Recentemente sono stati introdotti in Russia una serie di provvedimenti mirati all’ attuazione di una politica di sostituzione delle importazioni, che, se da un lato potrebbe penalizzare il nostro export, dall’altro, apre ipotesi alternative di approccio al mercato grazie alle agevolazioni concesse dal governo della Federazione a chi realizza investimenti produttivi sul territorio.
Negli ultimi anni, la Russia si è trovata a dover fare i conti con una forte recessione economica causata dal crollo del prezzo del petrolio e, a cascata, del potere di acquisto del rublo, nonché dalle tensioni geopolitiche legate alla crisi ucraina e alle conseguenti sanzioni economiche imposte alla Russia dalla comunità internazionale.
Tali circostanze hanno mostrato con chiarezza i limiti di un modello di sviluppo incentrato sull’intenso sfruttamento delle risorse energetiche (petrolio e gas) che, pur avendo apportato negli anni passati miglioramenti significativi delle condizioni di vita della popolazione mediante l’incremento dei salari reali e dei consumi, ha anche reso il Paese estremamente vulnerabile alle crisi energetiche e alla dipendenza dalle sue risorse naturali.
Diversificare l’economia è diventato perciò l’imperativo categorico e non più prorogabile della classe dirigente russa, che, dimostrando un dinamismo inaspettato, ha intrapreso un totale cambio di rotta verso una nuova politica economica. È evidente, dunque, come le nuove strategie economiche di Mosca non siano legate esclusivamente alla questione delle sanzioni incrociate con l’Occidente, ma abbiano motivazioni più profonde connesse ad un futuro a lungo termine nel quale le risorse naturali sono inevitabilmente destinate ad esaurirsi.
Import Substitution: di cosa si tratta?
Per superare la forte dipendenza del Paese dai proventi derivanti dalle esportazioni di idrocarburi e dalle importazioni di beni finiti, che ancora oggi rappresentano l’80% del mercato nazionale, il governo russo ha lanciato un ambizioso piano di sostituzione delle importazioni, il cosiddetto “Import Substitution Plan”, con l’obiettivo di ridurre le importazioni del 50% entro il 2020 e sostituire nel tempo i beni provenienti dall’estero con prodotti Made in Russia (ai quali verrà data precedenza), e facendo del Paese non solo uno sbocco per prodotti finiti ma una base stabile per la produzione di beni per tutta l’aera euroasiatica.
Si ricorda, a proposito, che nel 2010 è nata formalmente l’Unione Doganale Euroasiatica (EURASEC) fra Russia, Bielorussia e Kazakhstan alla quale si sono aggiunte successivamente Armenia e Kirghizistan, un’area di libero scambio che offre un vantaggio non indifferente: le merci, una volta entrate in uno dei paesi membri, possono circolare liberamente anche negli altri.
Questo nuovo programma, se da un lato rischia di mettere ulteriormente in crisi le esportazioni italiane in Russia, che hanno già subito un drammatico calo a causa delle contro-sanzioni russe (che vietano l’importazione di determinati prodotti agricoli, materie prime e prodotti alimentari), dall’altro può aprire nuove e più interessanti opportunità per quelle imprese che decideranno di fare un passo oltre l’export nella via per l’internazionalizzazione.
Dal “Made in Italy” al “Made with Italy”
Se nei prossimi anni vi sarà sempre meno spazio per l’import di prodotti tipici del “Made in Italy”, è necessario allora ripensare le strategie di penetrazione nel mercato russo per non perdere quote di mercato e mantenere il presidio nell’area. In che modo? Passando dal “Made in Italy” al “Made with Italy”, che in sostanza significa insediare o rafforzare la produzione in loco conservando elevati standard di eccellenza: il “fatto insieme”, appunto, piuttosto del “fatto in’.
Ad essere particolarmente interessati dal piano di Import Substitution russo sono i settori MEM (macchine, elettronica, metalli), generi alimentari, edilizia (e attività affini all’edilizia), automotive, IT, tecnologie medicali e chimico-farmaceutico. L’Italia può dare molto soprattutto nella tecnologia, la meccanica di precisione, la meccanotronica e l’high tech.
La Russia, infatti, ha un disperato bisogno del know-how e della tecnologia di investitori esteri, poiché, non avendo mai adottato una efficace politica economica di incentivazione e di sviluppo industriale, ma avendo scelto le importazioni di beni come risposta alla domanda interna, si ritrova oggi con un sistema carente di competenze, strutture e organizzazione per la produzione industriale destinata all’industria leggera e ai beni di consumo.
Per colmare questo gap e attuare il piano di Import Substitution, Mosca si è adoperata per attrarre aziende innovative e capitali stranieri in cambio di agevolazioni oggettivamente interessanti, purché appunto localizzino parte della produzione in Russia.
Quali sono gli incentivi?
Gli strumenti finanziari, i piani fiscali e gli incentivi a disposizione degli investitori includono:
- Il Contratto Speciale d’Investimento (Decreto governativo n. 708 del 16 luglio 2015): è uno strumento per incentivare gli investimenti finalizzati a creare nuovi impianti produttivi, modernizzare/convertire impianti esistenti, realizzare impianti di produzione di beni di cui non esistano equivalenti o sostituti in Russia. Per un periodo massimo di dieci anni sono previsti incentivi e sgravi fiscali, condizioni agevolate per l’uso di immobili e terreni pubblici, garanzie contro modifiche peggiorative della normativa vigente. Inoltre lo strumento non consente di ottenere finanziamenti pubblici o agevolazioni ad personam, ma costituisce una forma di garanzia individuale di stabilità normativa e fiscale.
- Le Zone Economiche Speciali (ZES): sono delle aree, istituite a livello sia federale sia regionale, volte ad attrarre investimenti dall’estero tramite esenzioni e/o agevolazioni di carattere fiscale, immobiliare e amministrativo.
- I Parchi e i Cluster industriali: sono concentrazioni di imprese localizzate in un ambito territoriale definito, correlate tra loro da vicinanza territoriale e dipendenza funzionale nello svolgimento di attività industriali e che hanno a disposizione numerosi vantaggi, inclusi trattamenti legali e fiscali favorevoli. I cluster nella Federazione Russa sono, ad oggi, circa 60, ma ve ne sono altri 190 in fase di sviluppo o di progettazione.
- Gli Strumenti Finanziari: l’imprenditore può disporre di interventi di finanza e agevolazione sia da parte di banche e istituzioni italiane (come Simest e SACE), ma anche di istituzioni Russe come il Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF) che può entrare come co-investitore in determinati progetti, o Il Fondo russo per lo Sviluppo dell’Industria che offre una serie di agevolazioni per il finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo.
- Gli Incentivi Fiscali: sono diversi e comprendono incentivi regionali, incentivi fiscali alla Ricerca e Sviluppo, riduzione dei contributi, esenzione dall’imposta sui redditi per società operanti in alcuni settori specifici, conferimento di macchinari in conto capitale, esenzione dai dazi doganali, aliquota agevolata per l’imposta sul reddito di lavoratori stranieri altamente qualificati, nonché la Convenzione per evitare le doppie imposizioni Italia-Russia del 9 aprile 1996.
Le opportunità dunque non mancano, e in un Paese in cerca di spunti innovativi per rilanciare la propria economia, il valore aggiunto che l’Italia può offrire non è da sottovalutare.
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Fonte: a cura di Exportiamo, Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it
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