Dopo sette anni di negoziati, seppure in maniera provvisoria, è ufficialmente entrato in vigore il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada.
Tra i benefici più interessanti per le PMI esportatrici europee vi sono l’abbattimento di circa il 98% dei dazi doganali in vigore, la rimozione delle principali barriere non tariffarie, una maggior apertura del mercato dei servizi, il riconoscimento reciproco delle professioni, la tutela della proprietà intellettuale e del diritto d’autore, la possibilità per le aziende europee di partecipare alle gare di appalto pubbliche in Canada e il rispetto comune delle norme riguardanti sicurezza alimentare e diritti dei lavoratori.
Inoltre verranno tutelate 173 indicazioni geografiche europee, di cui ben 41 sono italiane: da oggi infatti il Prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano e l’aceto balsamico di Modena saranno ufficialmente riconosciuti Made in Italy per distinguerli dai prodotti che cavalcano (al limite del lecito) l’onda dell’Italian Sounding.
Vengono azzerate le quote import, eccezion fatta per quelle relative ai prodotti lattiero caseari per i quali però il tetto alle vendite viene comunque alzato dai circa 13 milioni attuali a 31 milioni di chilogrammi per i formaggi.
Ottima notizia per l’Italia che attualmente è il primo esportatore di prodotti caseari in Canada con 4,7 milioni di chili: con l’alzamento del tetto massimo si prevede di superare quota 10 milioni. Inoltre anche per le carni bovine e suine, pollame e uova è prevista una revisione al ribasso dei dazi ma non l’azzeramento totale.
La ratifica in Italia e i limiti dell’entrata in vigore provvisoria
Intricata la ratifica in Italia, dove il clima politico di incertezza rischia di creare non pochi problemi. Cresce infatti il dissenso sia da Coldiretti e Cgil che da correnti interne ai partiti che in commissione Esteri del Senato avevano dato invece ampio sostegno al CETA (Pd e Forza Italia). Confermano la loro posizione contraria M5S e Lega che proprio in questi giorni stanno accendendo un dibattito dai toni molto forti contro l’accordo.
La mancata ratifica di tutti i 28 Stati membri presuppone un’entrata in vigore provvisoria che toccherà gli ambiti di competenza europea: dunque via libera alla liberalizzazione delle merci e dei servizi, alla possibilità di partecipare agli appalti pubblici canadesi da parte delle aziende europee e alla tutela delle indicazioni geografiche.
In standby invece i discorsi su protezione degli investimenti, il sistema di risoluzione delle controversie, l’accordo su sviluppo sostenibile e quello relativo alle norme sul lavoro e le misure di difesa commerciale che delinea il territorio di competenza tra UE e gli Stati membri.
Sostenitori e detrattori del CETA
In Italia tra i più grandi sostenitori del CETA vi è sicuramente Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico che parla di “un accordo con il Canada che non mette in alcun modo in pericolo gli standard sanitari, ambientali e sociali la cui tutela è una nostra priorità a difesa di tutti gli europei. Diverso, invece, è invocare questi standard come un alibi per nascondere ingiustificate spinte protezionistiche, pericolose per un Paese come l’Italia che vive di esportazioni”.
Gli fa eco Ivan Scalfarotto, sottosegretario allo Sviluppo Economico: “Per le nostre imprese sarà più agevole esportare in Canada, soprattutto per le piccole realtà dotate di risorse finanziare ridotte e che fino a ieri si sono scontrate con gli ostacoli di natura tariffaria e non tariffaria che caratterizzavano il mercato canadese”.
Tra i detrattori invece proprio in questi giorni Greenpeace ha pubblicato tre nuovi briefing che evidenziano le principali preoccupazioni destate dal CETA, soprattutto per quanto concerne il settore agroalimentare: “L’accordo darà alle aziende Nord Americane diversi strumenti per indebolire gli standard europei su ormoni della crescita, OGM, lavaggio della carne con sostanze chimiche, clonazione animale. A rischio anche le nostre regole sull’indicazione del Paese d’origine in etichetta”.
Pesanti anche le parole di Coldiretti che definiscono il CETA come “un regalo alle lobby industriali dell’alimentare che colpiscono il vero Made in Italy favorendo la delocalizzazione, con riflessi pesantissimi sul tema della trasparenza e delle ricadute sanitarie e ambientali. Si tratta di un accordo che legittima la pirateria alimentare ai danni dei prodotti italiani di prestigio”.
Insomma in un clima di nuove opportunità, discussioni ed incertezze il CETA è diventato realtà aprendo nuovi spazi per le esportazioni europee verso il Canada e confermando la vocazione fortemente liberale dell’Europa in materia di accordi internazionali.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it
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