L’accordo commerciale di associazione fra l’Unione Europea e il Mercosur – il blocco sudamericano formato da Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay – entra nella sua fase finale. Tuttavia, la speranza delle parti di poter annunciare la fine dei negoziati in occasione dell’undicesima riunione Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), che si tenuta dal 10 al 13 dicembre a Buenos Aires, Argentina, è naufragata in seguito a mancati accordi sulle quote d’importazione di carne ed etanolo e sull’accesso al mercato e agli appalti pubblici di alcuni settori particolarmente sensibili.

L’Unione Europea ha intrapreso i suoi primi contatti commerciali con il Mercosur nel 1995 sulla base di un accordo quadro volto a costruire le basi per un futuro trattato commerciale e solo nel 2015, dopo un lungo periodo di sostanziale stallo, i due blocchi hanno ripreso gradualmente le trattative. Il maggiore promotore di questo rilancio è stato il settore privato brasiliano che ha spinto il governo a fare progressi verso la rimozione delle barriere commerciali (che comunque non erano state in grado di limitare più di tanto l’importazione di prodotti europei). Il peso preponderante del Brasile nel blocco ha poi spinto gli altri Paesi aderenti ad attuare analogamente delle politiche orientate alla liberalizzazione del commercio internazionale.

Così, poco a poco, il blocco europeo ha iniziato a vedere nel Mercosur un valido partner commerciale in risposta al crescente protezionismo americano e al dumping sociale cinese. In seguito a questi sviluppi, entrambi i blocchi hanno dunque riconosciuto l’importanza di riesumare i negoziati per un accordo commerciale.

Dal 30esimo round di negoziati, che si è svolto dal 6 al 10 novembre a Brasilia, sono scaturiti notevoli progressi che hanno consolidato un impegno volto a migliorare l’accesso al mercato fra le due aree.

Il rapporto della Commissione Europea (Report-EU-Mercosur) sintetizza così i progressi realizzati:

• Nell’ambito del commercio di beni si sono fatti passi in avanti sulle proposte in sospeso circa la concorrenza all’esportazione e la cooperazione agricola. È stato inoltre raggiunto un accordo sulla normativa che proibisce restrizioni quantitative ed è stata riaffermata la necessità di fare progressi verso la liberalizzazione del tasso di cambio e sulla proposta sui prodotti riciclati e riparati;

• Per quanto riguarda le regole di origine, le discussioni si sono focalizzate principalmente sulle norme di origine specifiche. Le parti hanno raggiunto un’intesa su alcune regole pertinenti ai prodotti agricoli e industriali e hanno scambiato punti di vista e informazioni tecniche volte a identificare priorità e criticità in materia di regole di origine;

• Progressi sono stati anche fatti per le misure sanitarie e fitosanitarie, convenendo sulla maggior parte delle norme in questione;

• L’intesa finale sul meccanismo di risoluzione delle dispute da adottare è molto vicina grazie agli accordi conclusi su: meccanismo di mediazione, codice di condotta e sulla maggior parte delle procedure applicabili alla mediazione e all’arbitrato;

• Sul capitolo relativo agli appalti pubblici si è raggiunta un’intesa sulle eccezioni generali e di sicurezza, le norme di origine applicabili agli appalti pubblici e la lista dei casi in cui è consentita la procedura eccezionale di gara limitata;

• Le parti hanno inoltre raggiunto accordi su norme relative alle proprietà intellettuale in materia di etichette e brevetti (IPR), alle piccole e medie imprese, al commercio e allo sviluppo sostenibile.

Il più grande ostacolo alla conclusione del trattato rimane l’intesa sulla quota annuale imposta sull’importazione di carne sudamericana (che per il momento oscilla fra le 70,000 e le 100,00 tonnellate) e di etanolo (a 600,000 tonnellate). Oltre a questa mancata intesa, l’Argentina e il Brasile possiedono evidenti vantaggi produttivi nel settore agricolo e delle commodity che hanno chiaramente messo in apprensione le industrie europee. In particolar modo, gli agricoltori europei temono di non essere in grado di competere con le importazioni di carne sudamericana che può contare su un costo di produzione significativamente inferiore all’Europa.

I produttori europei denunciano inoltre un mancato rispetto per gli standard mondiali più elevati in materia di sicurezza alimentare ed ambientale da parte del blocco sudamericano, dove la produzione della carne sarebbe quattro volte meno efficiente in termini di emissioni di carbonio rispetto a quella europea e quindi meno sostenibile (Associazione Agricoltori Irlandesi).

Uno studio condotto dall’EU Joint Research Center (JRC) dimostra ulteriormente quanto il settore produttivo della carne europea sia vulnerabile agli accordi commerciali, riportando che sulla base delle quote stimate l’importazione di carne dal blocco sudamericano comporterebbe un rincaro dei prezzi del 16% per una perdita annuale di 5 miliardi di euro.

Secondo gli ultimi sviluppi, l’obiettivo di raggiungere un accordo entro la fine dell’anno è sempre più improbabile. La commissaria europea al commercio, Cecilia Malmstrom, che aveva ottimisticamente parlato di una “possibilità realistica” di siglare l’accordo entro la fine dell’anno, ha reso noto martedì che “le parti hanno fatto grandi progressi, ma che rimangono delle divergenze”, auspicando così la fine dei negoziati nei primi mesi dell’anno nuovo. Dalla parte opposta dell’Atlantico, invece, il Ministro degli Affari Esteri brasiliano, Aloysio Nunes, ha riferito che “i due blocchi si erano scambiati indicazioni su quanto ciascuno fosse disposto a cedere e che il Mercosur stesse aspettando che l’UE rispondesse alla proposta”, confermando indirettamente l’impossibilità di annunciare la fine dei negoziati ai margini dell’incontro ministeriale dell’OMC.

L’esito del 31° giro di negoziati a Bruxelles (dal 29 Novembre al 8 Dicembre), che avrebbe dovuto stabilire se i due blocchi avessero potuto raggiungere un’intesa entro la fine dell’anno, aveva in parte lasciato presagire la difficoltà di superare le ultime divergenze. Ora la percentuale di probabilità di vedere la fine dei negoziati entro quest’anno, che si aggirava al 70% nel precedente giro di negoziati secondo un diplomatico sudamericano, sembra essere notevolmente inferiore.

Al di là delle tempistiche, ci si augura chiaramente che il testo finale dell’accordo garantisca che gli standard (ambientali e alimentari) più elevati vengano rispettati e soprattutto che l’industria agricola non venga sacrificata per il bene del trattato. Ciò sarebbe un paradosso e un fallimento del trattato stesso, che va oltre il principio economico fatto di vincitori e perdenti nel mercato.

Fonte: a cura di Exportiamo, Claudio Passalacqua, redazione@exportiamo.it

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