La manifestazione, considerata una vetrina imperdibile per i vini italiani ed esteri, si è rivelata l’ennesimo successo annunciato. L’edizione 2017 di Vinitaly è stata caratterizzata da un marcato focus sul business con l’estero, anche grazie alla crescente presenza di operatori internazionali qualificati.
Un sapore, se possibile, sempre più internazionale.
Questa è la sensazione dominante che la 51esima edizione di Vinitaly, svoltasi a Verona fra il 9 ed il 12 aprile, ha trasmesso agli operatori del settore e ai “semplici” amanti del vino che vi hanno preso parte.
Quella che è considerata la fiera più importante al mondo del settore ha in effetti avuto luogo in un’ambiente ancora più internazionale rispetto al passato e, a confermarlo, ci sono alcuni i numeri a cominciare dai 5mila nuovi buyer esteri che hanno raggiunto il capoluogo veneto partendo da praticamente ogni parte del mondo ed in particolare da USA, Cina, Giappone, Hong Kong, Australia, Canada, Europa continentale e Russia.
L’internazionalità della manifestazione, divenuta una vera e propria istituzione nell’ambito degli eventi promozionali inerenti al Made in Italy, è poi confermata da un altro dato: essa è infatti la fiera più importante al mondo (con focus sul vino) per numero di operatori esteri presenti con più di 30mila top buyer partecipanti, in aumento (+8%) rispetto ai 28mila registrati nel 2016.
Vinitaly è ovviamente anche sinonimo di business come testimoniano i circa 5000 incontri B2B fra le aziende espositrici (4.270) e gli operatori esteri interessati ai prodotti vitivinicoli italiani che si sono realizzati nella quattro giorni veronese.
Ma la spiccata internazionalità di questa edizione si evidenzia anche per il crescente numero di espositori esteri, cresciuti addirittura del 74% rispetto allo scorso anno, i quali hanno probabilmente colto l’importanza di una vetrina come il Vinitaly per venire in contatto non solo con operatori italiani ma anche con soggetti provenienti da ogni parte del mondo.
In questo senso - oltre alla conferma di diverse cantine di grandi Paesi come USA, Russia, Francia, Spagna, Australia e Sudafrica - quest’anno, per la prima volta, hanno partecipato anche espositori di Andorra, Kosovo e Giappone, quest’ultimo presentatosi con cinque aziende produttrici di sake.
Non solo degustazioni ma anche workshop, convegni settoriali e Focus Paese si sono alternati in un’agenda fittissima di iniziative e spunti.
Tutto questo interesse nei confronti del comparto è ampiamente giustificato dal fatto che, anche nel 2016, esso si è rivelato uno dei fiori all’occhiello del Belpaese, primo produttore al mondo con 50 milioni di ettolitri, seguito da Francia (43 milioni) e Spagna (42 milioni).
In effetti se si considera che la produzione mondiale di vino è stimata in 261 milioni di litri annui ci si rende conto che l’Italia oggi detiene oltre il 19% del mercato vitivinicolo globale.
Guarda il nostro video: https://youtu.be/HfvadCO4RIk
Nel corso della manifestazione è inoltre emerso che fra i Paesi target su cui le aziende del settore concentreranno maggiormente l’attenzione nell’anno in corso vi sono senza dubbio USA e Cina, due mercati molto diversi fra loro ma egualmente ricchi di opportunità.
Gli Usa sono il primo importatore mondiale di vino ed il mercato estero che assorbe in assoluto la quota più importante di vino italiano: 1,62 miliardi di euro annui, cifra che corrisponde al 29% sul totale del vino acquistato dagli USA sui mercati internazionali.
La Cina invece rappresenta un mercato in piena evoluzione capace di assorbire, nel 2016, una quantità più limitata (rispetto agli States) ma crescente di vino italiano (+33% in valore rispetto al 2015) stimata in 120 milioni di euro.
A confermare che per Pechino il mercato del Belpaese costituisca un punto di riferimento a livello europeo si segnala la partecipazione al Vinitaly di alcuni colossi commerciali come Alibaba, 1919, Cofco, Winehoo e Suning.
Sul fatto che l’internazionalizzazione sia un elemento su cui continuare a lavorare eliminando il più possibile le barriere commerciali globali si era soffermato, lo scorso anno, anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, intervenuto alla cerimonia inaugurale della manifestazione, aveva dichiarato che il vino italiano “col suo successo nell’export, conferma come il destino dell’Italia sia legato al superamento delle frontiere e non al loro ripristino”.
Frase che oggi suona come una premonizione rispetto alle evoluzioni che si sono manifestate negli ultimi mesi su alcuni importanti mercati a livello di politiche commerciali con la rinascita di tendenze di stampo protezionistico.
In conclusione non è tempo per abbassare la guardia specialmente perché, se si leggono nel dettaglio i pur positivi numeri relativi all’export (+4,3% nel 2016), essi possono essere interpretati anche come un piccolo campanello d’allarme ed in effetti prendendo in considerazione solamente i vini fermi si nota una flessione, su base annua, delle vendite all’estero ribaltata in territorio positivo solo dall’incremento a doppia cifra messo a segno dal Prosecco.
Un dato che non è il caso di drammatizzare ma sul quale è utile e necessario operare una riflessione.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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