In Arabia Saudita, c’è un nuovo principe ereditario: Mohammed Bin Salman, 31 anni, figlio dell’attuale Re che, negli ultimi mesi, ha ricoperto il ruolo di Ministro della difesa, oltreché di Ministro dell’economia.

Mohammed Bin Salman è noto in Arabia per via della sua visione sul futuro della Regione. Il principe sogna infatti di trasformare l’Arabia Saudita in una potenza finanziaria regionale, riducendo la dipendenza dalle entrate petrolifere.

Tale ambizione è riassunta nel piano che secondo il principe rivoluzionerà l’economia del regno: “Vision 2030”.

Il progetto è stato proposto al governo saudita e presentato ufficialmente nell’aprile 2016; ora con la scelta del principe Salman come futuro Re del Paese, sicuramente “Vision 2030” avrà la strada più spianata.

Cos’è Vision 2030

È un piano che porterà sviluppo in tutti i settori e in tutte le zone del Paese. Nello specifico “Arabia Vision 2030” prevede la concentrazione dei vari fondi di investimento sauditi in un unico fondo sovrano con un capitale di 2.500 miliardi di dollari, il cui obiettivo sarà quello di possedere il 3% delle partecipazioni nei principali fondi di investimento internazionali.

Il provvedimento prevede una lunga serie di progetti non solo in campo economico ma anche sociale e di sviluppo, finalizzati a preparare il paese ad una nuova fase, quella post-petrolifera.

Il programma è suddiviso in tre parti: “thriving economy”, “vibrant society”, “ambitious nation”:

- thriving economy: si concentra sulle varie misure per rilanciare i principali settori dell’economia saudita.

- vibrant society: affronta le ricadute positive sulla società. In primo luogo l’aumento dell’occupazione giovanile e soprattutto femminile, grazie anche alla maggior presenza di iniziative private.

- ambitious nation: rivela gli obiettivi di lungo periodo dell’intera nazione e la sua trasformazione, da attore sostanzialmente regionale a protagonista dei mercati internazionali.

Cosa cambierà con Vision 2030

L’obiettivo nel lungo periodo è quello di aumentare le esportazioni di prodotti non petroliferi, che dovranno passare dall’attuale 16% al 50% del Pil. Inoltre il Riad punta anche a sviluppare servizi logistici per attirare investimenti esteri.

Gli altri obiettivi sono:

- Aumentare il ruolo del settore privato dall’attuale 40% al 65% del Pil;

- Abbassare il tasso di disoccupazione dall’11,6% al 7%;

- Innalzare fino al 35% il contributo delle PMI sul Pil;

- Aumentare la quota di partecipazione femminile nel mercato del lavoro dal 22% fino al 30%;

- Aumentare il turismo religioso musulmano dagli attuali 8 milioni di pellegrini l’anno a 30 milioni;

- Dare la possibilità di avere una casa di proprietà almeno al 52% dei cittadini entro il 2020.

I cambiamenti politici o economici

È interessante notare come oltre a questa nomina, il Re dell’Arabia Saudita ha cambiato altri ruoli di governo e inserito molti giovani.

Fra questi vi sono: il Ministro degli interni, il Vice Ministro degli interni, il Sottosegretario del Ministro degli interni, il Vice capo dei servizi segreti ed il Consigliere della casa reale.

Sono stati nominati nuovi ambasciatori del regno dell’Arabia Saudita anche in Italia e in Germania.

I primi risultati che i sauditi si aspettano da questi giovani principi sono di tipo economico. L’occasione potrebbe risultare interessante per l’Italia, soprattutto in ottica di possibili scambi commerciali con il nuovo ambasciatore che sembrerebbe mostrare un nuovo approccio.

Il rapporto economico tra Italia e Arabia Saudita 

L’export italiano verso il Regno Saudita ha registrato una crescita che si è mantenuta persistente fino al 2015 (4 mln di euro nel 2012; 4.5 nel 2013; 4.8 nel 2014; 5.1 nel 2015).

Nel 2016 le nostre esportazioni sono diminuite del 18%, per un valore economico di quasi 4,2 milioni di euro.

Il Made in Italy resta sempre forte e le richieste da clienti sauditi non mancano, è dunque necessario approfittare del vento di novità e delle opportunità che accompagneranno l’ascesa del principe ereditario, specialmente per quanto riguarda le competenze che l’Italia può offrire nel settore dei servizi, con particolare riguardo alle attività di formazione professionale e finanziarie.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Morvarid Mahmoodabadi,

redazione@exportiamo.it

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