Con un’economia in netta ripresa, un sistema di incentivi offerti agli imprenditori esteri e norme business friendly, il mercato statunitense attira sempre più imprese italiane.
Conoscere il modo migliore per entrare nel mercato americano nell’era di Donald Trump è un tema di grande interesse per le aziende italiane: gli Stati Uniti sono infatti il terzo mercato di esportazione per l’Italia, con una quota del 8,9% sull’export Made in Italy e crescenti prospettive di crescita (dati Istat).
Lo conferma anche l’ultimo Rapporto Export di Sace-Simest, le cui previsioni indicano per il 2017 una crescita delle esportazioni italiane del 5% verso gli Usa, mentre la media annua fino al 2020 toccherà quota 5,6%. Ammonta inoltre a 26,8 milioni di euro l’investimento promozionale negli States previsto dalla Cabina di Regia istituzionale per l’Internazionalizzazione. Numeri che prospettano nuovi spazi per le imprese italiane negli Usa, che sono attualmente 1.300.
A ragionare sulle strategie per sviluppare una presenza commerciale o industriale italiana negli Stati Uniti è stato un team di specialisti e addetti ai lavori riunitosi venerdì mattina a Milano presso la sede di Assolombarda, l’associazione confindustriale delle province di Milano, Lodi e Monza e Brianza.
Nel corso dell’evento “Stati Uniti: International Forum. Focus on Usa”, organizzato in collaborazione con Unicredit e l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano, è stato offerto agli imprenditori presenti un quadro sulle attuali linee guida da seguire, principalmente sul fronte fiscale e legale, per esportare nel promettente mercato statunitense, con un occhio alle innovazioni tecnologiche che negli States corrono più veloce rispetto ad ogni altra nazione.
Stare al passo con l’innovazione tecnologica per restare competitivi
Un punto importante per approcciare oggi il mercato statunitense è la necessità di stare al passo con la diffusione delle nuove tecnologie come ha evidenziato, aprendo i lavori del forum, Stefano Venturi, vice presidente di Assolombarda e presidente della Camera di Commercio Americana in Italia. “Il modello degli investimenti nel mondo sarà rivoluzionato nei prossimi anni, sotto la spinta dell’Industria 4.0”, ha precisato Venturi, sottolineando che “innovare sarà fondamentale per le imprese”, che altrimenti rischieranno di pagare uno svantaggio competitivo.
Per il presidente della Camera di Commercio Americana “oggi le strategie di export non sono più sufficienti: le nostre aziende si devono internazionalizzare, devono sviluppare una rete complessa di interazioni con il mondo”. Le imprese italiane che ambiscono ad avere successo nel mercato americano dovranno inoltre necessariamente puntare gli occhi sui nuovi trend produttivi dettati da robotica, intelligenza artificiale e Big Data.
Secondo Venturi, tra gli elementi di maggiore innovazione negli Usa nei prossimi dieci anni figura la “manifattura additiva”, con cui è possibile realizzare in un unico processo, tramite stampanti tridimensionali, oggetti che tradizionalmente sono realizzati in diversi componenti singoli, con risparmi notevoli. Si tratta di una innovazione in grado di stravolgere potenzialmente i tradizionali paradigmi produttivi, in quanto, ha spiegato Venturi, “con le stampanti 3D sarà possibile realizzare componenti meccanici per la produzione industriale in uno stabilimento nel centro di Manhattan allo stesso costo di una produzione ‘tradizionale’ in una fabbrica in Vietnam”.
Menzionando il caso di General Electric, multinazionale statunitense dell’hi-tech, Venturi ha osservato che “già oggi produce pale di turbine per aerei attraverso stampanti tridimensionali”. Le innovazioni tecnologiche, ha affermato ancora il vice presidente di Assolombarda, impatteranno necessariamente sulle aziende italiane fornitrici di componenti meccanici negli Usa, che dovranno acquisire vantaggi competitivi, ad esempio, a livello di capacità di fornire know how e brevetti.
Il tema è stato toccato anche da Davide Burani, Public Affairs Manager della Camera di Commercio Americana in Italia, che ha rilevato come “la componentistica italiana per l’automotive italiana rappresenti il 9% delle esportazioni italiane verso gli Usa”, osservando, più in generale, che i prodotti meccanici italiani sono “altamente apprezzati negli Stati Uniti, così come avviene per le tradizionali 3F, ovvero ‘Food, Fashion, Furniture’ (cibo, moda e arredamento) che da sempre distinguono il Made in Italy negli Usa”.
Tra i suggerimenti sui quali ha insistito Burani, spicca l’attività post-vendita, che gli imprenditori italiani a volte trascurano, mentre, soprattutto nel settore della meccanica, è fortemente richiesta degli americani, i quali “vogliono avere garantito un supporto dopo l’acquisto, se qualcosa non funziona”.
Una vasta gamma di incentivi per gli imprenditori esteri
Il sistema di incentivi federali (fiscali e finanziari), una normativa del lavoro “business friendly” e la forte protezione della proprietà intellettuale rappresentano elementi di attrattività del mercato americano. Su un totale di 1.794 programmi le principali tipologie di incentivo offerte agli imprenditori esteri negli Usa sono:
• Tax credit (credito d’imposta), che prevede 484 programmi;
• Grant (concessioni) - 380 programmi;
• Loan (finanziamenti agevolati) - 356 programmi;
• Tax exemption (esenzioni fiscali) - 252 programmi.
Ad essere previsto è anche un tipo di incentivo “misto”, che prevede la presenza di istituzioni finanziarie: è l’Industrial Revenue Bond (IRB), che permette all’impresa di finanziare l’investimento mediante l’emissione di un’obbligazione, sponsorizzata dallo Stato o dall’EDO (massimo $10 milioni per emissione).
Le strategie d’ingresso per il mercato statunitense
Nel suo intervento, Luca Balestra, Managing Director UniCredit di New York, ha sottolineato “l’eccellente contesto operativo offerto dal mercato Usa, oggi un’economia in crescita, in fase di piena occupazione e che offre ancora ampie possibilità di crescita alle aziende italiane”.
Le modalità più comuni per entrare oggi nel mercato statunitense sono quattro:
- Attività di export per il tramite dei distributori locali;
- Joint venture;
- Insediamento commerciale (formazione sussidiaria locale);
- Investimento diretto.
Le società italiane presenti sul territorio statunitense con filiali, utilizzano di prassi società incorporate negli Usa, controllate dalle rispettive case madri. Il sistema regolamentare e legale Usa consente un’ampia libertà operativa agli investitori esteri, i cui investimenti godono di un approccio aperto, trasparente e non discriminatorio.
Le aziende di proprietà USA e quelle di proprietà estera sono soggette allo stesso livello di trattamento.
Tuttavia, ha sottolineato Balestra, “gli Usa sono un Paese composto da 50 Stati, che significa 50 ordinamenti giuridici diversi”. Una complessità che richiede alle imprese con mire esportatrici la necessità di affidarsi a operatori specializzati per entrare nel mercato locale.
Ogni stato americano offre diverse facilitazioni ed incentivi agli imprenditori esteri (prevalentemente legati ai posti di lavoro creati), oltre all’assistenza logistica e di selezione del sito produttivo. Un’attività che è promossa delle Economic Development Organization (EDO), responsabile dell’attrazione degli investimenti esteri sul territorio locale.
Agenzie utili per orientarsi sul territorio locale
Nel territorio USA operano diverse agenzie per l’informazione e l’applicazione degli incentivi federali e statali.
Il sito Grants.gov: raccoglie in un’ unica agenzia tutti i grant (sovvezioni per le aziende) sviluppati e offerti dagli USA per lo sviluppo di settori economici e la creazione di posti di lavoro;
US Department of Commerce/SelectUSA: tramite gli uffici dislocati presso i Consolati e le Ambasciate USA di tutto il mondo e attraverso l’agenzia Select USA fornisce informazioni utili e indicazioni pratiche sulle opportunità di investimento negli USA;
US Economic Development Administration: unica agenzia federale focalizzata sullo sviluppo economico, fornisce programmi incentivanti e supporto agli Stati per supportare l’attrazione degli investimenti. Ha sei uffici dislocati negli USA (Atlanta, Philadelphia, Chicago, Austin, Denver, Seattle);
Small Business Administration: agenzia per lo sviluppo delle PMI in USA;
State Book International: un servizio per la localizzazione geografica delle nuove imprese, con i diversi incentivi al «real estate», e i costi medi dei fabbricati sia in leasing sia in acquisto;
Foreign Trade Zones Board: servizio per l’adesione alle Foreign Trade Zones (FTZ), che sono Zone franche negli Usa, sotto la supervisione della Dogana statunitense. In tutto sono 140. I beni stranieri possono essere ammessi in una Zona Franca senza essere soggetti ai dazi doganali o a certe tasse e per differire il pagamento dei dazi fino al momento dell’effettiva entrata in commercio negli Stati Uniti.
Consigli pratici per esportare negli States
Massa critica - Per affrontare il mercato USA è necessaria una adeguata «massa» critica ed un adeguato arco temporale. Per le PMI sono consigliabili forme di aggregazione tra imprese, come contratti di Rete e consorzi Export;
Organizzazione propria - E’ possibile anche presentarsi ai clienti americani (distributori, buyer ecc.) tramite una propria società di diritto americano, disponendo di una adeguata organizzazione logistica e post vendita sul territorio e con i propri prodotti certificati (es. certificazione FDA e FDA Agent);
Analisi del prodotto – L’analisi del prodotto è fondamentale per comprendere eventuali restrizioni merceologiche (messa a norma), posizionamento, packaging, etichetta (Nutriction Fact , ecc.);
Contrattualizzare ogni rapporto economico - Con l’ausilio di una propria rete di consulenti (avvocato americano con licenza, warning tariffa oraria) è importante adempiere a tutte le regole previste in loco per le attività commerciali;
Product liability - Non di poca importanza è l’esame attento, anche con l’ausilio di consulenti, della legislazione statunitense in tema di responsabilità per danno da prodotto (polizza assicurativa, gestione del rischio ecc).
Fonte: a cura di Exportiamo, Francesca Morandi, redazione@exportiamo.it
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