Le manifestazioni fieristiche sono uno strumento essenziale per le PMI che guardano con interesse ai mercati esteri. In questo articolo approfondiamo lo stato del sistema fieristico italiano cercando di evidenziare quali potrebbero essere le principali riforme che, se implementate, ne aumentarebbero l’efficienza.

Per completare con successo un processo di internazionalizzazione bisogna esser capaci, fra le altre cose, di svolgere efficacemente una serie di attività di networking. Lo strumento più utile a realizzare tale scopo è rappresentato senza dubbio dalle fiere internazionali, manifestazioni ideali per ampliare la propria rete commerciale di contatti.

Prima di analizzare quali siano le riforme necessarie per rendere questo strumento sempre più efficace per le nostre PMI tracciamo però un breve quadro del sistema fieristico italiano partendo da un dato numerico: nel 2017 si sono svolte si svolgeranno 955 manifestazioni di cui 400 regionali, 266 nazionali, 200 internazionali ed 89 organizzate all’estero.

L’insieme di questi eventi è in grado di generare affari per 60 miliardi euro (si calcolano gli affari conclusi esclusivamente nel corso delle manifestazioni fieristiche) vale a dire – miliardo più miliardo meno – il valore di due leggi di bilancio.

Fra le fiere internazionali spiccano quelle del settore tessile (17%) seguite da quelle dedicate a sport, intrattenimento ed arte (11%) mentre “pesano” per il 9% sul totale le manifestazioni dedicate a tre diversi comparti d’eccellenza del nostro Made in Italy: gioielli, agroalimentare ed hospitality e meccanica.

Per avere un’idea dell’enorme capacità delle fiere di agevolare il matching fra imprese e buyer è sufficiente evidenziare che sono ben 13 milioni i visitatori annui delle manifestazioni internazionali che si svolgono in Italia, di cui il 10% proviene dall’estero.

Come è noto l’export è una delle componenti più dinamiche dell’economia italiana e contribuisce, in un periodo non di certo florido per il Belpaese, a dare “respiro” al nostro sistema produttivo. In questo senso vi è una diffusa consapevolezza dell’importanza delle fiere in Italia tanto che, secondo l’AEFI, oltre il 75% delle imprese della Penisola le considera uno strumento fondamentale per il proprio sviluppo.

Questa consapevolezza ha ottime ragioni d’esistere poiché si calcola che circa il 50% delle esportazioni italiane – che ricordiamolo nel 2016 si sono attestate su un valore record pari a 417 miliardi di euro – sia generato da contatti originati dalla partecipazione a manifestazioni fieristiche.

Stiamo quindi parlando di un valore generato annuo superiore ai 200 miliardi di euro e per questa ragione anche le istituzioni, negli ultimi anni, si sono decise a fare la loro parte.

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Come sottolinea il Presidente dell’ICE Scannavini “c’è stato un deciso cambio di marcia a partire dal 2015 quando è stato messo in campo il ‘Piano straordinario per il Made in Italy’ che ha messo a disposizione degli enti fieristici italiani importanti risorse economiche (80 milioni di euro, ndr).

I risultati sono stati positivi ma oggi sarebbe necessario proseguire nel processo riformatore perseguendo tre importanti linee guida:

- Rinforzamento di tutte le attività collaterali all’evento fieristico;

- Integrazione fra diversi sistemi fieristici con la consapevolezza che più si è grandi più si acquista rilevanza e prestigio a livello globale;

- Ottimizzazione nell’uso di tecnologie digitali e social network, strumenti che sono perfettamente in grado di “far vivere” la fiera 365 giorni all’anno, aggregando community e diffondendo contenuti.

Detto ciò sarebbe ingeneroso non ricordare che il sistema fieristico italiano gode già di una più che discreta salute, essendo il 4° sistema fieristico a livello globale ed il secondo a livello europeo (dopo la Germania). Il concetto su cui bisogna continuare ad insistere come sistema Paese è un altro ed è ben riassunto dalle parole di Ettore Riello, Presidente di Aefi, secondo il quale “le fiere sono un pezzo importante della politica industriale di questo Paese e le nostre istituzioni non devono assolutamente dimenticarlo”.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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