Secondo una recente indagine del Censis intitolata “Lo sviluppo italiano ed il ruolo sociale della distribuzione moderna organizzata”, il consumatore italiano è diventato “infedele, iperinformato e, persino, scaltro”.

Ben il 50% di essi sono definiti “nomadi” dal punto di vista dei consumi: effettuano i propri acquisti in negozi diversi, scegliendoli in base a promozioni, offerte ed esigenze contingenti; se, poi, si guarda ai mercati dell’abbigliamento, dell’elettronica e dell’arredo questa percentuale sale, addirittura, al 70%.

Il nuovo consumatore tipo compie scelte etiche, sceglie catene specializzate e non negozi generalisti, lascia sul web - sempre con maggiore frequenza - la propria opinione su aziende, prodotti e servizi con cui entra in contatto.

Le sue aziende preferite sono quelle che lo trattano come singolo individuo e non come membro di un cluster ma nonostante ciò non desidera relazioni troppo invadenti con i brand e sebbene desideri ricevere dei servizi personalizzati tiene molto alla propria privacy ed alla sicurezza dei dati personali detenuti dalle aziende.

Come recita un noto aforisma: “Forse le persone dimenticheranno quello che hai detto, ma non scorderanno mai come le hai fatte sentire”.

Alla luce di tutto questo, dunque, lavorare sulla qualità delle relazioni con i clienti è una componente fondamentale di una strategia aziendale e di un percorso di digital transformation, soprattutto per una PMI che più di un’impresa di grandi dimensioni ha la possibilità di personalizzare le relazioni. Non a caso il rapporto Censis fa anche notare che, sempre più determinante sarà per la distribuzione 4.0 integrare “fisico e virtuale” offrendo ai clienti la stessa esperienza in tutti i canali presidiati.

In quest’ottica, la digital transformation non ha a che fare con la semplice introduzione delle più moderne tecnologie in azienda. Per lo meno non solo con questo.

Digital transformation, infatti, è, secondo la definizione di Wikipedia: “Un insieme di cambiamenti prevalentemente tecnologici, culturali, organizzativi, sociali, creativi e manageriali”.

Trasformare in senso digitale un’impresa implica ridisegnarne completamente l’offerta per preservarne la competitività e la coerenza con le aspettative del mercato di riferimento.

Completamente significa coinvolgere in maniera trasparente tutti i dipartimenti aziendali e le risorse umane implicate nel processo di creazione del valore. Questo perché, esattamente come la cultura di una persona condiziona il suo modo di parlare, di comportarsi e di relazionarsi, così il passaggio da una cultura d’impresa tradizionale ad una digitale determina profondamente il modo in cui l’azienda sta sul mercato.

Un processo di digital transformation deve essere preceduto da un inevitabile fase di assesment finalizzata a comprendere l’impatto del digitale nel proprio settore di mercato e nelle abitudini di consumo del proprio target.

La trasformazione digitale, infatti, è un processo usercentrico dove un user è sia chi all’esterno usufruisce dei prodotti/servizi dell’azienda (i clienti per i quali vengono implementati ad esempio software di CRM-Customer relation management), sia chi dall’interno contribuisce a creare l’offerta di valore (le risorse umane per le quali vengono sviluppate procedure operative integrate con diversi livelli di autorizzazione).

L’introduzione di tecnologie digitali avanzate in azienda, di conseguenza, non è un costo se e quando serve a creare dei meccanismi virtuosi finalizzati a far crescere il business e ad evitare di essere irrimediabilmente espulsi da un mercato del quale non si è riusciti a tenere il passo.

Per averne la conferma basta domandare ad alcuni dei settori (dal finance alla logistica, dalla R&D alla produzione) sui quali la digital transformation ha inciso in maniera più profonda.

Molti passi in avanti, invece, restano da fare in ambito marketing, comunicazione, distribuzione e assistenza clienti.

Pare, tuttavia, che le aziende italiane vogliano rapidamente colmare questo gap.

Secondo una recente ricerca condotta da Tag Innovation School in collaborazione con Cisco Italia ed Intesa San Paolo su 550 aziende, ben il 61% degli intervistati ritiene che l’adozione di strategie digitali sia, addirittura, determinante e vitale per la crescita della propria impresa.

Tra gli investimenti ritenuti più strategici in quest’ottica vi sono quelli per i big data (dati complessi utili a realizzare diversi tipi di analisi tra cui quelle predittive) e l’attivazione ed il potenziamento dei canali e-commerce.

Tuttavia, l’obiettivo di gran lunga più ambito dai manager d’azienda è quello di ottenere una importante riduzione dei costi.

I benefici della digital transformation, però, vanno ben oltre il semplice risparmio economico, anzi, al contrario, tra i suoi scopi principali vi è la creazione di valore proprio attraverso l’introduzione di procedure integrate che mettano in connessione le varie funzioni aziendali, il miglioramento della relazione con i clienti e la loro collocazione al centro del processo di produzione del bene/servizio.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Francesco Bromo, redazione@exportiamo.it

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