Dopo l’uscita degli Usa dall’accordo sul nucleare con l’Iran e la reintroduzione delle sanzioni, la situazione economica a Teheran sta cominciando rapidamente a deteriorarsi alimentando nella popolazione il timore che una nuova crisi possa diffondersi. Nel frattempo il governo iraniano e i suoi partner economici stanno lavorando per tentare di arginare le conseguenze delle decisioni statunitensi.

È ormai scontro a viso aperto tra Washington e Teheran. L’8 maggio 2018 Donald Trump ha annunciato l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul programma nucleare dell’Iran che comporta l’automatica reintroduzione di tutte le sanzioni statunitensi revocate o sospese ed impone, contemporaneamente, nuove sanzioni contro le aziende e i cittadini iraniani.

Le nuove misure sanzionatorie entreranno in vigore in due momenti diversi: le prime già a partire dal 6 agosto 2018 mentre la seconda fase avrà inizio il 4 novembre. Le misure incideranno su svariati ambiti fra cui:

- acquisto di dollari da parte del governo iraniano;
- commercio di oro o metalli preziosi;
- vendita diretta o indiretta di: grafite e carbone, metalli semilavorati compresi acciaio e alluminio, software usati nei processi industriali, automobili, energia, fornitura di servizi assicurativi e riassicurativi;
- transazioni legate alla compravendita di valuta iraniana o a depositi off-shore.

E come se non bastasse gli Usa vorrebbero impedire totalmente le vendite internazionali di greggio provenienti da Teheran. Secondo Rohani si tratta di “annunci esagerati che non saranno mai realizzati”, come sottolineato nel corso di una conferenza stampa svolta durante il suo tour europeo in Svizzera ed Austria. “Un tale scenario significherebbe che gli Stati Uniti impongono una politica imperialista in flagrante violazione delle leggi e dei regolamenti internazionali“, ha poi aggiunto il presidente iraniano. E a conclusione del proprio discorso ha detto: “È davvero pura immaginazione, infondata, ingiusta, che un giorno tutti i produttori di petrolio possano esportare il loro petrolio, ad eccezione del nostro Paese“.

La situazione economica dell’Iran all’indomani dell’accordo

Dopo l’accordo storico sul nucleare iraniano tra l’Iran e i Paesi del cosiddetto “5+1” (Jcpoa), concluso nel 2015, i Paesi occidentali hanno deciso di eliminare progressivamente le sanzioni economiche imposte all’Iran.

Ciò ha consentito una discesa dell’inflazione a livelli sostenibili (dal 40% nel 2013 al 7,5% nel 2016), il raddoppio della crescita economica (dal +6,5% nel 2013 al 12,5% nel 2016), la riduzione dei tassi di interesse, il miglioramento del tasso di disoccupazione dal 14,4% nel 2013 al 12,7% nel 2016, una piccola scalata di Teheran nella classifica “Doing Business” (dal 145° al 120° posto) e l’incremento delle esportazioni (da 64,60 miliardi di dollari nel 2015 a 91,99 nel 2017) oltre a garantire un maggiore controllo sulla circolazione di denaro ed una relativa stabilità dei tassi di cambio.

L’Iran teme una nuova crisi economica

Questo quadro in netto miglioramento rischia però di tornare a peggiorare alla luce degli ultimi avvenimenti. Tra la popolazione iraniana si fa sempre più forte la paura di una nuova crisi economica eventualità che, dopo la crescita degli ultimi anni, non è più facilmente “digeribile”.

La moneta locale si sta fortemente e velocemente svalutando se consideriamo che nel giro di pochi mesi un dollaro da circa 40 mila rial è arrivato a valerne 90 mila. Per evitare il peggio il governo iraniano ha deciso di correre ai ripari dichiarandosi pronto ad imporre un tasso di cambio unificato a 42 mila rial per un dollaro.

Ciò non è bastato però ad arginare il malcontento popolare: dalla settimana scorsa nelle città più grandi dell’Iran come Teheran, Isfahan, Mashhad, Kermanshah e Lorestan i commercianti e gli imprenditori stanno infatti protestando tenacemente contro l’aumento dei prezzi e il crollo del tasso di cambio a causa della riduzione della produzione di petrolio.

Le sfide del governo Rouhani

Per l’Iran si tratta di un colpo pesante perché danneggia l’economia e l’immagine di Rohani, eletto anche per uscire dall’isolamento internazionale. In materia di politica interna questa situazione ha ridato forza a chi era sempre contrario all’accordo sul nucleare e così ben 187 deputati gli hanno chiesto di modificare il suo team economico. Tuttavia il presidente iraniano ha annunciato che i cittadini devono essere pronti a sostenerlo nelle nuove sfide che si prospettano all’orizzonte affermando solennemente: “Il mio governo non ha paura e non abdica”.

L’Iran e l’Ue

La disputa rischia però di avere una portata molto più ampia poiché ad essere coinvolto non è soltanto l’Iran ma indirettamente anche le imprese e gli Stati terzi che intrattengono relazioni con Teheran e che, contestualmente, operano anche con gli USA. In parole povere, si tratta principalmente degli Stati europei. Basandosi sul principio di “extraterritorialità” delle leggi americane gli Usa ritengono infatti di poter sanzionare le imprese anche non americane che fanno affari con Paesi sotto embargo se poi hanno anche rapporti con gli Stati Uniti o se usano i dollari per le transazioni.

L’amministrazione Trump non ha dunque alcuna intenzione di fare sconti ai Paesi che non seguiranno Washington nel ripudiare l’accordo sul programma nucleare dell’Iran, tant’è che il Segretario del Tesoro americano, Steven Mnuchin, ha tuonato: “Tutti i Paesi del mondo devono essere vigili nei confronti degli sforzi dell’Iran di sfruttare le loro istituzioni finanziarie al fine di cambiare valuta e di finanziare azioni nefaste”. Secondo l’esecutivo a stelle e strisce infatti l’Iran in realtà starebbe violando l’accordo sulla proliferazione nucleare, ipotesi però smentita dall’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA), responsabile di verificare e monitorare l’attuazione dello stesso.

Non intrattenere rapporti commerciali con l’Iran per le aziende europee significherebbe però perdere importanti opportunità di sviluppo. Per tale ragione i ministri degli Esteri di Cina, Francia, Germania, Russia, Regno Unito ed Iran, sotto la presidenza dell’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini stanno lavorando per cercare di trovare un modo per confermare l’applicazione dell’accordo anche dopo l’uscita dell’America.

Un passo promettente per l’Iran

La guida suprema dell’Iran, l’Ayatollah Khamenei aveva chiesto ripetutamente all’UE di fornire all’Iran le garanzie relative alla sopravvivenza dell’accordo sul nucleare.

La risposta è giunta ieri, 5 luglio, a seguito della decisione della Banca Europea per gli investimenti di erogare un sostanzioso prestito il cui valore è però ancora da quantificare, e della proposta della Commissione Europea volta a consentire i trasferimenti di denaro direttamente alla Banca Centrale iraniana al fine di eludere le sanzioni americane verso quegli istituti di credito che fanno affari con le banche iraniane.

I Paesi europei hanno infatti tutto l’interesse a continuare, e se possibile intensificare, i loro rapporti commerciali con l’Iran nella convinzione che questo, nonostante gli ultimi annunci che manifestavano la volontà di riprendere il programma nucleare, continuerà a rispettare gli impegni assunti nell’ambito del JCPOA.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Morvarid Mahmoodabadi, redazione@exportiamo.it

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