ridimensionamento della crescita dell’export italiano (inizialmente previsto da Sace al +5,8%) siano la guerra commerciale in atto fra Cina e Usa ed il forte clima di incertezza politica derivante dalla manovra di bilancio ancora in discussione che sembra non piacere né ai mercati né alle istituzioni comunitarie.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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