Oggi l’Indonesia è la 16esima economia più grande al mondo e potrebbe diventare la quarta entro il 2050. Con 250 milioni di persone l’Indonesia è inoltre il quarto Paese più popoloso del pianeta ed il più grande nel sud est asiatico. Scopriamo insieme quali sono le opportunità che si aprono alle aziende italiane intenzionate ad investire tempo e denaro in uno dei mercati più promettenti su scala globale.
Fare affari in Indonesia è sicuramente un’ottima idea ma per ottenere dei buoni risultati è necessario dotarsi di una buona dose di pazienza e perseveranza.
Jakarta offre senza dubbio un interessantissimo ventaglio di opportunità per le aziende italiane e straniere, disseminate in diversi settori, ma per sviluppare relazioni commerciali proficue può essere necessario molto tempo. Per questo le aziende straniere devono essere consapevoli delle lunghe tempistiche a cui andranno incontro, strutturando di conseguenza un’adeguata strategia di ingresso aziendale.
Secondo la Banca Mondiale l’Indonesia rappresenta il 72esimo mercato per facilità di fare business nel mondo e fra i principali punti di forza del Paese asiatico si segnalano:
- Forte crescita demografica (in aumento di circa 4,5 milioni persone ogni anno);
- Alta percentuale di persone in età lavorativa;
- Elevata presenza di risorse naturali;
- Stabilità politica (dal 1998 in poi).
Una crescita più stabile dei Bric e dei membri Ocse
L’Indonesia è la più grande economia nel sud-est asiatico dal momento che produce quasi la metà del prodotto interno lordo dell’area ed inoltre è l’unico rappresentante del G20 a livello regionale.
L’economia indonesiana ha avuto una crescita costante negli ultimi 10 anni (+5,4%) ed anche per il 2018 si prevede un incremento del Pil in linea con quello degli anni precedenti (+5,3%). Il tasso di crescita indonesiano è quindi più stabile rispetto a Paesi in via di sviluppo come il Brasile, la Russia, l’India e la Cina (Bric) ma anche rispetto alla media dei Paesi Ocse.
Oltre ad una crescita costante e stabile l’Indonesia rappresenta anche:
- Il più grande produttore ed esportatore mondiale di olio di palma grezzo;
- Il secondo maggior esportatore di carbone;
- Il secondo più grande produttore di cacao e stagno;
- Il quarto maggiore esportatore di gas naturale.
Infine Jakarta possiede anche abbondanti dotazioni di nichel, oro, caffè ed altre risorse forestali e marine.
Quasi il 60% del Pil indonesiano è composto da consumi domestici e il processo di urbanizzazione porterà il 70% della popolazione a vivere nei centri urbani entro il 2030, anno in cui la classe consumatrice potrebbe raggiungere i 140 milioni di persone, la più grande del Sud-est asiatico.
Rapporti Italia-Indonesia
L’Italia e l’Indonesia intrattengono relazioni diplomatiche dal lontano 1949. In questi anni i rapporti politici non hanno mai presentato aspetti problematici ed anzi si sono sempre caratterizzati per una positiva collaborazione. Nel 2012, dopo quasi venti anni di assenza, un ministro italiano (nello specifico il ministro degli Esteri Giulio Terzi) si è recato in visita ufficiale nel Paese, rinsaldando i rapporti e confermando l’interesse italiano ad investire sul suolo indonesiano.
Nel 2013 si è svolta una missione di sistema con oltre 100 operatori di svariati settori (energia, ambiente, infrastrutture, componentistica, agroindustria e meccanica) che ha portato, a partire dallo stesso anno, ad un aumento del 5,5% delle esportazioni italiane in Indonesia e ad una crescita pari al 2,1% dell’interscambio fra i due Paesi.
Con un interscambio complessivo di 2,96 mld USD nel 2016, con un surplus a favore dell’Indonesia di 185 mld USD, l’Italia è il terzo partner commerciale europeo di Jakarta dopo Germania (5,7 mld USD) e Paesi Bassi (3,98 mld USD) e prima di Regno Unito (2,4 mld USD) e Francia (2,2 mld USD).
Finora l’interscambio commerciale si è basato soprattutto sull’importazione da parte dell’Italia di materie prime naturali (olio di palma) e minerali (carbone) dall’Indonesia e sull’esportazione italiana di beni strumentali (macchine utensili, macchinari per impieghi generali e speciali, etc. rappresentando il 50% dell’export totale), chimici (18%), materiali da costruzione e pellame (6%).
Tuttavia se comparato all’interscambio con gli altri Paesi dell’area Asean e se si considerano le dimensioni del mercato indonesiano e le sue prospettive di sviluppo, vi è ancora un fortissimo potenziale di crescita per l’export Made in Italy, soprattutto per quel che riguarda la vendita di macchinari industriali. L’Indonesia infatti si classifica solamente come ottavo mercato di destinazione per l’export italiano in Asia, rappresentando lo 0,3% delle esportazioni italiane nel mondo ed una quota di mercato pari all’1%.
Il Governo indonesiano si sta però impegnando a modernizzare le infrastrutture ed accelerare lo sviluppo nazionale. Con oltre 225 progetti infrastrutturali ed un valore di oltre 200 miliardi di dollari, tali progetti si presenterebbero come una preziosa opportunità per le aziende italiane, dotate di una forte expertise nello sviluppo infrastrutturale, nelle industrie high-tech e nelle rinnovabili.
Settori in cui investire e prodotti da esportare
I settori in cui le aziende italiane possono investire sono molti, tra questi:
Costruzioni - il Paese è soggetto ad un massiccio fenomeno di urbanizzazione che ha fatto crescere la richiesta di edifici destinati ad abitazione civile ed uffici. Infatti, nonostante l’espansione delle metropoli, l’Indonesia non dispone ancora di infrastrutture adeguate, soprattutto nel settore marittimo e portuale;
Automotive - è un settore su cui puntare sia in termini di mercato di destinazione, che in termini di investimento diretto in loco, dato che gran parte della produzione è destinata al mercato domestico;
Macchinari ed apparecchiature - il settore industriale costituisce uno dei settori su cui si concentra l’azione di governo per lo sviluppo economico del Paese;
Energia elettrica, gas, vapore ed aria condizionata (anche da fonti rinnovabili) - nonostante la vastità territoriale o forse proprio per questa ragione molte regioni dell’Indonesia sono carenti di infrastrutture adatte a produrre e distribuire energia elettrica sufficiente a coprire i bisogni della popolazione;
Acqua, reti fognarie e trattamento dei rifiuti - per il settore ambientale, le opportunità di inserimento delle aziende italiane possono spaziare dalla gestione del territorio a quella delle acque e dei rifiuti;
Agroalimentare - un settore chiave per gli investimenti italiani in Indonesia è quello agroalimentare data l’indiscutibile eccellenza italiana nel settore e le importanti risorse naturali indonesiane non ancora sfruttate.
Di seguito sono elencati i prodotti maggiormente importati in Indonesia nel 2016 (studio condotto da UN Comtrade):
- Caldaie e macchinari;
- Combustibili minerali, olii, prodotti di distillazione;
- Apparecchiature elettriche ed elettroniche;
- Plastica e prodotti in plastica;
- Ferro e acciaio;
- Veicoli (diversi dai veicoli ferroviari o tranviari);
- Prodotti chimici organici;
- Cereali;
- Residui, rifiuti dell’industria alimentare, foraggi per animali.
Questo elenco costituisce un’informazione molto importante che può orientare le future esportazioni delle aziende italiane in Indonesia.
Elementi di criticità
Nonostante le numerose opportunità, esistono delle potenziali criticità da valutare attentamente nel momento in cui si intende esportare in Indonesia. In particolare le principali sfide per gli investitori sono:
- Eccesso di burocrazia;
- Contesto normativo incerto ed imprevedibile;
- Mancanza di trasparenza;
- Alti costi di logistica che disincentivano un insediamento diretto;
- Infrastrutture inadeguate;
- Cultura aziendale poco strutturata (ad esempio le aziende raramente rispondono alle e-mail).
Nonostante le eventuali criticità, l’Indonesia si dimostra comunque un paese ricco di opportunità, come confermato dallo studio condotto da SACE. Tale studio prevede che l’export italiano possa crescere nei prossimi anni a tassi medi compresi tra il 5% e il 6,7% l’anno: le migliori performance arriveranno dal settore della chimica (+9.8%), dai mezzi di trasporto (+6,5%) e dalle apparecchiature elettriche (+7,6%).
Fonte: a cura di Exportiamo, Giancarlo Cabillon, redazione@exportiamo.it
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