Le presidenziali georgiane che hanno sancito la vittoria di Salome Zurabishvili – primo presidente donna ed ultimo che avrà un certo peso (dalle prossime elezioni il Paese si trasformerà in una repubblica parlamentare) – hanno prodotto una coda di polemiche ed accuse. E nel frattempo Tbilisi si avvicina sempre di più all’Ue. Con buona pace della Russia di Putin.

Parla meglio il russo ed il francese della nostra lingua”. Così l’opposizione dipinge la neo-presidente georgiana Salome Zurabishvili che, lo scorso 28 novembre, ha sconfitto al ballottaggio per le elezioni presidenziali (con oltre il 60% dei consensi) il favorito Grigol Vashadze. Secondo alcuni osservatori appare difficile spiegare come Salome sia riuscita a guadagnare tutti questi consensi dopo un primo turno che si era chiuso con un suo lievissimo vantaggio sul rivale (38,7% contro 37,7%).

Una vittoria carica di polemiche che ha scatenato le ire dell’opposizione che, attraverso le parole dell’ex capo dello Stato Mikheil Saakashvili, ha denunciato irregolarità elettorali accusando la classe politica nazionale di esser responsabile di atti di corruzione e violazione del diritto di voto. L’ex presidente ha quindi invitato il popolo georgiano a non riconoscere il risultato elettorale, incitando la popolazione a compiere atti di disobbedienza civile.

Fra la Zurabishvili e Saakashvili regna infatti una fortissima acrimonia da quando l’ex ministra degli Esteri nata e cresciuta Parigi (i genitori fuggirono in Francia dopo la rivoluzione bolscevica del 1917), e scelta proprio da Mikheil, definì la guerra contro l’Ossezia del Sud e l’Abcasia del 2008 come un “suicidio”. Inoltre gli scontri fra i due si sono acuiti con la pubblicazione della “La Tragédie géorgienne”, un testo in cui la Zurabishvili descrive la Georgia come un Paese abbagliato dal forte carisma di Saakashvili ed incapace di rendersi conto di aver progressivamente accettato un potere sempre più autoritario e corrotto.

Sono in molti a ritenere la neo-presidente una “traditrice” solamente perché si è pronunciata contro il conflitto nei confronti dei russi, con i quali Tbilisi intrattiene rapporti tesissimi in seguito alle auto-proclamazioni d’indipendenza (mai riconosciute dall’Onu) avvenute rispettivamente nel 1991 e nel 1992. Le tensioni crescenti sfociarono in un conflitto armato solo nel 2008 quando, probabilmente per via di un calcolo sbagliato, la Georgia invase le due regioni presidiate da militari russi certa di ricevere un concreto supporto da parte del Vecchio Continente e degli Stati Uniti.

Cosa che non avvenne anche perché né Bruxelles né Washington avevano voglia di impelagarsi in una guerra contro Mosca per aiutare un Paese che non ricopre un ruolo esattamente imprescindibile sullo scacchiere internazionale ma che rappresenta comunque un nodo non irrilevante per le relazioni euroasiatiche.

In generale però l’economia georgiana ha mostrato tassi di crescita interessanti lo scorso anno (+5%) e dovrebbe continuare a farlo in proiezione futura, grazie ad un tasso di incremento del Pil che dovrebbe rimanere al di sopra del 4% anche negli anni a venire.

Il Paese caucasico, affacciato sul Mar Nero, è riuscito infatti ad implementare una profonda e proficua opera riformatrice nei primi anni 2000 attraverso quella che è passata alla storia come la “Rivoluzione delle Rose”: un’opera di modernizzazione e “pulizia” che abbracciò molti settori dell’economia (infrastrutture, energia, trasporti) e che produsse interessantissimi progressi specialmente nell’ambito della Pubblica Amministrazione ed in tema di corruzione.

Tali miglioramenti hanno di fatto condotto ad un’incredibile ascesa del piccolo Paese (appena 5 milioni di abitanti) anche nella classifica annuale “Doing Business” realizzata dalla Banca Mondiale che posiziona la Georgia al sesto posto fra i migliori stati in cui fare business su scala globale. Fra le categorie più interessanti si rileva il secondo posto ottenuto in Starting a business, in cui Tbilisi è considerata al top a livello globale anche per il moderato peso delle tasse sulle imprese dimostrato dalla corporate tax fissata al 15% che concede anche la possibilità di esenzione totale a chi decide di reinvestire i propri ricavi all’interno del Paese.

Insomma il business climate offerto dalla Georgia rappresenta una sorta di unicum nell’area e per questo le relazioni commerciali con Mosca e Bruxelles rimangono fitte: l’Ue, nel suo complesso, assorbe oggi circa il 20% dell’export georgiano mentre la Russia – nonostante i forti scontri – acquista il 14,5% dell’export Made in Georgia annuo (dati 2017).

Che la volontà di Bruxelles sia quella di far diventare la Georgia una sorta di avamposto europeo alle porte dell’Asia è confermato dalla conclusione del Deep and Comprehensive Free Trade Areas (Dcfta), volto all’eliminazione delle barriere tariffarie e non tariffarie tra le due aree commerciali. Inoltre dal 2017 i georgiani possono viaggiare senza visto nello spazio Schengen e con l’elezione della Zurabishvili Tbilisi proseguirà nel suo percorso di avvicinamento all’Ue che potrebbe portare, nel giro di breve tempo, all’adesione della Georgia alla Nato.

Eventualità che manderebbe Putin su tutte le furie ma che sarebbe solo un ulteriore conferma di quanto l’Europa stia sempre più diventando un importante punto di riferimento per la Georgia a tal punto che, in molte scuole del Paese caucasico, c’è la possibilità di studiare l’italiano, lo spagnolo, il francese ed il tedesco.

Starà quindi alla Zurabishvili riuscire nell’arduo compito di mantenere buoni rapporti con Mosca proseguendo con un percorso di riforme che sembra assai accidentato ancor prima d’iniziare visto e considerato che migliaia di georgiani sono scesi in piazza per protestare contro presunti brogli elettorali.

Rapporti con l’Italia

Il Belpaese rappresenta oggi il terzo partner a livello europeo della Georgia e l’ottavo a livello mondiale con un interscambio che, nel 2017, è stato di circa 230 milioni di euro sebbene sia export (-25,6%) sia l’import (-16,9%) hanno registrato una forte contrazione.

Fra i prodotti italiani più apprezzati dai consumatori e dalle imprese georgiane spiccano quelli della meccanica strumentale (27% sul totale dell’export Made in Italy), seguiti da tessile/abbigliamento (15%) ed altri beni di consumo (9%).

Fra le criticità di chi decide di investire in Georgia si segnala l’accentuata dollarizzazione dell’economia locale che rende sconsigliabile indebitarsi in lari per evitare, dinanzi ad eventuali perdite di valore della valuta locale, di avere difficoltà nel restituire i prestiti ricevuti.

Infine si segnala che lo scorso luglio il Presidente Mattarella, recatosi in visita nel Paese, ha tenuto a sottolineare che “l’amicizia tra Georgia e Italia è molto grande e contiamo che cresca sempre di più”. Le parole della massima carica italiana simboleggiano la grande attenzione rivolta dalla Penisola nei confronti di Tbilisi che, pur essendo un mercato di dimensioni limitate, concede alle imprese italiane delle interessanti opportunità di sviluppo commerciale anche a livello regionale.

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Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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