Il Paese latinoamericano corre ai ripari per tentare di arginare una situazione di deficit commerciale permanente che sta diventando insostenibile. Da vedere se il piano d’austerità lanciato da Macri sarà in grado di allontanare lo spettro di una crisi che rievoca ricordi poco piacevoli.

Ci risiamo. I conti argentini sono nuovamente in difficoltà dopo il default del 2001 e la crisi di fiducia attorno alla capacità di Buenos Aires di ripagare il proprio debito è sempre più grave. Dall’inizio del 2018 il peso argentino ha infatti subito un vero e proprio tracollo tale da lasciare per strada il 38 percento del proprio valore nel solo mese di agosto ed oltre il 50 percento dall’inizio dell’anno.

Anche se, almeno per ora, la bancarotta sembra un’ipotesi piuttosto inverosimile l’Argentina si trova a fare i conti con un’inflazione superiore al 30%, un Pil in discesa libera (quasi -7% nel solo mese di giugno) ed un tasso di disoccupazione in forte aumento.

A nulla è servito il forte incremento dei tassi d’interesse pagati dalla Banca Centrale Argentina a chi investe nel Paese, arrivati a toccare il 60%. Probabilmente ciò che serve a placare l’agitazione dei mercati è un segnale proveniente da un’istituzione internazionale ed è proprio in questo senso che il presidente Macri si sta muovendo. L’obiettivo è infatti ottenere l’anticipo del pacchetto di aiuti da 50 miliardi di dollari richiesto al Fmi, eventualità che sembra abbastanza probabile come si evince dalle parole di Cristine Lagarde – direttore operativo del Fmi: “Abbiamo fatto progressi e continueremo a lavorare insieme per rafforzare il programma. Il nostro obiettivo è arrivare a una conclusione rapida da presentare al board”.

In parole povere il ministro dell’economia argentino Nicolás Dujovne intende sbloccare già per il 2019 i fondi del Fmi previsti per il biennio 2020-2021 al fine di tamponare una situazione che anche a livello sociale sta assumendo dei contorni preoccupanti. Neanche Macri infatti ha nascosto che la svalutazione del peso porterà inevitabilmente ad “un incremento della povertà” in un Paese in cui oltre il 25% percento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.

Serve dunque un impegno serio che – oltre a rasserenare la tempesta dei mercati – riesca a ridurre il deficit di bilancio. Ed in questo senso l’obiettivo dichiarato dal governo appare ambizioso perché azzerare il deficit già nel 2019, per puntare a un surplus dell’1% nel 2020 non sembra esattamente semplicissimo.

Per riuscirci Macri propone una ricetta all’apparenza molto semplice (“non dobbiamo spendere più di quanto abbiamo”) che prevede l’implementazione di una severa cura dimagrante per ministeri e membri del governo oltre ad un innalzamento delle tasse sulle esportazioni. In particolare sulla soia la tassa dovrebbe essere di quattro pesos per dollaro mentre per gli altri prodotti d’esportazione l’aggravio sarà di tre pesos per dollaro.

L’aggravarsi della situazione economica del Paese – comunque – deriva da un mix di fattori anche esogeni (crisi turca, incertezza politica in Brasile ed evoluzione al rialzo dei tassi d’interesse Usa) che dunque non riguardano direttamente Buenos Aires. Il Paese latinoamericano, tuttavia, ha comunque la colpa di non aver imboccato un serio percorso riformatore negli ultimi anni, il che finisce per incidere pesantemente sulle scelte degli investitori sempre meno propensi ad acquistare titoli di stato argentini.

Made in Italy in Argentina

Nonostante le turbolenze degli ultimi tempi quello argentino rimane un mercato interessante per il Made in Italy anche perché esso può esibire la middle-class più estesa di tutto il Sudamerica. Negli ultimi anni inoltre le già ottime relazioni diplomatiche e commerciali Italia-Argentina hanno subito un ulteriore miglioramento e, proprio sul finire dello scorso anno (12-14 dicembre 2017), l’ex sottosegretario allo Sviluppo Economico – Ivan Scalfarotto – ha guidato una Missione di Sistema nel settore energetico che ha visto la partecipazione di 35 tra le maggiori imprese italiane del comparto e che rappresentano un fatturato complessivo vicino ai 160 miliardi di euro.

Anche l’andamento dell’export del Belpaese in Argentina ha evidenziato una tendenza al rialzo passando da 1,06 miliardi del 2015 a 1,35 miliardi di euro del 2017, segnando un incremento del 26,8% nell’arco di un solo biennio.

In conclusione si sottolinea che il prestigio e la qualità dei prodotti italiani, nell’ambito dei beni di consumo, rappresentano un fattore d’attrazione molto potente per i consumatori argentini nonostante i prodotti della meccanica strumentale (macchinari ed apparecchiature) rimangano quelli largamente più acquistati da Buenos Aires (oltre il 40% del totale dell’export italiano in Argentina).

Quel che è certo, tuttavia, è che l’eventuale protrarsi della crisi finanziaria argentina potrebbe avere risvolti assai negativi a livello sociale che si riverbererebbero anche sul potere d’acquisto dei consumatori locali portando ad una assai probabile minore richiesta di prodotti Made in Italy.

L’Italia quindi segue l’evolversi della situazione argentina con un misto di interesse e preoccupazione perché sarebbe davvero un peccato se l’interscambio fra Roma e Buenos Aires subisse una battuta d’arresto proprio in una fase in cui sembrava aver definitivamente spiccato il volo.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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