Tornato agli onori della cronaca negli ultimi giorni, l’accordo italo-francese di Caen del 21 marzo 2015 continua ad essere attorniato da un alone di polemiche e dalla diffusione di fake news.

L’intesa avrebbe dovuto portare ad una definitiva sistemazione delle rispettive giurisdizioni su alcune aree di pesca storicamente contese tra le due nazioni, ovvero quelle del Mar Ligure, Corsica e Sardegna, nonché il sottostante fondale della piattaforma continentale. Rispetto alla condizione pregressa il Trattato statuisce la cessione di alcuni tratti di mare (circa 300km quadrati) tradizionalmente considerati italiani alla Francia.

Benché firmato da entrambe le parti, per essere efficace l’Accordo avrebbe dovuto essere ratificato dal Parlamento italiano, ma poiché quest’ultimo non si è pronunciato, il Trattato di Caen è da considerarsi inefficace.

Peccato però che i francesi non siano stati del medesimo avviso. Nel gennaio 2016, la gendarmeria marittima di Nizza ha intercettato il peschereccio italiano “Mina” all’interno dell’area che si supponeva trasferita alla sovranità francese. Le autorità portuali del Paese transalpino contestavano all’imbarcazione italiana lo sconfinamento e provvedevano al sequestro del peschereccio, rilasciato soltanto dopo il pagamento di una cauzione di 8.300 euro. A seguito delle proteste italiane, il Governo di Parigi ha porto le scuse all’Italia dichiarando, in merito all’incidente di Nizza, che la gendarmeria del luogo era incorsa in un errore d’interpretazione sull’entrata in vigore delle nuove norme.

In questi giorni si è tornato a parlare dell’Accordo di Caen perché per lo scorso 25 marzo il Governo francese ha indetto una consultazione pubblica sulla riorganizzazione dei confini mediterranei dello Stato. Ciò che ha destato allarme è che nel materiale informativo fornito ai cittadini francesi vi è una cartina marittima sulla quale sono comparsi i confini rivisti in base all’Accordo di Caen. Ancora una volta le autorità francesi si sono scusate per l’errore promettendo al Governo italiano di rettificare prontamente l’errore grafico compiuto.

Ma soprattutto, il trattato riguarda anche una grande riserva da 1,4 trilioni di metri cubi di gas e da 0,42 miliardi di barili di petrolio scoperta al largo della costa sarda, che l’Italia non potrebbe sfruttare in maniera esclusiva, dato che l’articolo 4 del trattato prevede che sia possibile accedere alla riserva presente sotto il fondale italiano avviando la trivellazione direttamente dal versante francese.

Ad accendere il fuoco della polemica un post pubblicato il 18 marzo da Giorgia Meloni sulla sua pagina Facebook in cui si legge “In assenza di un intervento del governo italiano, il 25 marzo entrerà in vigore il Trattato di Caen con il quale verranno scandalosamente sottratti al Mare di Sardegna e al Mar Ligure alcune zone molto pescose e il diritto di sfruttamento di un importante giacimento di idrocarburi recentemente individuato. Per questo Fratelli d’Italia intima il governo in carica ad agire immediatamente per interrompere la procedura unilaterale di ratifica attivata dalla Francia presso Bruxelles, che in caso di silenzio-assenso da parte italiana, conferirà de iure i tratti di mare in questione alla Francia arrecando un gravissimo danno ai nostri interessi nazionali. Chiediamo, inoltre, l’intervento del presidente della Repubblica Mattarella affinché questo trattato, che comporta variazioni del territorio italiano, sia sottoposto al voto di ratifica del Parlamento come previsto dall’articolo 80 della nostra Costituzione”.

Ovviamente, come detto poc’anzi, e come ammesso dalla Meloni stessa, proprio in assenza della ratifica da parte del Parlamento italiano il trattato non potrà mai entrare in vigore e parlare di “procedure unilaterali di ratifica” o “decreti di annessione unilaterali” da parte della Francia è quanto mai inverosimile. Saremmo di fronte ad una bufala quindi.

La questione su cui riflettere è un’altra semmai: se, così come è stata stipulata, l’intesa penalizza gli interessi economici nazionali, sia nel settore della pesca che in quello dello sfruttamento di idrocarburi, perché mai è stata sottoscritta? Davvero il nostro governo ha voluto svendere i nostri interessi alla Francia? Oppure ha cercato di prenderla in giro rifugiandosi dietro ad un poco commendevole firmiamo-tanto-non-vale-niente? Nell’uno o nell’altro caso, onestamente, non ne usciamo affatto bene.

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