Nel secondo approfondimento della rubrica “Esportare senza rischi” parliamo di quanto sia importante per le imprese, esportatrici e non, imparare a gestire attivamente gli aspetti legali.

Gli aspetti contrattuali e legali possono essere affrontati con due approcci di base: il primo li considera solo come puri costi, da evitare come la peste; il secondo li rivaluta quali opportunità, investimenti, strumenti di salvaguardia e – addirittura – di marketing.

Chi li considera solo costi, cerca di spostarne l’onere sulle controparti: questo implica che siano loro a gestire il processo legale, a strutturare e predisporre i documenti, a condurre le trattative e guidare le negoziazioni.

Affrontare trattative partendo da uno schema contrattuale predisposto dalla controparte non è molto lungimirante: oltre a essere sbilanciato più a suo favore fin dalla partenza, inibisce alla radice alcuni strumenti di tutela che risulta difficile introdurre successivamente, per lo meno senza provocare resistenze o “chiusure”, che possono allontanare le rispettive posizioni anziché avvicinarle.

Sebbene si possa pensare di richiedere modifiche per i punti non ritenuti adeguati, è difficile raggiungere un regolamento contrattuale che risponde pienamente ai propri interessi.

E ciò per almeno tre ragioni fondamentali.

La prima: l’esperienza insegna che partendo da quello che ha scritto la controparte, si dimenticano aspetti che invece si ha interesse a disciplinare.

La seconda: se si prova a modificare un testo che non va bene in 20 o 30 punti, è difficile riuscire nell’impresa senza compromettere quel delicato atteggiamento costruttivo e ottimistico – spesso in precario equilibrio – che è presente nelle fasi iniziali delle trattative.

La terza ragione: c’è la mina della responsabilità precontrattuale, che spesso salta fuori - in caso di mancato accordo a seguito delle trattative - e che può costituire una fonte di responsabilità da non sottovalutare soprattutto se si opera sui mercati esteri.

Inutile dire che l’approccio consigliato è il secondo: meglio prendere saldamente in mano gli aspetti legali, gestirli in modo efficace per tutelare adeguatamente i propri interessi riducendo il grado di vulnerabilità legale. Sarebbe bene riuscire ad incapsularli nelle proposte commerciali con intelligenza e capitalizzarne i costi facendoli diventare uno strumento del proprio marketing.

Così facendo si trasmetterà l’immagine di un’azienda seria, oculata e ben organizzata, con le idee chiare: e se l’immagine è importante perché influenza le decisioni, si partirà con il piede giusto.

Il celebre guru del marketing Philip Kotler, conosciuto in tutto il mondo nella sua disciplina, ha affermato: “Le aziende si preoccupano troppo di quanto costa fare. Dovrebbero preoccuparsi, invece, di quanto costa non fare”.

Niente di più vero anche per gli aspetti legali utilizzati per la cura del proprio business: è molto più oculato investire qualcosa per avere un ritorno, piuttosto che non spendere nulla e farsi divorare dai costi fissi.

Già, i costi fissi, quelli che vanno sostenuti in ragione del tempo anche se non si fa nulla, devono essere coperti dal “margine di contribuzione lordo” (cioè dalla differenza tra ricavi e costi variabili) ed il loro eventuale incremento impone volumi di fatturato aggiuntivi non per avere più utile, ma solo per “contribuire”, appunto, alla copertura dei costi fissi.

Se la parola chiave del business contemporaneo è “velocità”, perché non dovrebbe essere applicata anche agli aspetti legali e contrattuali?

Oltre ai motivi citati per cui è meglio gestire attivamente gli aspetti legali, è bene prendere anche in mano la calcolatrice e fare due conti pratici, quelli “della nonna”.

Facciamo un esempio banale: ipotizziamo costi fissi aziendali pari a 100 mila euro mensili (cioè 1,2 milioni annui composti da canoni di locazione, rate di mutui o di leasing, stipendi e contributi, premi assicurativi, canoni fissi più disparati, ecc.); ipotizziamo che siano comprensivi anche delle quote di ammortamento che - malgrado non impattino sul cash-flow dopo l’investimento iniziale - finiscono comunque nel conto dei profitti e delle perdite e riducono il risultato economico finale.

Ipotizziamo che due aziende debbano affrontare una trattativa – che vale 20mila euro di margine di contribuzione lordo mensile (MCLM) - con controparti dotate di un potere contrattuale analogo (quindi non controparti “dominanti”, che possono imporre condizioni fortemente sbilanciate in virtù della loro posizione di forza).

Ipotizziamo anche che le due aziende abbiano la stessa struttura di costi fissi e variabili, ma un approccio radicalmente differente alla gestione degli aspetti legali: la prima li vede come costi, la seconda li gestisce attivamente.

La prima lascia l’iniziativa alle controparti, con la conseguenza che non solo dovrà analizzare interamente ogni nuovo accordo che gli viene proposto - con strutture, terminologia e clausole molto differenti – ma con altre importanti implicazioni: nei testi ricevuti dalle controparti mancheranno del tutto alcuni punti, e altri saranno probabilmente sbilanciati a favore delle controparti.

Il punto critico è che – ammesso che si riesca a integrare il testo ricevuto dalle controparti con le modifiche richieste, difficilmente si riuscirà a “portare a casa” il risultato su tutti i punti, specialmente se sono numerosi. E il rimpallo avanti e indietro delle varie bozze emendate può durare settimane.

Risultato: passano ben 5 settimane, e l’accordo finale è ottimizzato al 60-65% per la controparte e al 35-40% per l’azienda (se va bene).

La seconda azienda, invece, ha effettuato un investimento iniziale e gestisce attivamente gli aspetti legali: ha analizzato e identificato le maggiori aree di rischio, i punti cruciali sotto il profilo contrattuale e delle responsabilità, e poi ha predisposto testi di base completi e adeguati alle proprie esigenze (alcuni standardizzati su modulistica, che riesce a far “digerire” alle controparti come “uniformi” per tutti, fatti salvi gli elementi economici, altri sotto forma di “proposte commerciali” la cui adesione implica la conclusione di un accordo).

Reagisce rapidamente ai nuovi contatti e alle RFQ (request for quotation, cioè le richieste di quotazione), è molto più veloce nel proporre e concludere gli accordi, anche in maniera attiva, riduce il suo grado di vulnerabilità legale e riesce a concludere accordi - ottimizzati al 60-65% rispetto al 35-40% della controparte - in 2 settimane, cioè 3 settimane in meno della prima azienda.

In numeri, il risultato della comparazione finale è il seguente:

  • Azienda A: inizierà a conseguire 20mila euro di MCLM dopo 5 settimane, con accordi sbilanciati a favore della controparte;
  • Azienda B: inizierà a conseguire 20mila euro di MCLM dopo sole 2 settimane, con accordi sbilanciati a proprio favore; i 21 gg. impiegati in meno (cioè le 3 settimane) valgono € 20mila : 30 gg. x 21 gg. = €14.000.

E questo solo su un singolo accordo.

Detto in termini pratici, l’azienda che gestisce attivamente gli aspetti legali non solo è più rapida e genera più utile (o riduce le perdite) per importi facilmente calcolabili, ma al tempo stesso riduce il proprio livello di vulnerabilità legale, consegue un miglior assetto competitivo e riesce a “convertire” più facilmente e velocemente le opportunità commerciali in ricavi effettivi.

Spesso è più efficiente fare meno contatti con un alto tasso di conversione in ricavi, piuttosto che fare più contatti con un tasso di conversione inferiore (anzi, va ricordato che le attività di contatto generano costi, e il fatto che spesso siano costi interni – ad esempio il tempo del personale commerciale – non significa che vadano sostenuti inutilmente).

Non va dimenticato che il contesto competitivo attuale impone tempi rapidi nell’acquisire gli ordini, nell’innovazione, nella logistica.

E se conta il time-to-order, il time-to-market e il time-to-delivery, deve contare anche il time-to-agreement: formalizzare accordi migliori in minor tempo – e generare prima i relativi ricavi - vale esattamente quanto innovare, produrre e consegnare più velocemente.

Per riuscire a farlo, esiste solo un’alternativa: gestire attivamente gli aspetti legali.

Per maggiori informazioni sui concetti affrontati nella guida “Esportare senza Rischi” pubblicata a puntate in esclusiva su Exportiamo.it e per implementarli concretamente nella vostra azienda è possibile contattare l’Avvocato Fulvio Graziotto (GRAZIOTTO LEGAL) al seguente indirizzo mail fgraziotto@graziottolegal.com.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Avv. Fulvio Graziotto, redazione@exportiamo.it

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