Prosegue la strategia del Vecchio Continente in risposta alla linea protezionistica degli Stati Uniti per dare un’ulteriore accelerata all’export delle aziende europee soprattutto in mercati, come quello brasiliano, dove le barriere tariffarie costituiscono ancora un grande freno per lo sviluppo commerciale.

Dopo gli accordi con Canada e Giappone, l’Europa punta ad un altro accordo di libero scambio da formalizzare entro fine anno con Messico e Mercosur, ovvero il blocco formato da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay (mentre il Venezuela è stato sospeso alla fine del 2016 per non aver rispettato i termini economici e democratici stabiliti dall’accordo).

Secondo la Commissione UE l’accordo con i Paesi dell’America Latina sarà una versione più light rispetto a quelli siglati con Canada e Giappone, in particolare per i cosiddetti “settori sensibili” come investimenti, appalti pubblici e settore agroalimentare in cui non ci sarà una completa liberalizzazione del mercato.

Ricordiamo che le negoziazioni tra Europa e Mercosur durano già dal 2003 ed il discorso è stato poi messo in stand-by nel 2013 ma ora secondo Bruxelles “c’è stato un grande cambiamento nella leadership politica e nell’ambiente imprenditoriale” per cui è arrivato il momento di riprendere i negoziati. I prossimi due appuntamenti sono previsti a settembre e novembre con l’obiettivo di arrivare ad un accordo di massima entro la fine di quest’anno.

Quanto valgono i mercati di Messico e Mercosur?

L’export italiano verso il Messico, 26° mercato di destinazione del Made in Italy, nel 2016 ha raggiunto quota € 3,7 miliardi e, secondo SACE, potrebbe arrivare a € 4,6 miliardi nell’arco del prossimo triennio grazie all’accordo di libero scambio ed al positivo momento di crescita economica del Paese, confermato anche a livello previsionale dal Fondo Monetario Internazionale (aumento del PIL oltre il 2% annuo fino al 2022).

Il Brasile rappresenta invece il 31° mercato di destinazione per il Belpaese che nel 2016 ha esportato verso Rio beni e servizi per circa € 3,2 miliardi, registrando una decisa flessione rispetto ai € 3,9 miliardi del 2015. Ma secondo gli esperti l’economia carioca dovrebbe ricominciare a correre dopo l’ultimo periodo di blackout (PIL al -3,8% e -3,6% nel 2014 e 2015), tanto che il FMI prevede un aumento del PIL ad un ritmo medio del 2% fino al 2022. Su questa scia anche SACE prevede una ripresa dell’interscambio tra Italia e Brasile che nel 2016 ha toccato quota € 6,3 miliardi totali, con l’export in valore di Made in Italy che dovrebbe crescere ad un ritmo medio del 4% nel prossimo triennio. Il Belpaese esporta verso Rio soprattutto meccanica strumentale (32%), chimica (15%), mezzi di trasporto (12%), apparecchi elettrici (9%), gomma e plastica (6%) e metalli (5%).

Anche l’Argentina vede la luce alla fine del tunnel dopo un 2016 negativo in termini di crescita economica: le previsioni del FMI sono buone, tanto che entro il 2022 il Paese dovrebbe crescere ad un ritmo medio del 2,7%. Attualmente Buenos Aires rappresenta il 53° mercato di destinazione per il Made in Italy ed il Belpaese, nel 2016, ha esportato in Argentina € 1,2 miliardi con una previsione di crescita (SACE) del 3% annuo nel prossimo triennio. La composizione settoriale dell’export italiano è molto simile a quella del Brasile essendo molto legata all’industria estrattiva e delle costruzioni: infatti circa la metà delle nostre esportazioni riguardano la meccanica strumentale (51%), seguono chimica (12%), apparecchi elettrici (9%), mezzi di trasporto (7%), Metalli (5%), gomma e plastica (4%).

Infine qualche dato anche su Uruguay e Paraguay, mercati che rientrano nel blocco Mercosur ma che attualmente pesano marginalmente sull’export italiano. Entrambi sono Paesi che negli ultimi anni stanno vivendo alti e bassi se si analizzano gli indicatori economici, ma la crisi dell’intero blocco sudamericano sembra ormai alle spalle e le prospettive di crescita dei prossimi anni sono positive anche per Montevideo e Asunción. Il Belpaese nel 2016 ha esportato € 218 milioni in Uruguay soprattutto nel settore chimico (45%) e della meccanica strumentale (23%), mentre è marginale la quota del Paraguay che nell’ultimo anno ha importato Made in Italy per la modesta cifra di € 68,4 milioni.

Dunque l’eventuale conclusione dell’accordo sarebbe di vitale importanza sia per l’Europa (che ha l’assoluta necessità di trovare nuove opportunità per le proprie imprese esportatrici) sia per i Paesi sudamericani in cui si intravedono segnali di ripresa dopo anni molto complicati.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Anthony Pascarella, redazione@exportiamo.it

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