L’export rafforza l’Italia ma i rischi sono dietro l’angolo

L’export rafforza l’Italia ma i rischi sono dietro l’angolo

15 Settembre 2017 Categoria: Marketing Internazionale

La crescita mondiale si rafforza e traina quella italiana ma non c’è ancora nulla da festeggiare. Questo è uno dei messaggi chiave contenuti nel rapporto “Le sfide della politica economica” elaborato dal Centro Studi di Confindustria (CSC) e presentato ieri a Roma.

Il primo dato da cui partire è quello relativo al PIL italiano, rafforzatosi notevolmente rispetto alle stime di inizio anno (+0,8%) e che, secondo molti osservatori ed esperti, arriverà quasi certamente a registrare un aumento pari all’1,5%.

La notizia è positiva ma, ammonisce il rapporto, non bisogna entusiasmarsi specialmente se si pensa che il gap rispetto alla crescita media europea, stimata in un +2,2%, rimane ancora notevole, anche se dimezzato rispetto due anni fa.

Rispetto al 2008 dobbiamo poi ancora recuperare ben 4,7 punti di PIL mentre, d’altro canto, abbiamo ristabilito i livelli occupazionali pre-crisi (tornati sui livelli di inizio 2008), sfondando il muro dei 23 milioni di lavoratori nel corso dell’estate del 2017.

Quello che però non si è riuscito a recuperare è il livello di benessere generale del Paese, ancora considerevolmente inferiore rispetto a dieci anni fa (-7,2%) mentre le retribuzioni, da molti considerate in diminuzione, si sono mantenute abbastanza stabili nell’ultimo decennio (-0,7%) e sono addirittura cresciute nel comparto industriale (+9%).

Rimane infine irrisolto il drammatico problema della bassissima occupazione giovanile e della conseguente fuga di capitale umano dall’Italia che, secondo CSC, ha effetti disastrosi sull’economia nazionale facendo perdere al Paese 1 punto di PIL ogni anno.

Export ed investimenti: le ragioni della crescita

Fra le componenti più dinamiche dell’economia italiana spiccano export ed investimenti, considerati da Confindustria i veri e propri driver della crescita italiana.

In particolare è impressionante la progressione dell’export registrata negli ultimi anni tanto che nel 2018 esso sarà del 15% superiore rispetto ai livelli pre-crisi e rappresenterà il 32,5% del PIL italiano contro il 26,4% del 2008.

A confermare l’ottimo momento delle vendite dei nostri prodotti sui mercati esteri ci sono i dati diffusi dall’Istat relativi ai primi 6 mesi del 2017 (+8%), in cui si sono registrate “dinamiche di crescita intense e diffuse” anche se con marcate differenze a livello regionale.

Per favorire le esportazioni il governo rispolvererà il voucher per l’internazionalizzazione del MISE, strumento già utilizzato nel 2015 che dovrebbe mettere a disposizione un contributo a fondo perduto fra i 10 ed i 15mila euro (i dettagli si conoscerenno con l’uscita del bando prevista entro fine settembre) a tutte le Pmi che abbiano fatturato almeno 500mila euro in uno degli ultimi tre anni e che abbiano intenzione di avvalersi di una figura specializzata (Temporary Export Manager) capace di studiare, progettare e gestire i processi e i programmi sui mercati esteri.

E’ poi bene sottolineare che la domanda mondiale di Made in Italy sta crescendo anche grazie al parziale recupero delle importazioni di alcuni Paesi (Cina, Russia e Brasile) e all’ulteriore rafforzamento delle relazioni commerciali con USA e Giappone.

Alla fine dell’anno comunque, salvo sorprese, la crescita dell’export italiano dovrebbe attestarsi intorno al 4,9% per poi scendere nel 2018 al 3,8%.

Per quel che riguarda gli investimenti invece la previsione di crescita (+2,3%) è spinta dalla spesa in macchinari e mezzi di trasporto, che beneficiano di alcuni importanti provvedimenti governativi (su tutti l’iperammortamento). Sull’andamento degli investimenti peseranno molto le decisioni del governo circa l’allungamento dei termini per beneficiare degli incentivi in vigore, contenute nella legge di Bilancio che sarà presentata alla metà di ottobre prossimo.

I rischi

Dal rapporto emergono dunque segnali contrastanti che lasciano intravedere alcune finestre d’opportunità ma anche notevoli rischi, qualora il sentiero faticosamente intrapreso non venga adeguatamente battuto.

Come sottolineato nell’intervento del Ministro dell’economia Pier Carlo Padoan “oggi c’è la piacevole sensazione di ritorno alla normalità ma il rischio è che il policy maker freni il suo slancio riformista”.

L’Italia quindi non può certo fermarsi perché come ha voluto ribadire anche il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia “se ci si ferma e si arresta il processo riformatore non si rimane fermi ma si va indietro” e “le riforme servono soprattutto a convincere i nostri partner che il rischio di investire in Italia si stia riducendo”.

Infine c’è un aspetto fondamentale che non deve essere dimenticato e riguarda il quantitative easing della BCE, misura che ha permesso all’Italia di “respirare” per diversi anni e che dovrebbe esaurirsi alla fine del 2018.

Da quel momento in poi il costo del denaro tornerà a salire e la BCE smetterà di acquistare enormi quantità di titoli di Stato; per questo se non ci faremo trovare pronti avendo indicato un percorso di riduzione del debito serio e credibile il nostro Paese potrebbe tornare nel mirino dei mercati nell’arco di poco tempo.

E i piccoli passi in avanti compiuti fin qui sarebbero messi pesantemente in discussione.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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