A 5 anni dallo Startup Act è stata pubblicata da MISE ed Istat la prima indagine sulla figura dello startupper italiano da cui emerge un profilo ben preciso: è uomo, laureato ed ha 43 anni. 

La media mensile delle nuove iscrizioni nella sezione speciale del Registro delle imprese dedicata alle startup innovative è passata da 161 nel 2015 a quota 253 nei primi sei mesi del 2017. Le imprese innovative italiane si confermano “un importante segmento del sistema produttivo italiano e costituiscono un fondamentale asset su cui il Paese gioca il suo potenziale di crescita futura, in un contesto competitivo sempre più globale e sempre più determinato dal connubio fra conoscenza, innovazione e spirito imprenditoriale”. Con queste parole si è espresso Stefano Firpo – Direttore Generale per la politica industriale, la competitività e le PMI del MISE– nel volume Startup Survey 2016, la prima indagine sulle neoimprese innovative in Italia.

Questa indagine è stata ideata nell’ambito dello Startup Act, il piano introdotto con il decreto-legge 179/2012 e che ha favorito la nascita di ben 10mila imprese innovative nel Belpaese. Lo scopo del testo è quello di indagare gli aspetti socioeconomici che caratterizzano gli startupper ed al contempo raccogliere informazioni, opinioni e suggerimenti sull’atto normativo in questione per istruirne futuri interventi. Il campione interrogato è costituito da 2.250 startup, il 42,7% delle imprese iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese dedicata alle startup innovative al 31 dicembre 2015.

Chi sono dunque gli startupper?

I dati di questa indagine rivelano che lo startupper medio è uomo (82% dei soci), ha 43 anni e possiede almeno una laurea (72,8%) prevalentemente in tre ambiti: tecnico-ingegneristico (42,1%), economico-manageriale (20,7%) e scientifico (20%). Un forte radicamento territoriale caratterizza il founder medio che, nell’83% dei casi, ha indicato di aver avviato la start up in quello che considera il suo luogo di appartenenza (che non coincide necessariamente con quello di origine).

Le motivazioni che spingono gli startupper ad avviare un’impresa innovativa sono molteplici: al primo posto si colloca la realizzazione di prodotti o servizi innovativi (77,6%), seguono il voler creare un’ impresa di successo ad elevata redditività (62,9%), il desiderio di un lavoro autonomo (28,8%) e il voler mettere in pratica le ricerche universitarie (24,7%). Solo il 9,1% lo ha fatto per trovare occupazione mentre il 7,7% ha ammesso di aver deciso di fondare una start up innovativa per beneficiare delle agevolazioni.

Sul lato della redditività dell’investimento, l’aver avviato una start up innovativa non ha portato a cambiamenti significativi nella vita dell’imprenditore medio. Infatti nella maggior parte dei casi la situazione è rimasta invariata, mentre addirittura nel 30% dei casi è peggiorata. Hanno riscontrato miglioramenti invece il 21,2% dei soci. Il 60% delle neoimprese impiega almeno un dipendente e nella metà dei casi ha un’età compresa tra i 25 e i 34 anni. L’80% di essi lavora nella regione dove ha svolto le principali esperienze di formazione ed un’alta percentuale (il 79%) è in un ambito coerente al percorso di studi effettuato.

Per quanto riguarda le forme contrattuali quasi il 60% ha assunto i propri dipendenti a tempo indeterminato, mentre circa un quarto delle startup fa ricorso a forme contrattuali “atipiche”, tra cui la tipologia più ricorrente è quella dei lavoratori a progetto (46%). Nel mondo delle start up le donne sono ancora sottorappresentate: sul totale impiegati sono circa il 27%, l’altro 35% è rappresentato dagli stagisti ed il 13% dai dirigenti.

La quarta e ultima sezione dell’indagine approfondisce il rapporto tra i founder e la policy nazionale a sostegno delle startup innovative. I dati raccolti rilevano che la misura più conosciuta dagli imprenditori risulta essere la riduzione dei costi di avvio dell’impresa, anche se il 12% degli intervistati dichiara di non conoscere tale misura ed un ulteriore 8,1% non conosce le modalità per beneficiarne. Altra misura molto popolare è l’accesso semplificato al Fondo di garanzia per le PMI, che consente di ottenere una garanzia pubblica sul credito bancario sfruttando un canale automatico e gratuito, per somme fino a 2,5milioni di euro.

Lo strumento in questione è stato presentato durante la Rome Startup Week, la rassegna organizzata da Roma Startup in collaborazione con la Regione Lazio, il Comune di Roma e numerosi operatori dell’ecosistema startup. Con 7000 partecipanti, oltre 360 startup candidate, 80 quelle selezionate, 130 speaker, più di 20 istituzioni coinvolte e 13 sponsors, la seconda edizione si è svolta nello storico palazzo di Trastevere tra il 6 e il 14 aprile scorso e ha reso per 9 giorni Roma la capitale europea e l’hub mediterraneo dell’innovazione.

Sebbene i dati negli ultimi anni mostrino un aumento significativo nella creazione di nuove imprese innovative, le politiche a sostegno dei nuovi imprenditori non devono cessare, poiché, come dichiara Gianmarco Carnovale – Presidente di Roma Startup e curatore della manifestazione – “l’Italia deve diventare un luogo eletto in cui talenti imprenditoriali e tecnologici possano unirsi e sperimentare le proprie visioni ed attuare quei miglioramenti ad alto impatto sociale che possono
nascere solo dall’iniziativa privata”.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Emanuela Provenzano, redazione@exportiamo.it

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