L’Islam costituisce attualmente la religione più diffusa nel mondo per numero di fedeli: in totale sono 1,6 miliardi i musulmani sparsi per il globo di cui 1 miliardo vive in Asia mentre solo 60 milioni risiedono nel “Vecchio Continente”. In altre parole il 20% della popolazione mondiale è di religione islamica e, come si può ben immaginare, questa importante fetta di popolazione alimenta un consistente mercato agroalimentare stimato in 2300 miliardi di dollari.

I musulmani in Europa hanno una propensione al consumo di generi alimentari maggiore rispetto alle popolazioni comunitarie (che sono in prevalenza di fede cristiana) e per questa ragione il mercato halal assume anche qui una rilevanza da non sottovalutare.

Cos’è “halal”?

Halal in arabo significa “lecito” e la certificazione Halal attesta che i prodotti, nei settori agroalimentare, cosmetico, sanitario, farmaceutico, finanziario e assicurativo, siano conformi alla dottrina islamica. Si tratta dunque di una certificazione di qualità, di filiera e di prodotto.

La certificazione “halal”

Nel settore alimentare, la certificazione “halal” garantisce che i cibi, oltre a essere conformi alle normative italiane ed europee in tema di igiene e sicurezza, siano preparati secondo le regole della sharia. Per esempio la carne, esclusa quella di maiale che è proibita, va macellata secondo un preciso rituale e le bevande non devono contenere alcol.

La certificazione halal, dapprima obbligatoria solo per l’export di carne e derivati in tutti i Paesi OIC (Organizzazione della cooperazione islamica), oggi, è applicabile a quasi tutte le categorie merceologiche oggetto di scambi commerciali con i 57 paesi a prevalenza musulmana.

Anche il futuro sembra parlare sempre più “halal” perché si prevede che l’Islam diventerà la più grande religione nel mondo entro il 2070, anno in cui si stima che sarà musulmano anche il 10% della popolazione europea.

Attualmente il mercato globale Halal è registrato in crescita di 500 miliardi di dollari l’anno mentre in Europa con il food halal vale circa 70 miliardi.

La Francia si conferma al primo posto fra i Paesi europei per ampiezza del mercato di halal, anche perché all’interno dei suoi confini vivono quasi 7 milioni musulmani. In Italia i consumatori sono 4 milioni e da solo il settore fattura 13 miliardi di euro: 8 miliardi provengono dall’esportazione e 5 miliardi dal mercato interno.

Le categorie di prodotto più interessate nei processi di certificazione halal sono le seguenti:

• Carni e prodotti base carne;
• Pasticceria e gelateria;
• Prodotti del grano;
• Seconde lavorazioni frutta e verdura;
• Piatti pronti;
• Enzimi/additivi;
• Lattiero-caseari;
• Bevande;
• Grassi e oli.

Ma i prodotti “Halal” sono apprezzati anche da non musulmani come dimostrato, ad esempio, da Francia e Regno Unito, dove il 36% dei consumatori non è musulmano.

La certificazione del halal food è dunque uno strumento importante al servizio dell’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano anche in chiave europea e quindi più accessibile per lo storico e radicato tessuto delle PMI nazionali.

In Italia il mercato dei prodotti alimentari halal è ancora ridotto e riesce a coprire una domanda inferiore al 10% del totale ed i margini di sviluppo sono dunque enormi.

Infine si ricordano, sulla base di un disciplinare emesso dal Comitato Etico di Certificazione halal della CO.RE.IS (DTP HLL 02) e di procedure standard omologate dalla stessa, che le aziende italiane certificate dalla società halal Italia vengono valutate in base ai seguenti requisiti:

Assenza di sostanze non conformi: materie prime, ingredienti, additivi, conservanti, coloranti, aromi, coadiuvanti tecnologici, inclusi tutti gli additivi nascosti non dichiarati in etichetta o nella scheda prodotto ma che entrano in contatto con il prodotto o i suoi ingredienti;

Non contaminazione: le sostanze “Halal” non devono venire a contatto con sostanze “Haram” e per evitare contaminazioni o contaminazioni incrociate, è necessario separare le linee produttive nel tempo e/o nello spazio;

Separazione delle linee produttive: strumenti, utensili, macchinari e linee produttive usate per alimenti “Haram” non dovrebbero essere usati per alimenti “Halal”. Laddove ciò non sia possibile, è necessario predisporre adeguata sanificazione prima di procedere alla produzione “Halal”;

Tracciabilità: l’identificazione dei prodotti, delle materie prime, degli ingredienti e dei semilavorati in azienda, così come delle aree e delle linee ad essi adibite, deve essere adeguata, con l’uso di cartelli appositi e/o etichette; mentre la tracciabilità delle produzioni “Halal” deve essere garantita in azienda e fuori azienda;

Etichettatura e logo Halal: applicazione del marchio registrato di proprietà della CO.RE.IS;

Sistema qualità: nel sistema qualità aziendale devono essere inserite procedure interne relative alla certificazione e alla produzione “Halal”;

Formazione: rivolta periodicamente a tutto il personale direttamente interessato.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Morvarid Mahmoodabadi, redazione@exportiamo.it

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