Il Presidente statunitense Trump annuncia dazi sulle importazioni di prodotti provenienti dalla Cina per un valore di 60 miliardi di dollari. Il governo di Pechino reagisce minacciando misure simili nei confronti di 128 prodotti americani e dichiara di voler ricorrere all’arbitrato della World Trade Organization. I 28 stati membri dell’Unione Europea sono stati momentaneamente esentati dall’imposizione di dazi sulle esportazioni di acciaio e alluminio negli U.S.A.
504 miliardi di dollari. Questo è il deficit commerciale degli Stati Uniti nei confronti della Cina, secondo quanto affermato dal Presidente statunitense Donald Trump durante la conferenza stampa organizzata giovedì 22 marzo. La Cina è il primo partner commerciale degli Stati Uniti, ma la relazione tra i due paesi è condizionata da un fortissimo sbilanciamento a favore del paese asiatico.
Per iniziare a ridurre questo passivo commerciale “fuori controllo”, Trump ha firmato un memorandum con il quale impone dazi alle importazioni dalla Cina e restrizioni agli investimenti diretti cinesi nel settore tecnologico statunitense, per un ammontare di circa 60 miliardi di dollari. Il decreto è basato sulla sezione 301 del Trade Act approvato dagli Stati Uniti nel 1974 che autorizza il Presidente a intraprendere azioni di rappresaglia nei confronti di un governo straniero che viola un accordo di commercio internazionale o che danneggia il commercio americano. Il memorandum prevede un periodo di 15 giorni in cui le istituzioni americane dovranno stilare la lista dei prodotti ai quali applicare l’aumento dei dazi.
Secondo quanto dichiarato da Trump, queste nuove tariffe doganali sono state introdotte per punire gli illeciti in tema di proprietà intellettuale da parte di Pechino, che obbligano le compagnie statunitensi a cedere le proprie tecnologie alle aziende cinesi come condizione per operare in Cina. Le compagnie statali cinesi sarebbero così in grado di utilizzare queste tecnologie per proporre gli stessi prodotti a prezzi molto inferiori, causando danni miliardari agli Stati Uniti. Nell’apporre la propria firma sul documento, il Presidente Trump ha affermato che il memorandum è solo il primo di una lunga serie di interventi per difendere l’economia statunitense dalle scorrettezze cinesi.
Come ampiamente prevedibile, la decisione ha fatto crollare le borse asiatiche: l’indice Composite di Shanghai ha chiuso con un negativo di -3,39%, mentre quello di Shenzhen è arrivato a toccare -4,49%, quasi quanto l’indice Nikkei della borsa di Tokyo, che ha perso il 4,51%. I cali dei listini asiatici hanno trascinato negativamente le principali borse europee, ma anche Wall Street ha accusato il colpo, scossa dalle ipotesi di guerra commerciale tra le due potenze.
Come ha reagito Pechino?
Le reazioni da parte del governo cinese non si sono fatte attendere. Lo scorso venerdì il Ministro del Commercio cinese, Gao Hucheng, ha minacciato di applicare tariffe doganali su 128 prodotti che la Cina importa dagli Stati Uniti, per compensare i dazi decisi da Trump. Il piano, che mira a recuperare 3 miliardi di dollari, dovrebbe includere frutta, vini, carni di maiale, prodotti di alluminio riciclato e tubi di acciaio realizzati negli USA. Il ministro ha anche aggiunto che Pechino ricorrerà all’arbitrato del WTO nei confronti della Casa Bianca.
Dello stesso avviso l’ambasciatore cinese a Washington Cui Tiankai, che ha dichiarato che nonostante la Cina non voglia scatenare una guerra commerciale con gli Stati Uniti, e preferirebbe risolvere la questione attraverso il dialogo con la Casa Bianca, certamente non si tirerà indietro e risponderà ad ogni attacco americano.
Anche l’industria americana esprime le proprie preoccupazioni
La firma del memorandum arriva solo qualche settimana dopo la decisione del governo americano di sanzionare alcune merci provenienti da Cina e Corea del Sud. Infatti, con l’obiettivo di proteggere i produttori statunitensi, nel mese di gennaio l’amministrazione repubblicana aveva approvato l’innalzamento dei dazi doganali nei confronti di lavatrici e pannelli solari importati dai due paesi asiatici. L’operazione fu criticata da diverse associazioni industriali statunitensi, preoccupate dal possibile rallentamento degli investimenti nel settore e la conseguente perdita di posti di lavoro.
Nonostante la Casa Bianca abbia assicurato che l’impatto sui consumatori sarà minimo, anche in quest’occasione alcuni esponenti dell’economia americana hanno espresso la loro preoccupazione sull’intervento deciso dal governo: alcuni giorni prima dell’annuncio da parte di Trump, un gruppo di 25 big della grande distribuzione tra cui Walmart e Costco, hanno inviato una lettera alla Casa Bianca sostenendo che a tariffe doganali maggiori corrispondono necessariamente costi più alti per le aziende, e quindi, di conseguenza, aumenti delle spese per le famiglie americane.
Dazi sospesi per Unione Europea e alleati
Intanto Trump ha sospeso l’applicazione dei dazi doganali sull’acciaio e l’alluminio nei confronti di Unione Europea, Argentina, Brasile, Canada, Messico e Corea del Sud, almeno fino al 1° maggio 2018. Questo il termine del periodo che l’amministrazione americana ha concesso per negoziare degli strumenti alternativi soddisfacenti per entrambe le parti. I 28 stati membri dell’UE quindi, dopo giorni di incertezza e pressioni da parte di Bruxelles nei confronti delle istituzioni americane, si trovano per il momento fuori dalla “guerra dei dazi” scatenata dagli USA.
Adesso dovranno iniziare i negoziati per l’esenzione permanente dai dazi, già richiesta a gran voce da Junker e Tusk, in modo da evitare una pericolosa escalation protezionistica.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonino Clemente, redazione@exportiamo.it
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