In Italia non c'è futuro e i giovani italiani si danno alla fuga (+23,3%)

In Italia non c'è futuro e i giovani italiani si danno alla fuga (+23,3%)

19 Ottobre 2017 Categoria: Marketing Internazionale

I dati dell’AIRE sono impietosi: sempre più giovani (e meno giovani) lasciano l’Italia alla ricerca di opportunità migliori. Ed il vero dramma è che solo 1/3 degli italiani che emigrano per lavoro all’estero fanno poi ritorno a casa.

124.076, è il numero degli italiani emigrati all’estero nel 2016 che sono aumentati del 15,4% rispetto al 2015.

Ma a decidere di cambiare vita sono soprattutto i giovani: infatti il 39% degli expat hanno tra i 18 e i 34 anni (+23,3% rispetto al 2015), mentre circa il 25% ha tra i 35 e i 49 anni (+12,5% rispetto al 2015) e il 9,7% è compreso nella fascia d’età che va dai 50 ai 64 anni.

La Lombardia nel 2016 si è confermata la prima regione italiana per numero di partenze raggiungendo quota 23.000 unità, seguono Veneto (11.611), Sicilia (11.501), Lazio (11.114) e Piemonte (9.022).

L’unica regione dello stivale ad aver registrato un’inversione di tendenza è il Friuli Venezia Giulia con circa 300 persone espatriate in meno rispetto al 2015. Secondo i dati ufficiali dell’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) attualmente sono 4.973.942 gli italiani che vivono all’estero, ovvero l’8,2% della popolazione nazionale.

È questa la (preoccupante) istantanea scattata dal “Rapporto Italiani nel Mondo” presentato a Roma nei giorni scorsi dalla fondazione Migrantes.

Il Belpaese non riesce a trattenere le risorse che forma

Dati allarmanti, perché sono soprattutto i giovani e i giovani adulti che decidono di lasciare il Belpaese alla ricerca di opportunità lavorative migliori. Ma il dato più triste è che l’Italia perde risorse qualificate, tanto che solo lo scorso anno circa 27mila diplomati e 24mila laureati hanno scelto l’estero generando una perdita complessiva per le casse statali (relativa alle spese di formazione sostenute) pari a circa 7,5 miliardi di euro.

Insomma una vera e propria emorragia di talenti, con l’Italia che investe in formazione ma che fatica a trattenere le risorse migliori nel momento di immetterle nel mercato del lavoro con una inevitabile ricaduta sul PIL nazionale che fatica a crescere rispetto alla media UE.

Inoltre l’OCSE ha rilevato che ben 2/3 degli italiani che emigrano per lavoro all’estero non fanno poi ritorno a casa, mentre circa il 20% di questi in Italia ricoprivano un impiego di livello inferiore rispetto al titolo di studio e all’estero invece godono di una posizione lavorativa soddisfacente.

Tra le mete preferite degli expat vi è l’Europa grazie alla facilità di accesso al mercato del lavoro con circa 2,7 milioni di italiani residenti (54%), mentre 2 milioni degli iscritti all’AIRE vivono in America (40,4%), soprattutto nella zona centro-meridionale (32,5%). Seguono l’Oceania con 147.930 italiani residenti (3%), l’Africa con 65.696 (1,3%) e infine l’Asia con 65.003 (1,2%).

Ai primi tre posti nella graduatoria delle nazioni che accolgono più connazionali vi sono l’Argentina (804.260), la Germania (723.846) e la Svizzera (606.578), mentre il Regno Unito nell’ultimo anno è il Paese che ha attirato più expat dal Belpaese (+27.602 le iscrizioni all’AIRE nel 2016, dovute in larga parte dalla paura post Brexit).

I flussi migratori riguardano anche le famiglie, tanto che circa il 20% del totale degli italiani emigrati all’estero è rappresentato da nuclei familiari con figli minori a seguito, mentre il 5,2% è composto da famiglie allargate con genitori over 65 che spesso diventano accompagnatori e sostenitori del progetto migratorio dei propri figli.

Questi sono comunque dati parziali che provengono dalle iscrizioni depositate all’AIRE, ma è bene sottolineare che non tutti gli italiani che lavorano all’estero si registrano effettivamente all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (in particolare per chi sceglie Germania e Gran Bretagna, attualmente tra i Paesi a maggiore emigrazione italiana).

Questa nuova ondata di expat è comunque un fenomeno da non sottovalutare, soprattutto per la crescita del numero delle risorse qualificate che decidono di andare all’estero e che contribuiscono alla crescita del PIL di altre nazioni grazie alla formazione ottenuta in Italia.

E il fenomeno dell’immigrazione verso il Belpaese (soprattutto da Nord Africa ed Est Europa) riesce soltanto ad attenuare il quadro negativo ben descritto nell’ultimo rapporto redatto da Migrantes.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it

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