Svezia, la socialdemocrazia per eccellenza riuscirà a gestire il successo dei populisti?

Svezia, la socialdemocrazia per eccellenza riuscirà a gestire il successo dei populisti?

11 Settembre 2018 Categoria: Marketing Internazionale Paese:  Svezia

La tornata elettorale di domenica 9 settembre ha certificato la crisi del partito socialdemocratico e l’ascesa dei populisti di destra, capaci di raccogliere quasi il 18% dei consensi.

I populisti attecchiscono anche in Svezia (pur senza sfondare) mentre si conferma la crisi dei partiti tradizionali, soprattutto quelli di sinistra, fenomeno cui si assiste con una certa regolarità ormai da qualche anno in quasi tutti i Paesi del Vecchio Continente.

I socialdemocratici dell’attuale premier Stefan Löfvén ottengono il loro peggior risultato dal 1921 ma rimangono il primo partito del Paese (28,4%) guidando la coalizione di centrosinistra che ha ottenuto il 40,6% dei consensi. Subito dietro si piazza il blocco di centrodestra che ha raccolto, complessivamente, il 40,3% dei suffragi dando vita ad una situazione d’incredibile equilibrio in cui 144 seggi saranno assegnati al centro-sinistra e solo uno in meno (143) al centro-destra. Ma il dato più preoccupante è l’exploit dei sovranisti di SverigeDemokratzerna (SD) di Jimmie Akesson che arrivano al 17,7%.

Un esito che fa suonare un campanello d’allarme soprattutto perché il successo del partito populista di estrema destra affonda le proprie radici nei movimenti neo-nazisti che in Svezia hanno un certo seguito e che raccolgono amplissimi consensi su temi legati all’immigrazione.

Nel Paese scandinavo infatti ben il 17% della popolazione è straniero e la Svezia rimane la nazione europea che accoglie più rifugiati in proporzione al numero di abitanti ma, nonostante vi sia stata già una sensibile stretta per quel che riguarda gli ingressi di rifugiati (nel 2015 furono oltre 160mila mentre per il 2018 se ne attendono appena 20mila) il processo d’integrazione procede fra mille difficoltà come dimostrato da un dato: dopo 10 anni di permanenza solo il 50% dei rifugiati residenti sul territorio svedese possiede un’occupazione.

Inoltre l’SD ha sottolineato il recente incremento degli omicidi che ha portato la Svezia ad avere un tasso di uccisioni superiore alla media europea, elemento che ha esacerbato un sentimento xenofobo già in aumento da diverso tempo.

Nonostante l’estrema destra dovrebbe rimanere fuori dal futuro governo, ciò non significa che gli altri partiti politici non prendano atto dei segnali provenienti dalle urne, ed anzi la sensazione è che queste elezioni potrebbero radicalmente cambiare le politiche svedesi in materia d’immigrazione rendendo così la Svezia un Paese molto meno accogliente rispetto al passato.

In particolare fra gli obiettivi di Akesson ci sarebbero la sospensione totale delle concessioni di asilo politico (il partito vorrebbe accettare rifugiati solo dai Paesi confinanti) e la drastica riduzione dell’accesso alla sanità degli stranieri, anche perché, secondo una recente indagine condotta da uno dei principali quotidiani del Paese è emerso che il tema che sta più a cuore ai cittadini svedesi è proprio la sanità (considerata prioritaria dal 38% degli intervistati) seguita dall’istruzione (34%) e dall’immigrazione (29%).

In aggiunta il nuovo esecutivo sarà sottoposto a forti pressioni da parte dell’SD in tema di rapporti con l’Europa dal momento che il partito richiede a gran voce l’implementazione di politiche di stampo euroscettico e propone di indire un referendum per uscire dall’Unione Europea, che in molti hanno già soprannominato “Swexit”.

Quel che sembra fuor di discussione è che occorreranno diverse settimane se non mesi di trattative prima di assistere alla formazione di un nuovo governo, anche perché il principale leader d’opposizione, Ulf Kristersson, ha già chiarito che non intende scendere a patti con Löfvén chiedendone le immediate dimissioni. La governabilità svedese sembra quindi altamente a rischio a meno che i partiti tradizionali di sinistra e destra non riescano a raggiungere un accordo sulla falsariga della Grosse Koalition alla tedesca che però, al momento, appare molto complicato.

Economia e rapporti con l’Italia

La Svezia, secondo i dati del Fmi relativi al Pil pro capite, è il 15esimo Paese più ricco al mondo con quasi 48mila dollari annui per cittadino. Un risultato eccellente per una nazione che non raggiunge i 10 milioni di abitanti ma che può esibire un modello economico con un welfare inclusivo ed efficiente riuscendo anche a mantenere bassi livelli di debito pubblico in rapporto al Pil (40,9%) ed un tasso di disoccupazione di poco superiore al 6 percento.

L’economia svedese procede dunque a vele spiegate e gli elettori sembrano quindi preoccuparsi di altre tematiche dimenticandosi che durante il governo conservatore di Fredrik Reinfeldt – al governo dal 2006 al 2014 – si sono ampliate le disuguaglianze a causa di alcune misure che hanno portato a tagli fiscali in favore delle classi più agiate ed a una riduzione degli stipendi della classe medio-bassa.

Minori entrate per la middle class svedese significano inevitabilmente una minore propensione alla spesa per prodotti esteri, fra cui spiccano quelli italiani – molto apprezzati e richiesti in Svezia – e dunque un ritorno di politiche di destra potrebbe, alla lunga, costituire un danno anche per le produzioni del Belpaese.

Tuttavia i rapporti commerciali fra Roma e Stoccolma rimangono ottimi e la Svezia rappresenta oggi il 18esimo mercato di destinazione dell’export italiano con 4,56 miliardi di euro di prodotti Made in Italy acquistati nel 2017, in crescita dell’8,4% rispetto al 2016. Fra i prodotti più richiesti dai consumatori svedesi spiccano macchinari ed apparecchiature che rappresentano il 25% del totale delle esportazioni italiane, seguiti da mezzi di trasporto (12%), metalli (10%), dalle apprezzatissime eccellenze del settore agroalimentare (9%) e dai nostri prodotti del settore moda-abbigliamento (7%). Nell’arco dei prossimi tre anni (2018 incluso) inoltre le vendite di prodotti italiane dovrebbero crescere ad un ritmo molto vicino al 5% annuo con opportunità crescenti in alcuni specifici settori come farmaceutica, gioielli ed alta moda ed Ho.re.ca.

In ogni caso per capire cosa avverrà nei prossimi anni sarà necessario avere la pazienza di aspettare le mosse delle due principali coalizioni e verificare se esse avranno la lungimiranza di trovare un accordo che salvaguardi i principali interessi del Paese ridimensionando la portata del successo di Akesson e dei suoi seguaci.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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