Il TTIP, il super accordo commerciale tra Stati Uniti ed Unione Europea è tornato d’attualità. Avevamo già parlato della possibilità di un fallimento definitivo dei negoziati, qualche tempo fa, quando il Ministro francese al Commercio estero, Matthias Fekl, aveva perentoriamente affermato che: “Non c’è alcuna possibilità che si chiuda la partita prima della fine dell’amministrazione Obama, data l’inconciliabilità delle posizioni delle parti”.

In effetti la dura campagna elettorale per l’elezione del nuovo Presidente americano, la recente vittoria del Leave, nel referendum sulla Brexit e le parole del nostro Ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, (“Secondo me il TTIP salta – aveva detto – perché siamo arrivati troppo lunghi sulla negoziazione”) avevano fatto presagire che i negoziati erano perlomeno ad un punto morto.

Se è vero che (come affermava Agatha Christie) tre indizi fanno una prova, la conferma ai sospetti l’ha fornita il Ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, che intervistato dalla ZDF ha suonato il de profundis: “non ci sarà più alcun passo avanti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente”. Aggiungendo, qualora servisse maggior chiarezza, che: “I negoziati con gli Stati Uniti sono effettivamente falliti perché come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane”.

Non tutti, però, concordano sulla chiusura definitiva dei negoziati: molti osservatori internazionali, infatti, sospettano che le trattative siano solo state congelate a tempo indeterminato. Questo perché, ormai, sia gli Stati Uniti che la Francia e la Germania sono molto vicini a nuove elezioni e quindi in questo momento nessun governo gode di una leadership abbastanza forte da poter chiudere un accordo di tale portata.

Inoltre, dopo la decisione degli inglesi di abbandonare l’Unione Europea (decisione che non pare così convinta dato che il nuovo esecutivo di Theresa May sta facendo di tutto per guadagnare tempo prima di avviare ufficialmente la procedura per il leave), un accordo di libero scambio della portata del TTIP sembra fondamentale per la ripresa dell’economia globale che se dovesse tornare a chiudersi in se stessa rischierebbe il collasso definitivo visto lo stato di debolezza in cui versa dopo tanti anni di crisi.
Dulcis in fundo, come fa notare Calenda: “È vero che alcuni Stati membri non perdono occasione per fare dichiarazioni critiche ma nessuno ha ritirato il mandato alla Commissione”.

Secondo il nostro Ministro per lo Sviluppo Economico, il raggiungimento di un accordo commerciale con standard elevati con gli Stati Uniti è fondamentale per l’export italiano.
“In alcuni Paesi” ha dichiarato in una recente intervista al Corriere della Sera, “il rifiuto della globalizzazione si è tradotto nel rifiuto del Ttip. Mentre invece l’accordo tra Unione Europea e Stati Uniti è un antidoto alla globalizzazione così come l’abbiamo vissuta fino ad oggi, perché crea la più grande area di libero scambio nel mondo con standard elevati, che diventano automaticamente globali. È il modo in cui l’Occidente può riprendere in mano il timone della globalizzazione”.

Una cosa è certa: i nuovi governi che verranno eletti negli Stati Uniti ed in Europa si troveranno ad affrontare una questione spinosa e dovranno fare sforzi enormi per far cambiare idea alle rispettive opinioni pubbliche. La ferma opposizione al TTIP si fonda, infatti, su temi quali la possibile perdita di enormi quantità di posti di lavoro, la tutela dell’ambiente e la paura degli OGM, tutti argomenti difficile da smentire data la poca trasparenza che aleggia intorno ai negoziati (giunti, ormai al 14esimo round) e l’impossibilità di rappresentare concretamente gli effetti economici dell’accordo.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Francesco Bromo, redazione@exportiamo.it

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