Il 22 ed il 23 febbraio a Roma, presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, si è tenuto un evento dal titolo “L’accordo di partenariato economico tra Unione Europea e Giappone – Prospettive per l’export”.
Nel corso delle due giornate si sono susseguiti quattro panel settoriali – Beni di Lusso ed Automotive, Farmaceutica, Agroalimentare ed Appalti Pubblici e Servizi – allo scopo di evidenziare quali siano le novità più interessanti in quelli che sono oggi considerati i principali settori d’interesse per le imprese italiane che fanno business con il Giappone.
Abbiamo deciso di soffermarci sulle novità che riguardano il comparto agroalimentare, settore molto apprezzato dai consumatori nipponici ma sottoposto anche a delle limitazioni tariffarie e non piuttosto significative.
Ad oggi infatti Tokyo impone tariffe doganali elevate su molti prodotti alimentari e bevande europei come:
• 30-40% sul formaggio;
• 38,5% sulle carni bovine;
• 15% sui vini;
• fino al 24% sulle paste alimentari;
• fino al 30% sul cioccolato.
La negoziazione dell’accordo fra Unione Europea e Giappone conclusasi lo scorso dicembre ‘rischia’ tuttavia di modificare radicalmente le carte in tavola, anche se – per la definitiva entrata in vigore dell’accordo – bisognerà aspettare la conclusione del processo di ratifica dello stesso che difficilmente arriverà prima della primavera del 2019.
Come evidenziato da Marco Chirullo, Vice Negoziatore Capo per la trattativa UE-Giappone, “l’UE si è seduta al tavolo delle negoziazioni avendo molto da chiedere e poco da difendere ed è riuscita ad ottenere un risultato che permetterà di scardinare un mercato molto chiuso nei confronti dei prodotti stranieri”.
In termini puramente numerici il risultato è particolarmente positivo se si pensa che l’accordo prevede il graduale passaggio a dazio zero su una enorme quantità di prodotti che attualmente rappresentano oltre il 90% dell’attuale export UE in Giappone e che oggi arrivano a subire dazi anche fino al 40%.
Scendendo nel dettaglio vediamo come per la carne di maiale i dazi siano stati fortemente ridotti, anche se è stato istituito un sistema di salvaguardia molto complicato che potrebbe entrare in vigore in caso di un aumento delle esportazioni UE verso il Giappone particolarmente significativo.
Per quel che concerne i vini si è riusciti ad ottenere una liberalizzazione totale del mercato (dazi zero) che ci consentirà di competere ad armi pari con alcuni competitor fra cui quelli cileni che, da quando Giappone e Cile hanno firmato l’Accordo di libero scambio, hanno registrato incrementi da capogiro nelle vendite verso il Sol Levante.
Ma secondo gli esperti è il settore caseario quello che è stato in grado di ottenere i risultati più sorprendenti poiché è stata raggiunta un’intesa per la completa liberalizzazione dei formaggi a pasta dura per i quali si arriverà, nell’arco di quindici anni dalla ratifica, alla totale abolizione delle tariffe che oggi toccano quota 29%.
Per i formaggi a pasta molle invece si è deciso che si potranno importare dall’UE fino a 20 mila tonnellate annue, anche se questa cifra potrà essere incrementata proporzionalmente all’evoluzione del consumo di questo tipo di formaggi da parte dei consumatori giapponesi (negli ultimi due anni i consumi sono cresciuti esponenzialmente, di circa il 30% annuo).
Buone notizie anche per quel che riguarda la carne bovina, la cui tassazione passerà dall’attuale 38,5% al 9% nel giro di 15 anni anche se il primo taglio sarà di ben 11 punti percentuali partendo dal 27,5%. Ciò potrebbe tramutarsi in un importante vantaggio competitivo dei produttori italiani nei confronti delle imprese statunitensi dal momento che Trump ha bloccato l’avanzamento del TPP.
Per avere un quadro esaustivo dei termini dell’accordo è consigliabile cliccare qui.
Dunque come evidenziato dal Presidente della Fondazione Italia Giappone Umberto Vattani questo accordo “apre prospettive importanti e lancia un messaggio significativo proprio nel momento in cui gli USA prestano meno attenzione al multilateralismo e costituisce una riaffermazione dell’importanza delle relazioni che intercorrono fra Tokyo e Bruxelles”.
Inoltre Vattani ci ha tenuto a sottolineare come in Giappone vi sia un terreno molto fertile per le imprese agroalimentari italiane (al momento esistono circa 3000 ristoranti italiani che rappresentano un formidabile veicolo di promozione del prodotto italiano) anche perché “in Giappone i prodotti Made in Italy sono considerati molto vicini alla materia del sogno”.
Oggi il Giappone rappresenta l’undicesimo mercato di sbocco per l’export agroalimentare italiano con acquisti che si attestano su un valore vicino ai 600 milioni di euro annui.
Fra i prodotti italiani maggiormente apprezzati dai consumatori nipponici troviamo il vino, per il quale Tokyo rappresenta addirittura il quarto mercato di destinazione a livello globale. In generale comunque, come spiegato dal Vice Presidente di Federalimentare, Maurizio Cibrario, “la penetrazione dell’agroalimentare italiano si è sviluppata in misura esponenziale soprattutto nell’ultimo quarto di secolo”.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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