Missoni, Cuccinelli, Tod’s, Biagiotti, Fratelli Rossetti e Moschino tra i “big player” della moda presenti al Milano Fashion Global Summit 2017, dove si è discusso anche di nuovi modelli di business e tendenze dei consumatori.
Il 30% del consumo del lusso mondiale è in Cina, che oggi rappresenta una nuova frontiera per le imprese Made in Italy. Il “gigante asiatico” è stato protagonista indiscusso della 16esima edizione del Milano Fashion Global Summit, tenutasi la scorsa settimana nel capoluogo lombardo, dove si è parlato anche di tradizione tessile italiana e modelli di business che si devono adeguare alle nuove sfide poste dall’e-commerce, omnicanalità (distributiva e promozionale) e trend dei consumatori.
L’evento, promosso da Class Editori e organizzato in collaborazione con Camera Nazionale della Moda Italiana, the Wall Street Journal Europe e Bank of America–Merrill Lynch, ha riunito presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli esponenti del mondo economico-finanziario e operatori di spicco della moda italiana. Tra i presenti “grandi nomi” come Missoni, Cucinelli, Tod’s, Biagiotti, Fratelli Rossetti, Moschino, ma anche aziende del comparto che stanno affrontando i cambiamenti legati alla rivoluzione digitale e all’evoluzione dei principali mercati, dall’Asia al Nordamerica. Tra i temi affrontati anche la crisi negli Stati Uniti dei centri commerciali che devono fare i conti con il fenomeno dell’e-commerce e nuove tendenze dei consumatori Usa, soprattutto giovani, assai più connessi alla Rete piuttosto che “in giro” a fare shopping.
La geografia dell’export italiano, moda e non solo
Un quadro sull’export italiano è stato offerto da Michele Scannavini, presidente dell’ICE (Agenzia italiana per il commercio estero e internazionalizzazione) che ha evidenziato l’aumento delle esportazioni del 7-8% per l’Italia, che registra performance migliori di Francia e Germania, con il settore moda/lusso che prospetta per il 2017 una crescita del +3,5-4% dopo il timido andamento dei due anni precedenti. Mercato determinante per il comparto è oggi la Cina, che, guardando al globale, “sarà il driver dell’economia mondiale dei prossimi anni”.
Scannavini ha successivamente posto l’accento sulla profonda trasformazione del modello industriale cinese, oggi non più basato sull’esportazione di beni di largo consumo a basso prezzo, ma sulla produzione interna di prodotti ad alto contenuto tecnologico, e poderosi piani di investimento in opere infrastrutturali dall’Asia al Medio Oriente all’Africa (progetto ‘La Nuova via della Seta’) pari a oltre 1000 miliardi di dollari. Nella nuova geografia dell’export italiano tracciata dal presidente dell’ICE, i mercati asiatici restano prioritari, soprattutto quelli del Sud-est asiatico membri dell’ASEAN (Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore, Thailandia, Brunei, Vietnam, Laos, Birmania, Cambogia), ma, in futuro, ha sottolineato Scannavini, a pesare sarà anche l’India, che registra una crescita del Pil del 7% ed è una democrazia composta da un miliardo e 300mila persone, di cui la maggioranza ha meno di 25 anni. “Il fattore demografico – ha evidenziato Scannavini – peserà come è accaduto per la Cina”.
Il 2018 sarà un anno di sfide per il settore “luxury”
A parlare di “un 2018 di sfide” è stato Carlo Capasa, presidente della Camera di Nazionale della moda italiana (CNDMI), in riferimento all’evoluzione del mercato cinese, i timori per la tendenza protezionista degli Stati Uniti, e i cambiamento dei canali distributivi, che oggi puntano sull’integrazione tra punti vendita fisici e commercio elettronico. “Il focus delle aziende in questa fase di mutamento deve essere sui nuovi canali distributivi e sulle nuove tendenze dei consumatori, soprattutto giovani”, ha detto Capasa, menzionando che “oggi il 53% della clientela di Gucci ha meno di 35 anni”. “La moda ha sempre avuto le antenne puntate sulla tecnologia, pensiamo, ad esempio, ai ‘wearable devices’ (i dispositivi indossabili con funzioni intelligenti, ndr), e deve continuare a farlo”, ha continuato il presidente della CNDMI, sottolineando che, a suo avviso, oggi il grande tema del settore moda è “la sostenibilità”, che rientra nel più ampio panorama dell’economia circolare, e “business che a livello globale vale 300 miliardi di euro”.
Cina, una classe media di 360 milioni di persone, che amano lo stile italiano
Sulla Cina si sono concentrati gli interventi di Diego della Valle, presidente e Ceo di Tod’s, e Michele Norsa, board member di Ermenegildo Zegna e vice presidente di Biagiotti Group. In collegamento da Shangai, Della Valle ha evidenziato il grande apprezzamento da parte dei consumatori cinesi dello stile italiano, che oggi ci offre un “vantaggio competitivo determinante rispetto ad altre nazioni”. Ricordando che il mercato globale del lusso oggi vale 250 miliardi di euro e il 30% degli acquirenti è cinese, Della Valle ha osservato anche la stabilità politica offerta dalla presidenza di Xi Jinping che ha dimostrato anche un efficace pragmatismo economico.
Secondo Michele Norsa “nel settore del lusso oggi un consumatore su tre oggi è cinese e nei prossimi cinque anni si calcola che questo rapporto arriverà a uno su due”. In Cina cresce anche il potenziale di sviluppo dei retail e opportunità sono legate anche al “potenziale dei viaggiatori cinesi nel nostro Paese che può raddoppiare o triplicare nei prossimi 5 anni”. Per il top manager, ex numero uno di Salvatore Ferragamo, mercati proficui per il lusso italiano saranno anche Corea del Sud, “soprattutto nel settore della cosmesi”, Giappone, “la cui ripresa è spinta dalla Cina”.
I “numeri cinesi” sono stati enfatizzati da Mattia Mor, Executive Director Europe di Mei.com, il più importante luxury store online cinese, fondato nel 2009 dal francese Thibault Villet e rilevato nel 2015 dal big player dell’e-commerce Alibaba. “Con una classe media di 360 milioni di persone, destinata a raddoppiare nei prossimi anni, le potenzialità per il lusso Made in Italy in Cina sono enormi - ha osservato Mor. In Cina sono 260 le città con oltre di un milione di abitanti e c’è oggi il potenziale per portare il marchio italiano anche nella più remota provincia dell’impero cinese”.
Chi sta registrando un boom di vendite in Cina è l’azienda Brunello Cucinelli spa, azienda umbra specializzata in capi di cashmere, che cresce a due cifre con +10 per cento e ricavi netti pari a 384,2 milioni di euro nei primi nove mesi del 2017, soprattutto grazie agli USA, “veri amanti del lusso Made in Italy”. “La moda è un manufatto e per mantenere il genio creativo italiano bisogna umanizzare la Rete, trattare i clienti come tali, non come consumatori, senza opprimerli con un marketing assillante”, ha affermato Brunello Cucinelli, sottolineando le eccezionali possibilità messe a disposizione dalla tecnologia ma anche la necessità di un “umanesimo digitale”.
Fonte: a cura di Exportiamo, Francesca Morandi, redazione@exportiamo.it
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