È del tutto inaspettato l’epilogo che cambia il senso del 44° G7, il summit delle sette nazioni con le economie più avanzate del mondo, che si è svolto questo weekend (8-9 giugno) a Charlevoix, in Canada. Il compromesso messo faticosamente a punto dopo due giorni di duri negoziati è infatti divenuto carta straccia appena pochi minuti dopo la sua pubblicazione. E le incognite sul futuro si fanno sempre più grandi.
Due giorni e una notte di trattative, bilaterali, plenarie e conferenze stampa: tutto cancellato con un tweet mandato nel pieno della notte da Donald Trump direttamente dall’Air Force One diretto a Singapore per lo storico incontro con Kim Jong Un.
Il tema più controverso dell’agenda del vertice è stato, ovviamente, il commercio internazionale. Nel tentativo di tenere aperto il dialogo sui dazi ed evitare quella spirale capace di gettare il mondo nella temuta guerra commerciale che tuttavia è ormai in atto, i leader erano faticosamente giunti ad un accordo firmando una dichiarazione congiunta contro il protezionismo e che impegnava a riformare al più presto le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). Ma con un colpo di scena che ha colto di sorpresa la maggior parte degli osservatori, l’inquilino della Casa Bianca, dopo aver dato il proprio appoggio, ha annunciato la sua repentina marcia indietro ritirando il sostegno degli Stati Uniti al comunicato congiunto.
A far infuriare Trump sarebbero state le parole usate, durante la conferenza stampa finale, dal primo ministro canadese Justin Trudeau che non ha esitato a definire le nuove tariffe - motivate dal presidente americano con ragioni di sicurezza nazionale - “un insulto” per i canadesi che “sono educati e ragionevoli“.
Per tutta risposta Trump lo ha assalito duramente, twittando in volo: “Sulla base delle false dichiarazioni di Justin alla conferenza stampa e del fatto che il Canada impone enormi barriere ai nostri agricoltori, lavoratori e aziende, ho istruito i nostri rappresentanti statunitensi a non sottoscrivere il Comunicato mentre guardiamo a dazi sulle auto che invadono il mercato statunitense!“. In un secondo tweet, il tycoon ha aggiunto: “Il Primo Ministro Trudeau si è comportato in modo così timido e gentile durante i nostri incontri al G7 solo per poi convocare una conferenza stampa dopo che ero partito e dichiarare che i dazi statunitensi sono un insulto e che non si lascerà intimidire. Molto disonesto e debole. I nostri dazi sono in risposta ai suoi dazi del 270% sui latticini”.
E come se non bastasse il suo consigliere economico Larry Kudlow ha rincarato la dose sostenendo che Trudeau ha pugnalato gli Usa alla schiena comportandosi come una “canaglia” e che la reazione americana è stata tale per non mostrare “debolezza” prima dell’incontro con Kim Jong-un.
Una storia cominciata male, e finita pure peggio
Non che l’avvio fosse stato più tranquillo del finale. Trump ha oggettivamente e ripetutamente minato il G7: è arrivato tardi e ripartito in anticipo dal summit, senza che ve ne fosse alcuna necessità (il vertice con il leader nordcoreano avrà luogo solo oggi) e senza neppure nascondere che non avrebbe voluto andarci. Una volta giunto al vertice, ha sfoggiato voluta superficialità affermando in pubblico che le sue relazioni con Trudeau, Macron e Merkel non erano mai state così buone, al punto da meritare pieni voti, un dieci su dieci, mentre durante incontri riservati li accusava di presunti crimini economici e commerciali commessi ai danni dell’America. Un tema rilanciato nella sua conferenza stampa finale in cui aveva incolpato i partner di trattare gli Stati Uniti come un “salvadanaio da quale tutti rubano”. E aveva inoltre marcato la provocatoria proposta di trasformare il G7 in una zona a barriere e sussidi zero, usata in realtà per giustificare la minaccia agli alleati di misure ben più dure di quelle su acciaio e alluminio, a cominciare dai dazi sull’import di automobili.
Ma a scaldare l’atmosfera in fase di avvio erano state soprattutto le sanzioni alla Russia e la sua richiesta di riammetterla al G8, come se l’invasione della Crimea fosse ormai una crisi superata. Alla reazione negativa e unanime degli Stati Ue, ha fatto eccezione però il neo premier italiano Giuseppe Conte, salvo poi cambiare idea adeguandosi alla posizione degli altri paesi europei, contrari alla fine delle sanzioni, e in particolare della Cancelliera tedesca, Angela Merkel, che visibilmente irritata ha “bacchettato” Conte commentando: “Ha reagito velocemente. Sarebbe stato bello se ci fossimo parlati prima”.
L’accordo sul nucleare iraniano, dal quale Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti a maggio, e quello di Parigi sul cambiamento climatico, dal quale ha fatto uscire il paese, sono stati gli altri due principali motivi di tensione al summit, ma anche su questi l’accordo sembra essere lontano.
Le reazioni e la sfida dei tweet
I portavoce di Trudeau hanno reagito con calma alla furia di Trump: “Quanto dichiarato dal Primo ministro canadese non è nulla che non avesse già detto, in pubblico o in conversazioni private con il Presidente statunitense“.
Colta di sorpresa, l’Europa prova a smorzare i toni: “Ci atteniamo al comunicato come approvato da tutti i partecipanti al G7“, è la reazione di Bruxelles che comunque punta ancora tenere la porta aperta ai negoziati.
“La cooperazione internazionale non può essere dettata da scatti di rabbia e dichiarazioni usa e getta“, si sfoga il presidente francese Macron, che definisce Trump “incoerente e inconsistente” ed invitandolo ad essere seri nei confronti dei rispettivi popoli verso cui hanno preso degli impegni che vanno mantenuti.
“Il ritiro via tweet è ovviamente deludente e anche un po’ deprimente“ ha commentato Merkel, ma allo stesso tempo ha reagito con cautela all’improvvisa retromarcia americana sostenendo che “La Germania sosterrà la dichiarazione finale concordata” e chiarendo che porterà comunque avanti i colloqui con Trump, a luglio, al vertice Nato di Bruxelles: nonostante i difficili rapporti con Washington, per la cancelliera ci sono buone ragioni per continuare a battersi per la partnership transatlantica.
Più netta la condanna del suo ministro degli Esteri Heiko Maas: “Con un tweet di 280 caratteri, Trump ha distrutto la credibilità del G7, per ricostruire la quale ci vorranno anni ...Questo rende ancora più importante che l’Europa sia unita e difenda i suoi interessi in modo ancora più deciso. Europa unita è la risposta ad America First”.
Questo G7 infatti passerà alla storia anche per aver avuto un contraltare in tempo reale sui social. Molto si è fatto e disfatto a colpi di cinguettii online mentre i leader faccia a faccia litigavano e cercavano di ricucire.
Verso un nuovo ordine mondiale?
Il tycoon sferra così un altro duro colpo alle relazioni degli Stati Uniti con gli alleati tradizionali: dopo un vertice che, come da previsioni è stato piuttosto spinoso, è arrivato alla fine il temuto strappo che stavolta è destinato a lasciare i segni nel tempo, con conseguenze difficili da prevedere. Per sottolineare il crescente isolamento degli Stati Uniti molti media si sono spinti a parlare di un ipotetico G6+1 o addirittura di un G3 tra USA, Russia e Cina.
Ma la spirale di crisi aperta con gli alleati questa volta potrebbe tradursi in passi indietro di più ampia portata e ardui da recuperare se le altre potenze industriali non riusciranno a trovare efficaci antidoti all’isolazionismo della Casa Bianca e a colmare il vuoto di leadership collettiva che ha lasciato.
Fonte: a cura di Exportiamo, Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it
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