E’ ancora presto per farsi un’idea di cosa ci riserverà la XVIII legislatura della Repubblica Italiana ma nella lunga campagna elettorale che ha preceduto le elezioni sono state messe in campo numerose proposte che, se attuate, riguarderanno da vicino la vita delle PMI italiane. Vediamo quali.
E’ opinione diffusa che le elezioni di domenica scorsa abbiano completamente modificato l’assetto politico del Belpaese nonostante regni ancora profonda incertezza sulle dinamiche politiche post elettorali perché nessun partito o coalizione ha ottenuto, come ampiamente previsto, la maggioranza dei seggi. Spetterà al Presidente della Repubblica Mattarella decidere a chi affidare la formazione del prossimo governo con Salvini e Di Maio, i due principali leader accreditati come papabili nuovi premier, che sembrano fortemente decisi ad ottenere l’affidamento del mandato esplorativo.
“Saremo il pilastro della prossima legislatura”. Questo il commento a caldo di Alfonso Bonafede, avvocato e già deputato del Movimento cinque stelle, unanimemente considerato – insieme alla Lega – il vero trionfatore delle elezioni di domenica 4 marzo. Il movimento guidato da Luigi di Maio è stato infatti in grado di raccogliere il voto di quasi un italiano su tre sfondando, sia alla Camera che al Senato, il 32% dei consensi.
Una percentuale quasi doppia rispetto a quella della Lega (che ha ottenuto il proprio record storico superando abbondantemente il 17%) ma inferiore rispetto alla coalizione di centrodestra che, unita, ha raccolto il 37% delle preferenze.
Il complesso sistema elettorale italiano però impone sia alla coalizione di destra che al M5S di guardare al di là del proprio campo e, soprattutto i cinque stelle, hanno immediatamente fatto appello agli altri partiti: “Siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche a partire dalle figure di garanzie che vorremo individuare per le presidenze delle due camere ma soprattutto per i temi che dovranno riguardare il programma di lavori”.
Visto che in questa fase è ancora piuttosto complicato fare previsioni sugli equilibri politici che si instaureranno è bene dare uno sguardo un po’ più approfondito sulle misure che riguardano le piccole e medie imprese italiane contenute nei programmi dei principali vincitori di questa tornata elettorale.
Movimento cinque stelle
Leggendo il programma economico dei pentastellati si comprende chiaramente come il loro obiettivo sia quello di ripensare completamente l’attuale modello di sviluppo del Paese, ponendo molta attenzione su innovazione, partecipazione pubblica nelle imprese e una maggiore tutela del Made in Italy.
Nel testo infatti si critica apertamente il liberismo commerciale sostenendo che “l’assenza di regole nel commercio internazionale accentua le disuguaglianze e crea un ambiente in cui la competizione globale è quasi totale e le regole a protezione dei cittadini, dell’ambiente e dei diritti tendono al ribasso per mantenere alta la competitività”. Secondo il M5S “la tendenza attuale verso il liberismo economico e commerciale è visibile nei trattati di libero scambio quali CETA, TTIP e TiSA” ed ha il grave difetto di premiare le economie di scala, premiando le grandi imprese con particolare riferimento alle multinazionali.
In questo senso fra le principali proposte economiche del movimento spiccano:
• l’abolizione di oltre 400 leggi considerate inutili o addirittura dannose per agevolare sia imprese che cittadini;
• ingenti investimenti in nuove tecnologie al fine di promuovere lo sviluppo di una “startup nation”;
• la creazione di una Banca pubblica per gli investimenti per piccole imprese, agricoltori e famiglie;
• una (non meglio specificata) manovra choc per le piccole e medie imprese che comprenda una riduzione del cuneo fiscale ed un forte taglio dell’Irap.
Lega
Il programma economico che ha dominato la campagna elettorale di Salvini&Co è stato fortemente incentrato sulla flat tax, tema che compare nella prima pagina del primo capitolo del testo caricato online sul sito della Lega.
L’introduzione di una flat tax, un’aliquota unica per imprese e cittadini che dovrebbe essere fissata al 15%, comporterebbe il superamento dell’attuale sistema progressivo basato su aliquote multiple, scaglioni, detrazioni, deduzioni e bonus. La progressività del sistema sarebbe garantita da una deduzione fissa pari 3.000 euro per tutti i redditi familiari fino a 35mila euro (valida per ciascun componente della famiglia) e da un’altra deduzione per i redditi compresi fra 35 e 50mila euro, sempre di importo pari a 3000 euro, ma applicabile solo ai familiari a carico. Inoltre il principio costituzionale della progressività sarebbe “rafforzato dal mantenimento di una No Tax Area fino a 7.000 euro e di una clausola di Salvaguardia per tutti i redditi famigliari fino a 15.000 euro i quali potranno continuare ad essere assoggettati al regime di imposta vigente nel caso il nuovo non fosse migliorativo”.
Va poi sottolineato che l’eventuale entrata in vigore di questo nuovo sistema fiscale dovrebbe comportare l’aumento delle sanzioni relative all’infedeltà fiscale fra cui si citano il ritiro della patente di guida e del passaporto fino a 3 anni.
Si parla poi di una significativa riduzione del cuneo fiscale, dell’introduzione di una tassazione sui robot per attenuare gli effetti negativi della quarta rivoluzione industriale e della razionalizzazione (anche attraverso un processo di digitalizzazione) degli adempimenti burocratici connessi alla gestione amministrativa dei rapporti di lavoro, nell’ottica anche di attrarre investimenti stranieri.
Come noto, uno dei cavalli di battaglia di Salvini, riguarda la ridiscussione dei trattati europei ed in effetti nel programma si legge che Salvini intende spingere l’UE a semplificare “il complesso sistema di regole europee” imponendo “una vera indicazione di origine obbligatoria sui prodotti destinati ai consumatori a tutela dei produttori onesti e quale strumento fondamentale per rendere efficace la lotta contro la contraffazione, la violazione dei marchi e la circolazione del falso made in Italy”.
Infine va evidenziata la volontà della Lega di sostenere la creazione di giovani imprese in due modi:
- facendo fluire più capitale privato al settore dell’imprenditoria giovanile mediante obblighi di legge che prevedano un investimento minimo di alcuni punti percentuali (tra il 3% e il 5%) in questo settore per i Piani Individuali di Risparmio (PIR) e per i fondi pensione italiani;
- introducendo decontribuzioni di almeno il 50% sul costo del lavoro per le assunzioni fatte da startup innovative su un orizzonte di 5 anni.
Ovviamente queste sono solo proposte (o promesse) elettorali tuttavia è tutto da verificare se e come queste saranno effettivamente implementate.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA