Per le Pmi italiane e straniere fare affari in Cina è complesso e pieno di insidie, specialmente per quelle che non dispongono di informazioni e risorse adeguate. In particolare nel contesto di imprese di piccole e medie dimensioni che intendono esportare prodotti e servizi in Cina, è bene tenere d’occhio i seguenti aspetti:

1. Difesa della Proprietà intellettuale

La proprietà intellettuale rappresenta un tema complesso poiché la Cina è tristemente famosa per essere leader per quanto riguarda contraffazioni, utilizzo fraudolento ed appropriamento indebito di marchi altrui. Qui i diritti esclusivi per l’utilizzo di un marchio sono garantiti a chi registra per primo il marchio in questione. Costui, e i suoi fornitori e rivenditori autorizzati, avranno pieni diritti su importazione, produzione e vendita di beni e servizi recanti quel marchio. L’utilizzo effettivo e/o precedente di un marchio non è necessario per ottenere un diritto esclusivo sullo stesso. Un’azienda straniera che possiede un marchio, anche se da molti anni, e ne detiene i diritti nel Paese di origine e in Paesi terzi, non può stabilire un diritto esclusivo sul marchio in Cina, se non ha di fatto registrato il marchio nel Paese. L’azienda in questione può perdere il diritto al marchio qualora questo sia già stato registrato da qualcun altro.

Ci sono due modi per le aziende straniere di richiedere la registrazione del marchio in Cina. Il metodo più semplice, e spesso piu effettivo in termini di garanzie e tempistiche, e quello di appuntare un agente autorizzato al deposito dei marchi presso il State Trademark Office Cinese. Il secondo metodo è quello di utilizzare Il Protocollo di Madrid, che permette alle aziende dei Paesi firmatari di accedere a procedura di estensione della registrazione del marchio in qualsiasi altro paese membro.

Consiglio: Controllare che il proprio marchio sia già correttamente registrato in Cina richiede 20 minuti. Tramite il database online del STM infatti questa è un operazione molto semplice da fare. Per approfondimenti -> https://www.exportiamo.it/aree-tematiche/13983/come-registrare-un-marchio-in-cina/

2. Licenze di importazione ed altre certificazioni

Quando una società straniera esporta prodotti in Cina, qualcuno deve occuparsi della gestione dell’importazione sul territorio cinese (dogane, certificazioni, pagamento IVA, ecc). Di solito si tratta del cliente finale che importa, oppure di società commerciale che compra e rivende, o ancora di agente esterno (società di logistica) che espleta lo sdoganamento per conto terzi, oppure di una sussidiaria cinese della società esportatrice che a sua volta compra e rivende sul mercato cinese. Può chiaramente trattarsi anche di una soluzione mista. Questi sono aspetti importanti da tenere presente, soprattutto se si percepisce il mercato cinese come potenzialmente importante per il medio e lungo termine. La questione può complicarsi se si ha bisogno di ottenere autorizzazioni particolari o certificazioni, oppure se bisogna registrarsi con la “China Food and Drug Administration”.

Consiglio: Nel caso di partecipazione a fiere, la merce importata potrebbe beneficiare dello status di importazione temporanea ed essere esentata da IVA e dazi, a patto che la merce venga ri-esportata, una volta che la fiera sia terminata. Parliamo quindi di regime doganale della temporanea esportazione per l’esportatore italiano e la temporanea importazione per l’importatore in Cina; questa tipologia di operazione può essere coperta anche dal Carnet ATA la cui convenzione è stata riconosciuta anche dalla Cina. Nel caso non si volesse utilizzare il Carnet ATA, occorrerà procedere con degli operatori doganali competenti in Cina che assistono le imprese in queste operazioni, ovvero temporanea importazione in Cina per l’esposizione e successiva ri-esportazione della merce nell’Uunione Europea. Solitamente l’organizzatore delle fiere ha il proprio customs broker incaricato per tale evento.

Nel caso di partecipazioni a fiere come la CIIE, la società esportatrice potrebbe essere alle prime armi con l’export verso la Cina. Il consiglio è di trovare società di logistica rinomate e con forte presenza e esperienza in Cina in modo da garantire che la merce sia importata per tempo.

3. Tassazione e dazi

Quando si parla di dazi e tassazione, si rischia spesso di ragionare per “approssimazione” salvo poi risvegliarsi e trovare budget sfalsati e margini ridotti. Qualora la fiera andasse bene e si dovesse già discutere di vendere i propri prodotti ad un importatore cinese, vanno tenute presenti alcune costanti.

Va intanto premesso che in Cina, beni e servizi hanno tassazione IVA diversa: 17% per i prodotti/beni materiali e 6% per i servizi. Vi sono poi alcuni settori particolari quali trasporti, costruzioni, servizi postali, prodotti agricoli ad IVA speciale dell’11%. Come abbiamo visto sopra inoltre, dal primo maggio 2018 le aliquote del 17 e dell’11 saranno ridotte rispettivamente al 16 e 10%.

Le importazioni sono soggette a IVA e dazi. Quest’ultimi variano in base alla natura merceologica e se entrambi, Paese esportatore e importatore, fanno parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (come è il caso di Italia e Cina), si applicano generalmente dazi molto bassi e/o ridotti grazie alla clausola della “Most-favored-nation (MFN)”. Per i beni sia dazi che IVA vengono pagati al momento dell’importazione.

Per i servizi invece, se la società italiana “fornitrice” non ha presenza in Cina e vende quindi dall’Italia, il cliente finale di base in Cina dovrà dunque svolgere la funzione di sostituto d’imposta. Al momento del pagamento, il cliente dovrà assicurarsi di versare alle autorità cinesi l’IVA e la ritenuta d’acconto su presunti utili per l’erogazione dei servizi in questione. In altre parole, le imposte sono a carico del fornitore di servizi ma il pagamento viene espletato dal fruitore. È estremamente importate avere chiari questi concetti e confermarne i dettagli con la controparte prima di firmare accordi di vendita.

Consiglio: Durante le negoziazioni, questi aspetti possono essere trascurati, anche perchè spesso nessuna delle parti è pienamente ferrata sull’argomento. Il consiglio è di prepararsi prima di andare in fiera, rivolgersi a professionisti che sapranno confermare dazi e ritenute e, qualora l’affare andasse in porto, potranno fornire supporto nella stesura del contratto di vendita ma anche, nel caso di vendita servizi, nella stesura di un breve accordo da presentare all’ufficio imposte locali per assicurarsi che pagamento e trattenute siano conformi alle aspettative.

4. Prepararsi contro rischi di truffe e ciarlatani

Altro fenomeno per cui la Cina è tristemente famosa è la frequenza di truffe organizzate. Non importa che si tratti di vendere o acquistare qualcosa, la fantasia dei truffatori seriali di questo Paese comporta dei rischi altissimi per tutti coloro che intendano fare affari qui. Soprattutto per le Piccole e Medie Imprese. E se nei decenni scorsi a correre i rischi più alti erano gli acquirenti, che si vedevano spesso recapitare prodotti non conformi, o addirittura completamente diversi,a quelli ordinati e magari già pagati, oggi a rischiare di più sono i potenziali fornitori. Già nel 2006 un’incredibile ondata di segnalazioni di piccole aziende (principalmente italiane, spagnole e francesi) approcciate via e-mail da sedicenti acquirenti cinesi per la fornitura di beni e servizi per svariati milioni di euro. Il trend da allora è stato discontinuo, con diversi rallentamenti e successive impennate. Studi di Architettura e di Ingegneria, rivenditori di marmi e graniti, fornitori di sistemi informatici, piccoli proprietari di brand d’abbigliamento, di gioielleria, di mobili e tanti altri ancora. Tutti a ricevere una personalissima e invitantissima richiesta di fornitura con allegati e specifiche tecniche curate nei minimi dettagli. Nella maggior parte dei casi, la truffa consiste nell’invito seriale di decine di rappresentanti di società straniere che, ignare dell’inganno, accettano di venire in Cina per la firma del contratto. A questo punto, l’ospite viene messo nelle condizioni di dover contribuire a cene e altre attività di rito quali regalie e notarizzazioni dei contratti, tutte appositamente confezionate per l’occasione. Pochi giorni di viaggio in cui si conosce meglio la controparte, si partecipa a visite guidate e altre attività, senza neanche accorgersi di essere vittima di una truffa, per poi rientrare a casa convinti di avere l’affare in tasca mentre il potenziale cliente sparisce nel nulla. Tutto per poche migliaia di euro.

Consiglio: premesso che i truffatori esistono ovunque e che gli esempi qui sopra rappresentano una parte infinitesimale rispetto a tutte le opportunità offerte da un mercato in continua crescita come quello cinese. Basterebbe prendere poche precauzioni perché il rischio di truffa venga meno. Basta ad esempio risalire alle informazioni disponibile pubblicamente online oppure alla Administration for Industry and Commerce (la nostra camera di commercio). Una ricerca anonima che permette di risalire agli investitori, al capitale sociale, alla data di creazione, allo scopo sociale, e eventuali carichi pendenti della società in questione.

5. Assunzione personale in loco, fatturazione e sviluppi post fiera

Qualora si ritenga la fiera solo l’inizio di un percorso che potrebbe sfociare nella creazione di opportunità permanenti in Cina, è bene tenere presente che creare oggi una propria sussidiaria in Cina è diventato relativamente semplice ed economico. Vi sono oggi infatti circa 2000 presenze italiane in Cina, molte delle quali si occupano di promozione, importazione, vendita e post vendita di materiali, semi-lavorati e prodotti finiti Italiani. In base alle regolamentazioni vigenti, non vi sono di fatto minimi di capitale richieste e una società commerciale può essere creata e resa operativa in 10-12 settimane.

Consiglio: per quanto semplificate negli anni le procedure relative alla creazione e al mantenimento di società straniere in Cina sono ancora caratterizzate da una certa complessità. E’ quindi consigliabile rivolgersi a professionisti con solida esperienza e credenziali comprovate non esitando nel chiedere referenze e prendersi il tempo necessario a controllarne la veridicità.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Rosario Di Maggio, Director of Business Development presso Vistra, redazione@exportiamo.it

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