La Polonia si estende su una superficie non di molto inferiore a quella della Germania (pari a 312.685 km²) ed è il nono Paese per dimensione a livello comunitario. Gode di una posizione geografica favorevole che la collega facilmente con mercati importanti come Germania e Russia oltre ad avere un accesso privilegiato ad altri mercati come Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Ucraina, Bielorussia, Lituania.
Gli scambi commerciali di Varsavia sono agevolati dal fatto che essa è localizzata proprio nel cuore dell’Europa, quasi a metà strada tra est, ovest, nord e sud del “Vecchio Continente” avendo dunque l’enorme vantaggio di poter accedere molto rapidamente a quasi la totalità dei mercati comunitari.
Il mercato interno, popolato da oltre 38 milioni di abitanti è caratterizzato da consumatori giovani con un’età media che si aggira intorno ai 35 anni. Il capitale umano a disposizione del Paese, oltre ad essere abbondante (ci sono circa 24 milioni di polacchi in età produttiva), è altresì di ottimo livello qualitativo grazie anche al fatto che più di 20 milioni di giovani sono in grado di parlare fluentemente almeno una lingua straniera. Il mercato polacco pare non conoscere crisi e vive ormai da diversi anni una fase di forte sviluppo che lo proietta di diritto tra i più promettenti Paesi europei in cui avviare attività di business.
Quando nel 2004 Varsavia decise di effettuare il proprio ingresso all’interno dell’Unione Europea, la Polonia era caratterizzata da una crescita economica moderata ma non era ancora in grado di rispettare i parametri fissati da Maastricht e, pertanto, non poteva adottare l’Euro. Oggi i tempi sono cambiati ed il mercato polacco, vanta un’economia piuttosto solida, diversificata, votata all’export ma non particolarmente dipendente dall’estero grazie agli ottimi livelli dei consumi interni. Il tema dell’adozione della moneta unica continua a rimanere uno dei più dibattuti a livello politico ma per il momento il Paese continua ad adottare lo Złoty polacco (1 Euro è pari a circa 4.26 PLN).
Le elezioni politiche tenutesi ad ottobre 2015 hanno segnato uno spartiacque importante per il Paese perché i cittadini polacchi hanno sorprendentemente scelto di passare da un governo a vocazione europeista ad un governo euroscettico. Al progetto di stampo occidentale e liberaldemocratico portato avanti dal premier uscente Ewa Kopacz gli elettori polacchi hanno preferito un progetto opposto, di tipo conservatore-nazionalista e fortemente critico nei confronti dell’Europa. Il progetto ha un unico artefice che risponde al nome di Jaroslaw Kaczynski, Presidente del partito di destra Diritto e Giustizia, uscito vittorioso dalle ultime elezioni politiche. Kaczynski, con un’abile mossa di marketing politico ha indicato il nome di Beata Maria Szydło come candidato premier intuendo che una sua candidatura in prima persona sarebbe risultata troppo divisiva. Il risultato è stato un trionfo ottenuto anche grazie ai toni moderati che la Szydlo ha tenuto in campagna elettorale ma che si sono resi più aggressivi già nelle settimane immediatamente successive alla formazione del nuovo governo.
Oggi in effetti il governo polacco ha adottato un atteggiamento di aperta sfida sia nei confronti dell’informazione sia nei confronti della Corte Costituzionale che, nei progetti di Kaczynski, dovrebbe essere derubricata ad un organo controllato e manovrato dal leader del principale partito di governo, sottoponendo di fatto il potere giudiziario ai voleri dell’esecutivo.
Ma all’interno di una compagine politica che presenta degli elementi di indubbio populismo e che parla alla “pancia” del Paese sono recentemente emerse anche delle proposte che appaiono ispirate a criteri di buonsenso. Il governo ha in effetti lanciato un corposo un piano di Sviluppo Sostenibile che inciderà in misura importante sul futuro del Paese essendo stato pensato su un orizzonte temporale di cinque anni (fino al 2020).
Il piano si fonda su cinque punti cardine: la reindustrializzazione, il sostegno all’innovazione, gli investimenti, l’espansione all’estero e lo sviluppo sociale e regionale. Fondamentalmente la strategia del governo polacco si fonda sul rafforzamento del tessuto produttivo statale tanto all’interno dei confini nazionali quanto sui mercati esteri, incrementando dunque la competitività e l’appeal dei prodotti Made in Poland in giro per il mondo. Uno degli elementi più interessanti facenti parte del piano è il sostegno all’innovazione che l’esecutivo polacco appare intenzionato a fornire attraverso una serie di misure che garantiscano:
- maggiori investimenti e finanziamenti all’innovazione;
- maggiore collaborazione tra ricerca scientifica e mondo delle imprese;
- agevolazioni fiscali alle aziende innovative.
In molti sostengono che questo piano arrivi proprio nel momento giusto perché i principali fattori che hanno fin qui spinto e sostenuto l’economia polacca - fra cui basso costo del lavoro e l’ampio ricorso ai fondi strutturali europei - sembrano aver esaurito la loro fase espansiva e, per continuare nel percorso di crescita tracciato nell’ultimo decennio (media di poco inferiore al +4% annuo), c’è la necessità di rintracciare nuove fonti di sviluppo che stimolino nuovi investimenti.
Gli obiettivi del piano sono molto ambiziosi, fra questi:
- incremento degli investimenti fino al 25% del PIL;
- crescita della spesa per ricerca e sviluppo fino al 2% del PIL;
- potenziamento del tessuto imprenditoriale in particolare attraverso incremento del numero delle medie e grandi imprese fino a oltre 22 mila;
- maggiore crescita della produzione industriale rispetto alla crescita del PIL;
- crescita del PIL pro capite polacco fino ad arrivare al 79% della media UE.
Nel complesso il piano dovrebbe mobilitare un numero enorme di risorse pari a circa 230 miliardi di euro ovvero circa 46 miliardi ogni anno.
OPPORTUNITA’ DI INVESTIMENTO
I settori verso cui indirizzare investimenti sono rappresentati in particolare da:
- Energie rinnovabili: la principale fonte di energia del Paese rimane il carbone fossile mentre resta molto bassa la quota d’energia prodotta da fonti rinnovabili. Dal momento che le direttive europee impongono alla Polonia di arrivare almeno al 15,5% di produzione energetica da fonti alternative entro il 2020, in questo settore si schiuderanno opportunità assai interessanti. A fornire un grande contributo in primo luogo sarà la nuova legge in materia che riguarda principalmente due tematiche: la rivendita dell’energia alla rete e i meccanismi di incentivazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Le disposizioni relative alla rivendita dell’energia con la conseguente introduzione del cosiddetto sistema delle aste sono entrate in vigore il 1°maggio 2015, mentre quelle riguardanti i meccanismi di incentivazione entreranno in vigore nel corso del 2016. Secondo le stime degli esperti, con l’introduzione della nuova legge, il numero di micro impianti in Polonia dovrebbe aumentare fino a 200 mila, con una crescita annuale di circa 50 mila unità;
- Aeronautico ed aerospaziale: la Polonia può vantare un’esperienza di lunga data nel settore dell’aviazione tanto che la componentistica del settore viene esportata in tutto il mondo (Usa, Canada, Germania, etc..). Nel comparto sono attive più di 120 imprese (quasi tutte localizzate nel sud-est del Paese) ed esse fatturano circa 800 milioni di euro. Il settore è ritenuto uno dei più innovativi dell’economia polacca, soprattutto grazie ai fondi destinati al settore R&D, alla cooperazione con i più importanti centri di ricerca, alla partecipazione in progetti internazionali ed al capitale umano di elevata qualità;
- Biotecnologie: il Paese si classifica nella top 10 a livello globale per capacità d’attrazione degli investimenti esteri nel settore delle biotecnologie grazie alla ampia disponibilità di ricercatori altamente qualificati.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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