Il retail è senza dubbio uno dei settori maggiormente coinvolti dalla trasformazione digitale. L’ultima novità è rappresentata dal V-commerce, cioè la vendita online che sfrutta la tecnologia della realtà virtuale. Le “boutiques virtuali” rivoluzioneranno la nostra esperienza di acquisto in un futuro prossimo? E quali sono le prospettive per il retail inteso in senso tradizionale?
L’avvento dell’e-commerce, che risale ormai a 20 anni fa, ci ha concesso la straordinaria opportunità di comprare beni e servizi online comodamente da casa. Ciò che era all’epoca una novità è diventato oggi uno stile di vita e viene ormai percepito come qualcosa di irrinunciabile e di cui sarebbe impensabile fare a meno.
Dopo il successo ottenuto in ambito mobile, l’e-commerce esplora ora l’ultima frontiera, il “v-commerce” o “Virtual Commerce”. Nato come sinonimo di e-commerce stesso, il termine v-commerce è passato in breve tempo ad indicare la possibilità di fare acquisti on-line sfruttando la realtà virtuale.
La realtà virtuale è una realtà simulata, un ambiente tridimensionale costruito tramite un software che può essere esplorato e con cui è possibile interagire usando dispositivi informatici – visori, guanti, auricolari – che proiettano chi li indossa in uno scenario così realistico da sembrare vero.
In un negozio virtuale l’utente può entrare, magari accolto dalla voce di un “commesso virtuale” in grado di selezionare, consigliare e presentare i prodotti, avere a disposizione un catalogo virtuale in 3D con le diverse collezioni, nonché la possibilità di selezionare un modello specifico e in alcuni casi personalizzarlo con una serie di finiture e dettagli, come la taglia o il colore.
Dall’e-commerce al v-commerce
La realtà virtuale si propone dunque come soluzione ad un problema che l’e-commerce pare non sia riuscito a risolvere: rendere “magico” l’atto di acquisto, trasformando lo shopping online in una customer experience più divertente, coinvolgente e, perché no, condivisibile con altri utenti. Laddove l’e-commerce rimane un mezzo freddo, transazionale, la realtà virtuale permette di vivere un’esperienza di shopping ad alto valore aggiunto: vedere e “vivere” il prodotto “dal vivo” stando comodamente seduti sul divano di casa propria o mentre si è in giro usando il proprio smartphone. Offrendo al consumatore un’esperienza d’acquisto fluida, immersiva, capace di produrre l’effetto wow!, il V-commerce promette di rivoluzionare l’esperienza d’acquisto sviluppando nel cliente, segnato emozionalmente da questa esperienza, un coinvolgimento maggiore nei confronti del prodotto e del brand.
Il v-commerce come nuova forma di distribuzione diretta
Il v-commerce, inoltre, comincia ad essere considerato sempre più come una vera e propria strategia di ingresso sul mercato per i cosiddetti “brand verticali nativi digitali”, ossia le startup che non sono ancora entrate nel mercato e decidono di farlo bypassando i tradizionali canali distributivi e sfruttando la rete internet basandosi sul modello “direct-to-customer”.
Questo business model si fonda sul totale abbattimento del costo di intermediazione: niente negozi, niente agenti. I v-commerce sono il brand stesso e il web, che è il proprio negozio-vetrina, rappresenta il mezzo per vendere e per intercettare in maniera efficace ed immediata il target ma anche i feedback dei clienti. Eliminando parte della filiera distributiva tradizionale, i nuovi brand emergenti possono così fare a meno dei cosiddetti mark-up (ossia, il “ricarico di prezzo” sul prodotto) della distribuzione e riescono a offrire i propri prodotti a prezzi più accessibili.
E non c’è neanche la necessità di dotarsi, sin da subito, di una solida rete distributiva off line, passo che peraltro non viene totalmente escluso, ma eventualmente rinviato ad un momento successivo. In questo modo, le aziende che ancora non hanno alle spalle dei fatturati milionari, hanno la possibilità e il tempo per crescere, sfruttando il commercio online.
Questa tipologia di business, nota anche come e-commerce 2.0, è in costante crescita poiché si stima che la vendita direct-to-consumer possa raggiungere un valore vicino ai 16 miliardi di dollari entro il 2020.
Quale futuro per il retail tradizionale?
Il v-commerce non rappresenta un’opportunità soltanto per i nuovi brand, ma anche per quelli con una presenza fisica già consolidata, in quanto potrebbero usare questo strumento per comunicare la loro immagine in un format differente o sperimentare prodotti che normalmente non mostrerebbero nei loro negozi fisici, sfruttando la maggiore esposizione geografica e demografica che Internet consente. Alcuni brand noti, quanto sensibili alle evoluzioni dei trend di consumo, stanno valutando con attenzione il potenziale di questa forma di distribuzione. Nel settore fashion, in particolare, Topshop, Merrell, Tommy Hilfiger, Dior e North Face hanno sperimentato forme di commercio virtuale che hanno trovato il gradimento del proprio pubblico.
Il successo di questa esperienza è spiegato, tra gli altri, da uno studio di Ericsson ConsumerLab, secondo cui se lo shopping è una delle ragioni più frequenti di uso dello smartphone da parte dei consumatori, questi stessi saranno interessati al retail virtuale per vedere e valutare capi di abbigliamento in dimensione e forma reali. Questo secondo il 64% di coloro che sono stati inseriti nel sondaggio. Quando poi è stata data loro la possibilità di un avatar virtuale di sé stessi, la metà degli intervistati ha manifestato il desiderio di un “selfie 3D” al fine di provare virtualmente gli abiti.
In un altro studio condotto da Walker Sands nel 2015 (Reinventing Retail Report), più di un terzo del campione intervistato ha dichiarato che comprerebbe di più se avesse l’opportunità di usare la realtà virtuale.
Non stupisce quindi che in una sua analisi di mercato Goldman Sachs preveda un mercato potenziale per il retail virtuale di 1,6 miliardi di dollari entro il 2025.
Date queste premesse, è lecito domandarsi: i negozi fisici avranno ancora motivo di esistere? La risposta è certamente affermativa solo a condizione che siano pronti a trasformarsi, come già sta accadendo in molti casi, in showroom esperienziali, quasi dei veri e propri teatri e musei del brand. Inoltre, online e offline non sono due dimensioni necessariamente in conflitto, anzi, la convergenza tra canali fisici e digitali verso una strategia omnichannel sembra proporsi come la migliore soluzione praticabile.
Sarebbe però un azzardo sostenere che il futuro della realtà virtuale è chiaro, e che chiaro sia il suo ruolo nel retail. Nessuno di noi può dire con certezza quando e se i consumatori nel mondo faranno acquisti esclusivamente nella realtà virtuale o indosseranno speciali cuffie per vivere un’esclusiva esperienza di brand. L’unica certezza è che la via virtuale è tracciata, adesso si tratta solo di attendere i tempi e i modi con i quali i consumatori l’affolleranno.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it
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