Il G7 di Taormina si è rivelato un completo fallimento in tema di commercio internazionale (e non solo) ed ora la politica dell’American First di Trump spaventa il Made in Italy che, da un rallentamento commerciale con gli USA, avrebbe molto da perdere.

“I tempi in cui potevamo fare pienamente affidamento sugli altri sono passati da un bel pezzo, questo ho capito negli ultimi giorni”. Questa dichiarazione, rilasciata da Angela Merkel a margine del G7 di Taormina (26-27 maggio 2017), compendia molto bene l’andamento dell’incontro fra i massimi rappresentanti delle 7 economie più avanzate al mondo.

Fra Europa e Stati Uniti non c’è stata una fragorosa rottura ma poco ci è mancato e così, all’indomani dell’atteso vertice, Vecchio Continente e Nuovo Mondo si scoprono distanti e disuniti come non mai.

A dir la verità era difficile aspettarsi qualcosa di diverso: la profonda divaricazione fra le posizioni di Trump e quelle dei principali leader UE su una serie di temi (clima, commercio e migranti) era nota da tempo e forse neanche i più inguaribili ottimisti potevano pronosticare che il meeting potesse essere il teatro di un clamoroso riavvicinamento fra due le due “anime” della civiltà occidentale.

Il 43esimo G7 dunque - oltre ad evidenziare il totale disinteresse di Trump nei confronti del fenomeno migratorio che riguarda da vicinissimo il nostro Paese - ha anche certificato la volontà di Trump di “tirare dritto” anche sugli altri due temi più caldi: clima e commercio internazionale.

Se, per quel che riguarda le politiche ambientali il tycoon sembra pronto ad annunciare l’uscita degli USA dai protocolli di Parigi, in tema di commercio internazionale Trump appare deciso a far valere la dottrina protezionista dell’American First, circostanza che potrebbe danneggiare (e non poco) le economie UE.

“Noi europei dobbiamo veramente prendere il destino nelle nostre mani”, le dichiarazioni della Merkel costringono l’Europa a prendere atto che i tempi in cui si poteva contare sull’alleato a stelle e strisce sono ormai lontani e che è quindi bene che l’Unione impari a camminare con le proprie gambe.

Angela non apprezza Donald ed il sentimento appare reciproco tanto che, secondo alcune ricostruzioni, il quasi 71enne Presidente americano avrebbe addirittura definito i tedeschi “pessimi” con particolare riferimento all’invasione dei prodotti made in Germany negli States, stimata in circa 114 miliardi di euro nel 2016.

Tutto ciò secondo Trump è “tremendo” e per questo sarà il Presidente in prima persona ad impegnarsi per “fermare questa storia”.

I rischi per il Made in Italy

La Germania però non è l’unica che ha da temere da una stretta americana sull’import di prodotti stranieri ma, fra i Paesi che potrebbero risentire di più dell’attuazione di politiche di stampo protezionistico, c’è anche l’Italia.

Oggi il mercato USA è il terzo mercato di sbocco per l’export Made in Italy (45 miliardi di euro nel 2016) che, negli ultimi 6 anni, è cresciuto di quasi il 60% in dollari correnti.

Anche per questo uno stop, anche parziale, all’ingresso di prodotti italiani negli USA potrebbe produrre un contraccolpo tutt’altro che trascurabile per la già fragile economia della Penisola.

Trump però sembrerebbe avere nel mirino proprio Germania e Italia, gli unici Paesi a non aver incrementato gli ordini di beni statunitensi in seguito alla grande recessione e che per di più realizzano, con Washington, surplus commerciali assai consistenti.

Il vertice di Taormina ha inoltre confermato che la guerra commerciale che potrebbe scatenarsi fra UE ed USA non riguarda però la Gran Bretagna con la quale Trump è interessato a ristabilire e rinsaldare una special relationship.

Significativo infatti che, proprio poco prima che iniziasse il dibattito sul tema del commercio internazionale, Trump e May abbiamo trovato il tempo per un incontro face to face in cui sembra abbiano gettato le basi per la conclusione di un accordo bilaterale che faciliti il business fra Londra e Washington. Con buona pace del multilateralismo e di tutti gli altri partecipanti al vertice.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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