Lo scorso lunedì sera Trump ha deciso di rinviare la decisione sulle restrizioni commerciali contro Bruxelles al primo giugno 2018, concedendo così più tempo alle negoziazioni. Tuttavia, qualora non si riuscisse a trovare un accordo nelle prossime settimane, sembra inevitabile l’avvio di una guerra commerciale fra Usa ed Ue che, secondo gli esperti, sarebbe in grado di polverizzare fino al 2% della crescita globale.

C’è ancora un mese di tempo per fa sì che nello storico legame fra Stati Uniti ed Unione Europea non si apra una crepa profonda che potrebbe scatenare l’avvio di una guerra commerciale, impensabile fino all’elezione dell’imprenditore americano di novembre 2016.

Il Presidente statunitense sarà infatti chiamato a decidere sull’entrata in vigore di alcuni dazi anche per i Paesi Ue dopo che, sia lo scorso marzo sia l’altro ieri sera, ha voluto “graziare” il Vecchio Continente rimandando al 1 giugno 2018 la decisione sull’applicabilità delle restrizioni commerciali su acciaio (25%) ed alluminio (10%) anche per l’Unione Europea.

La possibilità che Trump faccia effettivamente scattare le tariffe anche nei confronti di Bruxelles sono concrete come si evince dal tenore del comunicato diffuso dal portavoce del governo tedesco ai media internazionali in seguito ad una serie di colloqui telefonici intercorsi tra Merkel, Macron e May in questi ultimi giorni: “Gli Usa non devono prendere alcuna misura commerciale contro l’Ue, altrimenti l’Ue sarà pronta a difendere i propri interessi nel quadro delle regole del commercio multilaterale”.

Per ora a nulla sono dunque servite le recenti visite di Angela Merkel ed Emmanuel Macron a Washington, incapaci di scalfire la volontà del tycoon che in un recente evento elettorale in Michigan si è spinto addirittura a dire che “l’Europa è stata formata per approfittarsi degli Usa ma non sarà più così, quei giorni sono finiti”.

L’obiettivo dell’inquilino della Casa bianca è chiaro: ottenere delle concessioni su tariffe e tasse dai partner europei, specialmente per quel che riguarda specifici settori, come l’automotive. Ad esempio il presidente a stelle e strisce non riesce proprio a digerire che, per esportare in Europa le loro auto, gli Usa paghino una quota pari al 10% contro il 2,5% pagato dall’Ue per esportare le proprie negli States (anche se bisogna ricordare che l’Europa paga il 25% per esportare i propri Suv e che la maggior parte delle auto tedesche che circolano in America sono prodotte in fabbriche statunitensi e non esportate).

Trump intende dunque ridurre i deficit commerciale americano nei confronti dell’Ue (stimato in 151 miliardi di euro ma che scende a 100 se si considera anche il settore terziario) e, almeno nel breve periodo, sarebbe proprio il “Vecchio Continente” a pagare il conto più salato visto e considerato che esporta negli States circa il 3,5% del proprio PIL.

La situazione è potenzialmente incandescente: se Trump imponesse dei dazi e l’Unione Europea reagisse con misure similari si potrebbe dar il via ad una vera e propria guerra commerciale in grado di incidere fortemente sulla ripresa economica, soprattutto quella dei Paesi che più basano la loro ricchezza sull’export, come l’Italia.

Ed in effetti fra gli stati più a rischio c’è proprio il Belpaese come evidenziato anche nel Documento di Economia e Finanza (Def) presentato la scorsa settimana a Palazzo Chigi secondo cui “l’impatto macroeconomico per l’economia italiana di questo shock protezionistico prevede che nel 2018 il Pil registrerebbe una diminuzione dello 0,3% rispetto allo scenario di base e dello 0,7% nel 2019. Nei due anni successivi l’effetto negativo sul Pil sarebbe più pronunciato e pari allo 0,8%”. Una vera e propria mazzata per l’economia del Belpaese ancora alla ricerca di una crescita stabile dopo la crisi economica del 2007-2008.

Ma i motivi di scontro fra le due sponde dell’Atlantico non finiscono qui perché gli Usa lamentano a gran voce anche l’insufficiente contributo economico che Bruxelles concede attualmente alla Nato e che, secondo Washington, dovrebbe subire una revisione verso l’alto, come affermato da Trump lo scorso 28 aprile a margine dell’incontro con la cancelliera tedesca Angela Merkel: “La Nato è meravigliosa ma aiuta l’Europa più di quanto non aiuti noi e perché noi paghiamo la stragrande maggioranza dei costi: quindi non è giusto, ci stiamo lavorando“.

Infine un altro tema delicatissimo nel rapporto Usa-Ue è quello relativo all’accordo sul nucleare iraniano che l’Unione Europea sembra decisa a difendere (perché lo considera uno strumento efficace per impedire a Teheran di fare progressi nello sviluppo di armi nucleari) mentre Trump, d’altro canto, pare possa addirittura decidere di ritirare gli Stati Uniti dall’intesa. La decisione è attesa entro il 12 maggio e chissà che non sia in qualche modo legata a quella sulle restrizioni commerciali del prossimo 1 giugno.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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