I porti di Trieste, Venezia e Ravenna saranno al centro di flussi commerciali da e verso la Cina nel quadro della ‘Belt and Road Iniziative’ (BRI). Di questo e di molto altro si è parlato ieri in un importante convegno “Belt and Road Initiative: Building a Concrete Roadmap for Italy and China’s Joint Growth”, una delle iniziative promosse dal Business Forum Italia-Cina.
Attraverserà “mezzo mondo” l’enorme piano di investimenti infrastrutturali ‘Belt and Road initiative’ (BRI) avviato dalla Cina, che avrà come punto finale l’Europa, dove l’Italia, con il suo sistema portuale al centro del Mediterraneo, rappresenta uno snodo strategico. Da qui si aprono opportunità nei settori dei trasporti, energia e telecomunicazioni, oltre che in aree di business trasversali.
Definite con un nome che richiama l’antico commercio tra l’impero cinese e quello romano, le “Nuove Vie della Seta”, le rotte terrestri e marittime previste dalla BRI sono state al centro del convegno tenutosi ieri a Milano, presso la sede di Assolombarda, dove erano presenti anche personalità di punta del governo cinese. Annunciato ufficialmente nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping con il nome di “One Belt, One Road”, in italiano, “Una cintura, una Via”, il piano infrastrutturale è oggi pilastro della diplomazia economica di Pechino ed è sostenuto dalla Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), una banca multilaterale a cui hanno aderito finora 100 paesi.
Il progetto cinese ambisce a creare, entro il 2049, una rete di infrastrutture di trasporto, comunicazione e scambio che coinvolga 64 paesi oltre alla Cina, su un’area, estesa tra Asia, Europa e Africa, che conta su 4,5 miliardi di abitanti (quasi il 65% della popolazione mondiale) e rappresenta il 30% del PIL mondiale.
Italia come hub di collegamento tra rotta terrestre e marittima della “cintura” cinese
“Il 35% degli scambi commerciali internazionali passa per la parte di globo interessata dalla BRI”, ha osservato, nel suo intervento di apertura, il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi, evidenziando che “l’interscambio commerciale complessivo dell’Italia con la Cina rappresenta il 5% del volume totale dei nostri scambi a livello internazionale, per un valore che nel 2016 ha superato i 38 miliardi di euro”, con un ruolo crescente della Lombardia, che registra un interscambio con il “Dragone” di 15 miliardi di euro. Un quadro che, secondo Bonomi, prospetta alle imprese lombarde la Cina come “una delle principali mete verso cui orientare, nei prossimi cinque anni, il proprio piano di crescita internazionale”.
Il ruolo dell’Italia come hub di collegamento tra la rotta terrestre e marittima prevista dalla BRI è stato evidenziato da Fabrizio Lucentini, direttore generale per l’Internazionalizzazione e la Promozione degli scambi al Ministero dello Sviluppo economico, che ha parlato “di enormi ricadute economiche sul sistema portuale italiano, con una particolare valorizzazione del bacino dell’Adriatico”. L’iniziativa cinese produrrà opportunità anche in Paesi terzi coinvolti nel progetto, oltre a rafforzare l’interscambio commerciale con la Cina, ha rilevato Lucentini, citando, fra l’altro, un aumento dell’export italiano verso la Cina che ammonta a un +25% nei primi 10 mesi del 2017.
Nel suo intervento, Ignacio Jaquotot, Responsabile della Divisione Banche Estere di Banca Sanpaolo, ha evidenziato come i porti di “Trieste, Venezia e Ravenna” si configureranno come scali del flusso commerciale dalla Cina verso l’Europa e viceversa. A essere strategici nel bacino dell’Adriatico saranno anche i porti di Fiume, in Croazia, di Capodistria in Slovenia, ma, secondo Jaquotot, “fondamentali saranno inoltre le infrastrutture dei Paesi dell’Europa Centrale”, che necessitano di potenziare quelle esistenti, con l’Italia che può “avere un ruolo” con la sua tecnologia.
Cina: “proteggeremo gli investitori esteri”
Ricordando che nell’ultimo Congresso di Partito in Cina, lo scorso ottobre, è stata ribadita l’importanza dell’iniziativa ‘Belt and Road’ Zhou Xiaoyan, Direttore Generale del Ministero del Commercio cinese per l’Europa della Repubblica Popolare cinese, ha lanciato una promessa: “Proteggeremo chi verrà a investire in Cina”. Nella prospettiva di un incremento degli scambi commerciali, Xiaoyan ha poi ricordato che la Cina organizzerà “nel novembre del 2018 l’ Expo dell’esportazione”.
A citare l’Italia “uno snodo importante per la Nuova Via della Seta”, è stato anche Siqing Chen, presidente di Bank of China e co-presidente del Forum Italia-Cina, sponsor dell’evento milanese, ricordando, fra l’altro, che “le imprese cinesi hanno investito 11 miliardi di euro” nel nostro Paese, apprezzato dai cinesi per “la moda, il cibo e la capacità imprenditoriale”. Inoltre osservando che il volume d’affari tra la Cina e i Paesi coinvolti nella BRI ha raggiunto “mille miliardi di dollari tra il 2014 e il 2016”, Chen ha insistito sulla necessità di strategie comuni tra Italia e Cina, menzionando, ad esempio, la convergenza, sul piano industriale, del Piano nazionale del governo italiano Industria 4.0 e il crescente ruolo della Cina come “terra di innovazione”, dove già oggi “si sviluppano tecnologie d’avanguardia, dall’intelligenza artificiale alla robotica”. Chen ha inoltre auspicato un rafforzamento della complementarietà tra il mercato cinese, “che oggi offre il capitale”, e quello italiano “che possiede tecnologia e il know how”, per esempio nel settore dell’energia, come è accaduto nella partnership tra il gruppo Enel e la Bank of China che ha messo a disposizione del colosso italiano del gas una linea di credito per realizzare un progetto in Brasile nel campo delle rinnovabili. Un modello che può valere, ha precisato Chen, nel quadro della BRI, “per trarre opportunità anche in Paesi terzi coinvolti nel piano”.
“La Belt and Road creerà opportunità anche per le imprese di media dimensione”, e non solo per i ‘big player’, ha affermato l’amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti (CDP), Fabio Gallia, il cui intervento si è successivamente focalizzato sugli strumenti finanziari messi a disposizione da CDP, come l’imminente lancio del “panda bond, un‘emissione denominata in valuta locale, destinata alle aziende italiane in Cina”. Considerando che le imprese italiane che operano stabilmente in territorio cinese sono oltre 1.500 e il mercato dei capitali di Pechino è oggi fondamentale, ha precisato Gallia, “stiamo studiando questo strumento finanziario che darà la possibilità di raccogliere capitali direttamente in valuta locale, che non possono uscire dal paese, ma che possono essere utili a quelle imprese che hanno bisogno in termini di valuta locale”.
Fonte: a cura di Exportiamo, Francesca Morandi, redazione@exportiamo.it
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