Il Parlamento Europeo, riunitosi lo scorso 5 luglio a Strasburgo per votare riguardo la Direttiva sul Copyright, ha deciso di rinviare a settembre l’esame del provvedimento che sta creando un intenso dibattito tra i protagonisti di cinema, stampa e musica e che coinvolge direttamente anche i grandi colossi del web. Scopriamo insieme quali sono i temi e le dinamiche che hanno creato le maggiori divergenze e chi sono i soggetti coinvolti.
Cos’è il copyright e come è disciplinata oggi
Per copyright si intende l’istituto che tutela la proprietà intellettuale e può essere di qualsiasi natura, creativa come la musica e l’arte o commerciale come le licenze ed i contenuti a pagamento.
L’attuale normativa prevede che le piattaforme online come Youtube, Facebook e Twitter non sono responsabili delle irregolarità compiute dagli utenti a meno che non siano a conoscenza della violazione e non si siano rapidamente attivati per rimuoverla. Questo processo è definito a livello globale come notifica e rimozione e viene applicato in maniera differente nelle diverse giurisdizioni.
La limitazione di responsabilità delle piattaforme dura solo fino a quando queste non sono a conoscenza della violazione di copyright. L’utente responsabile dell’upload di materiali che violano il copyright possono essere citati in giudizio dagli autori o per la maggior parte delle volte dai titolari dei diritti che hanno acquistato i diritti dagli autori come case discografiche, editori e società di comunicazione. Questa tipologia di intervento è spesso soggetto a critiche poiché tende a tutelare troppo i possessori dei diritti d’autore a discapito dei diritti degli utenti di internet.
Tuttavia l’attuale meccanismo garantisce un certo equilibrio tra la tutela degli investimenti nella produzione di contenuti creativi e la promozione dell’innovazione attraverso la sua condivisione online, o almeno di parte di essa.
In sintesi, il costo delle irregolarità del copyright coinvolge tre principali soggetti, ovvero i titolari dei diritti, le piattaforme online e gli utenti. I possessori dei diritti, come le case editrici o le case discografiche, informano le piattaforme come YouTube o Facebook riguardo le irregolarità dei contenuti, le piattaforme agiscono di conseguenza e così anche gli utenti sono consapevoli di essere in ultima analisi responsabili di ciò che fanno e pubblicano in rete.
Cosa prevede la Direttiva Europea sul copyright
Della nuova legge europea sul copyright, gli articoli che hanno sollevato critiche ed attirato maggiori attenzioni sono l’articolo 11, nota anche come link tax, e l’articolo 13, noto come l’upload filter.
L’articolo 11, “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale” prevede che la pubblicazione di contenuti editoriali protetti da diritto d’autore su portali differenti da quelli del creatore dei contenuti stessi, sia vincolata da un accordo tra le parti, in modo che il suo creatore riceva una consona ed equa remunerazione per il suo lavoro. Come specificato nella modifica del giugno 2018, l’articolo 11 si riferisce in maniera particolare alla pubblicazione di articoli giornalistici, d’inchiesta e d’approfondimento da parte motori di ricerca, social e aggregatori di notizie. Il testo è stato cambiato ed integrato proprio per chiarire ciò che riguarda le piattaforme, escludendo gli utilizzi privati dei link e il loro uso non commerciale, come avviene nel caso di Wikipedia e degli altri progetti “wiki” di conoscenza condivisa. I chiarimenti sono serviti per evitare che si mantenessero formulazioni troppo vaghe nell’articolo 11, che avrebbero potuto portare a interpretazioni differenti da parte dei singoli stati membri, con rischi per la libera circolazione delle informazioni online.
L’articolo 13, “Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiali caricato dagli utenti” riguarda il diritto d’autore per le opere artistiche caricate dagli utenti sulle piattaforme online, come YouTube e Facebook. L’articolo prevede che le piattaforme web siano direttamente responsabili dei contenuti pubblicati dagli utenti e che debbano applicare dei filtri automatici che siano in grado di controllare tutti i contenuti caricati in maniera preventiva evitando così di pubblicare materiali coperti da copyright. Il sistema dovrebbe più o meno funzionare come “Content ID”, la tecnologia utilizzata da YouTube.
Perché ha suscitato tanto scalpore?
La nuova legge sul copyright ha suscitato tanto “scandalo” perché ha spaccato in due l’opinione pubblica. Sul fronte del “sì” si sono schierati editoria ed industria discografica. Il fronte del “no” ha visto, invece, i colossi della Rete appoggiati da Julia Reda, europarlamentare deputata proprio a valutare la necessaria riforma del copyright, 169 accademici europei e Wikipedia, la cui versione italiana ha deciso di oscurare le proprie pagine per protesta il 3 luglio e che ora però è accessibile.
Chi sono i soggetti favorevoli?
Tra i soggetti favorevoli troviamo le imprese che hanno sofferto di più la “cannibalizzazione” dei propri contenuti online, dalle case editrici alle case discografiche. In passato molti editori avevano contestato a Google l’uso dei loro contenuti senza adeguate compensazioni ma la società statunitense non ha mai ceduto sul tema delle anteprime. Tuttavia Google in compenso ha avviato moltissimi progetti per sostenere l’innovazione nel settore, finanziando iniziative per il passaggio al digitale dei gruppi editoriali. Il contrasto della pratica degli snippet (l’anteprima di due righe che compare negli articoli pubblicati su Facebook o sui motori di ricerca) suggerito dall’articolo 11 eviterebbe la dispersione di traffico e di introiti pubblicitari verso siti che non pagano gli autori originari dei contenuti copiati ed incollati sulle proprie bacheche mentre un filtro più efficace agli upload proteggerebbe gli artisti dalla diffusione gratuita delle proprie opere. In Italia hanno dato parere favorevole soggetti come l’Associazione italiana editori e la Federazione italiana industria musicale.
Chi è contrario?
Tra i gruppi sfavorevoli ci sono due categorie opposte i colossi del Web e gli attivisti per la libertà di internet.
I grandi colossi non vogliono assumere il ruolo di controllori sulle informazioni caricate nelle proprie piattaforme e non intendono perdere gli ingenti flussi di investimenti pubblicitari che hanno monetizzato fino ad oggi.
Gli attivisti invece vogliono evitare che la circolazione delle informazioni sia limitata dai grandi editori a discapito della libertà di espressione e delle piccole realtà, come le case editrici minori.
In conclusione il processo di approvazione della nuova direttiva sul copyright è un percorso ancora lungo specialmente dopo il voto contrario dello scorso 5 luglio da parte del Parlamento Europeo. L’adozione formale della direttiva dunque, inizialmente prevista per la primavera del 2019 e che avrebbe dovuto portare ad un’implementazione da parte degli stati membri entro la primavera del 2021, potrebbe slittare sensibilmente anche in ragione delle prossime elezioni europee in programma proprio per la primavera del prossimo anno.
Fonte: a cura di Exportiamo, Giancarlo Cabillon, redazione@exportiamo.it
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