Si sente spesso parlare di Industria 4.0, di Internet of things o di quarta rivoluzione industriale: cerchiamo di capire meglio cosa s’intende nel concreto e quali possono essere gli effetti sul piano economico e dell’occupazione.

Con la definizione di Industria 4.0 si fa riferimento ad un nuovo modello di gestione aziendale che si basa sulla connessione tra sistemi fisici e digitali ovverosia l’integrazione tra i macchinari necessari alla produzione e la loro connessione al web.

Il termine fu utilizzato per la prima volta durante una fiera sulle tecnologie industriali in Germania e non a caso il paese è quello più all’avanguardia in questo settore grazie alla suca capacità di sapere coinvolgere gruppi industriali, startup tecnologiche e poli di ricerca universitaria, agevolati da una serie di misure specifiche.

Berlino a parte, in tutta Europa si sono posti in essere una serie di piani volti a trasferire gli elementi della quarta rivoluzione industriale al tessuto socio-produttivo dei singoli Paesi.

Anche in Italia il MISE ha predisposto un Piano nazionale Industria 4.0 col quale si punta a mobilitare entro il 2020 circa 90 miliardi di investimenti privati e circa 11 miliardi d’investimenti in ricerca e sviluppo.

E’ fondamentale comprendere che per lo sviluppo di una “Industria 4.0″, oltre ad un substrato infrastrutturale connesso, è necessario investire e formare un capitale umano connesso, vale a dire figure manageriali in grado di muoversi all’interno di questi nuovi sistemi e nuovi modelli produttivi.

La preoccupazione maggiore rispetto a questo nuovo modello industriale riguarda l’aspetto occupazionale. La robotizzazione del lavoro inevitabilmente comporta conseguenze sul piano quali-quantitativo dell’occupazione, in tal senso sono stati condotti numerosi studi tra cui il rapporto della Commissione lavoro del Senato che rileva come circa un 10% della quota di lavoratori potrebbe essere cancellata dall’impiego di robot e circa il 44 % dovrà modificare le proprie competenze.

I primi effetti di Industria 4.0

Uno studio condotto dal politecnico di Milano su un campione di 240 aziende italiane ha evidenziato, per l’anno 2016, un aumento degli investimenti del 27%.

Le previsioni per il 2017, sembrano indicare un ulteriore aumento a doppia cifra degli investimenti il che si tradurrebbe, in soli due anni, in un raddoppio degli investimenti per l’innovazione a livello industriale.

Nel 2016 gli investimenti aziendali hanno riguardato:

• l’internet of things (sensori, chip collegati alla rete, per la gestione dei macchinari) per circa un miliardo di euro;

• le tecnologie di analisi dei dati industriali (330 milioni di euro);

cloud computing (150 milioni di euro);

• l’automazione avanzata (120 milioni di euro);

• tecnologie per l’interfaccia uomo macchina (20 milioni di euro).

La legge di stabilità attualmente in discussione sembra voler confermare il piano d’incentivi vigente anche per il 2018. In particolare alle agevolazioni previste per l’acquisto di software dovrebbe aggiungersi un credito d’imposta per la formazione nelle aziende (che resta uno dei punti deboli delle imprese del Belpaese) dal momento che oggi solo il 10% delle PMI italiane ha raggiunto un buon livello di digitalizzazione.

Appare pertanto chiaro che sarebbe assolutamente auspicabile un potenziamento del piano e che sarebbe necessario ad esempio, la creazione di “competence center universitari” ovvero centri di competenza con lo scopo di promuovere e sostenere la ricerca applicata, il trasferimento tecnologico e la formazione sulle tecnologie avanzate. I centri di competenza vedono la partecipazione di università, centri di ricerca di eccellenza e aziende private tra cui anche startup, PMI ed grandi imprese.

Fra le notizie che circolano in questi giorni pare che la nuova legge di stabilità prevederà la proroga del super-ammortamento (che dovrebbe scendere dal 140% al 130%) e dell’iperammortamento (confermato al 250%), misure che hanno rappresentato i cardini del piano Industria 4.0.

Sembra infine che la bozza di disegno di legge di bilancio preveda inoltre la completa sterilizzazione per il prossimo anno delle clausole di salvaguardia fiscali (Iva e accise) e la nascita di un credito d’imposta per le spese di formazione 4.0 che sarà pari al 50% delle spese (fino a 1 milione di euro) relative al costo aziendale del personale occupato in formazione in materia di big data, analisi dei dati, cyber security e robotica avanzata.

Insomma i primi risultati ci sono ma la strada da percorrere è ancora lunga perché le nostre PMI hanno davvero bisogno di innovarsi per rilanciarsi con forza anche sui mercati internazionali.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Valeria Gambino, redazione@exportiamo.it

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