Si è scritto e parlato molto del linguaggio giuridico di common law e, mentre in passato l’interesse della questione poteva sembrare accademico o settoriale e dunque legato ad ambiti in cui i modelli giuridici di matrice anglo-americana erano prevalenti (trasporto marittimo, assicurazioni, commercio di commodities), oggi invece la prevalenza e l’invasività di modelli e schemi contrattuali redatti sulla falsariga di prototipi anglofoni è riconosciuta su larga scala a seconda degli ambienti e dei contesti.

Effettuando una ricerca (anche sbrigativa) tramite motori di ricerca come Google si può facilmente “incappare” in contratti (o modelli contrattuali) redatti in inglese.

Superato il tempo in cui l’italiano cedeva in prestito, alle altre lingue, parole della musica, delle arti, del cibo, della moda e tramontata la predominanza del francese nella diplomazia, nell’eleganza degli ambienti, dei profumi e del “savoir vivre”, la supremazia linguistica è dunque passata nel controllo dell’inglese.

La prevalenza dell’inglese nelle relazioni internazionali è anche legata ad una particolarità di questa lingua. Da un lato essa presenta difficoltà di scrittura specialmente per la inadeguatezza dell’alfabeto latino adattato a esprimere una quantità superiore di suoni, soprattutto vocali e dittonghi, propri delle lingue germaniche dalle quali l’inglese discende.

Dall’altro il maggior appeal della lingua inglese risiede nella semplicità con cui si esprime il plurale, nel fatto che non si declinano i sostantivi e gli aggettivi e nella fluidità delle coniugazioni verbali (i verbi irregolari sono relativamente pochi). Inoltre l’inglese dimostra una elevata capacità di assorbire ed adottare termini stranieri, il che lo rende estremamente ricco e duttile.

Comunque la lingua inglese pone, in generale, problemi di traduzione (già ampiamente indagati) anche per la grande contaminazione con lingue latine: non solo perché l’inglese colto o ufficiale abbonda di parole latine ma anche perché esso adatta anche molti termini di derivazione francese. I termini importati sono spesso adattati a realtà diverse, con frequenti mutazioni di significato e slittamenti dal livello colto a quello corrente.

L’evoluzione autonoma del diritto delle corti regie in Inghilterra, in modo indipendente da quanto avveniva nel continente europeo, ha generato una grande quantità di concetti intraducibili: non perché manchi nelle lingue neolatine il termine, ma perché manca addirittura l’equivalente istituzione.

L’inglese nei contratti

Esiste una produzione nutrita di materiali volti a rendere la lettura e l’utilizzo di contratti redatti in lingua inglese più agevole evitando i peggiori fraintendimenti e le più ovvie trappole verbali che insidiano l’uso di espressioni estranee, spesso aggrovigliate.

Non è un caso che tanti contributi pubblicati sul tema esibiscano nel titolo la parola “trappola”, imboscata, precipizio (o sinonimi).

Gli ausili linguistici disponibili che possono fornire un valido supporto si possono classificare in varie categorie. Da un lato troviamo dizionari dell’inglese (e americano) giuridico: alcuni redatti per i lettori anglofoni, altri per gli stranieri e quindi più ricchi di spiegazioni.

Accanto a queste fonti tradizionali possiamo consultare oggi una vasta serie di siti web dove cercare aiuto nel decifrare espressioni enigmatiche della terminologia di common law: naturalmente in questo caso occorre procedere con la solita cautela che impone di accertare l’affidabilità del sito, risalendo alla “homepage” e verificando l’origine dei materiali pubblicati on-line.

Esistono anche pagine in cui traduttori alle prese con espressioni enigmatiche si consultano a vicenda per tentare di trovare la formula più appropriata a rendere il significato nel contesto specifico.

Talvolta gli scambi di opinione possono essere utili anche a chi non abbia esigenze immediate di traduzione.

In secondo luogo troviamo, sul mercato librario, raccolte di testi contrattuali di uso corrente: spesso il materiale collezionato è accompagnato da commenti, suggerimenti e riflessioni.

Un aiuto può venire al lettore italiano anche da compilazioni in altre lingue neo-latine, particolarmente dal francese: dal momento che condividiamo con la Francia una tradizione di discendenza romanistica e affrontiamo difficoltà analoghe nel decifrare documenti giuridici anglofoni. Ovviamente l’aiuto deve essere usato con cautela dal momento che anche tra francese e italiano esistono incongruenze nel campo giuridico.

In conclusione va dunque sottolineato che oggi sono disponibili una molteplicità di strumenti di supporto “fai da te” per chi si trovi a dover fare i conti con problemi di traduzione/interpretazione dell’inglese giuridico ma certamente la soluzione più sicura rimane affidarsi ai servizi offerti da un esperto in materia.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Valeria Gambino, redazione@exportiamo.it

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