La Serbia è un Paese che gode di una posizione geografica favorevole confinando con i principali mercati dell’Est Europeo (Ungheria, Romania, Bulgaria, Macedonia, Kosovo, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina e Croazia) ed intrattenendo anche intense relazioni commerciali con Paesi come Italia e Germania.
Lo Stato è considerato strategico per il “Vecchio Continente” principalmente per due ragioni:
- per il ruolo che esso può giocare nel preservare la sicurezza e la stabilità dell’intera regione balcanica;
- per i rapporti che Belgrado intrattiene con Mosca e che potrebbero aiutare a distendere quelli fra UE e Russia.
Il Presidente del Partito Progressista Serbo, Aleksandar Vučić, è il perno attorno al quale ruota la vita politica del Paese essendo stato rieletto nell’aprile 2016 con il 67% dei voti. La vittoria e la riconferma del giovane leader serbo (in carica dal 2014) sono il risultato dell’ampio consenso popolare cresciuto grazie alle politiche fin qui adottate ed alle riforme promesse per il prossimo futuro.
Il leader progressista si trova di fronte a grandi sfide, soprattutto in campo economico e parte dell’operazione riformatrice dovrebbe essere finanziata con una sensibile riduzione della spesa pubblica per stipendi (dal 10% al 7% della spesa pubblica totale) e pensioni (dal 13,1% all’11%) da implementare entro il 2020.
QUADRO ECONOMICO
Le stime di crescita dell’Economist Intelligence Unit rimangono abbastanza positive e prevedono una ripresa che andrà via via consolidandosi nel prossimo biennio registrando un incremento del 2,5% nel 2016 per poi salire fino al 3,5% nel 2017.
Le altre riforme in cantiere riguardano, l’amministrazione pubblica, la sanità, l’educazione e l’opera di privatizzazione di gran parte delle imprese ancora soggette al controllo statale.
Per attrarre un sempre crescente numero di investitori il governo sta inoltre mettendo a punto anche degli interventi sulla normativa del lavoro, sulle costruzioni e sul sistema giudiziario. Gli investimenti esteri effettivamente rivestono un ruolo importante nelle dinamiche economiche del Paese e l’esecutivo dimostra interesse ad attrarne un numero sempre maggiore attraverso l’implementazione di una politica di incentivi economici e fiscali. Fra le agevolazioni più interessanti segnaliamo:
• l’esenzione decennale dall’imposta sugli utili societari per investimenti che siano superiori ai 7 milioni di euro o che comportino l’impiego di almeno 100 nuovi dipendenti;
• un credito di imposta fino all’80% del totale dell’investimento effettuato;
• le esenzioni da dazi doganali per attrezzature e materiali importati;
• specifiche misure di sostegno a chi costruisce nuove fabbriche.
Anche la Banca Mondiale nel suo ultimo rapporto “Doing Business” ha riconosciuto i miglioramenti della Serbia, capace di scalare ben 9 posizioni nello speciale ranking, passando dal 68° al 59° posto fra i Paesi maggiormente attrattivi dove sviluppare un’attività imprenditoriale.
Nell’ultimo anno sono inoltre stati introdotti ulteriori incentivi per favorire la crescita di aree depresse e la creazione di nuova occupazione perché, nonostante il Paese disponga di una manodopera molto qualificata (in particolare a livello scientifico e tecnico), la disoccupazione rimane ferma ad un tasso estremamente elevato (19,3%). Il basso costo del lavoro è comunque tra i punti di forza del Paese e contribuisce a renderlo particolarmente appetibile in una strategia d’impresa basata sull’internazionalizzazione produttiva (ad esempio la media delle retribuzioni mensili nel comparto manifatturiero è di circa 380 euro pari a 45mila dinari serbi.
Ben avviato è anche il processo di liberalizzazione del commercio internazionale non solo nei confronti della UE ma anche verso altri partner strategici fra cui Turchia, Bielorussia, Kazakhstan e soprattutto Russia che si sviluppa attraverso accordi di libero scambio per l’esportazione di prodotti senza dazi doganali.
Altri temi molto importanti riguardano l’ingresso della Serbia nell’UE e la delicata situazione in Kosovo, vicende che sono strettamente interconnesse. Infatti, sebbene nel mese di gennaio 2014 siano state avviate le trattative per l’adesione della Serbia all’Ue, Belgrado continua a non riconoscere l’indipendenza di Pristina. Anche per questo motivo appare al momento difficile un’imminente svolta nel processo di adesione alla comunità.
Inoltre la comunità internazionale, pur riconoscendo gli sforzi fin qui compiuti, continua a fare precise richieste a Belgrado e tra le questioni sul tavolo (oltre alla sopracitata normalizzazione dei rapporti con il Kosovo) ci sono anche altri temi fondamentali fra cui: la lotta alla corruzione e al crimine organizzato, una maggiore salvaguardia della libertà d’espressione, delle minoranze e della libertà di informazione.
OPPORTUNITA’ PER LE IMPRESE ITALIANE
Posando lo sguardo sulle opportunità commerciali presenti in Serbia si rilevano alcuni specifici settori sui quali sarebbe certamente conveniente investire anche per le imprese italiane. In particolare:
- Energia: in Serbia il settore energetico risulta essere estremamente dinamico ed è considerato dirimente per lo sviluppo economico dell’industria nazionale. In questo settore operano già diversi gruppi italiani e recentemente la Serbia ha ratificato l’accordo di collaborazione energetica con l’Italia che porterà alla costruzione di alcune centrali idroelettriche.
- Automotive: la presenza in Serbia della fabbrica Fiat di Kragujevac, dove viene prodotto il modello 500L, crea un importante spazio di opportunità per tutti gli operatori del settore.
- Infrastrutture: da segnalare anche le numerose opportunità nel settore infrastrutturale che dovrebbe ulteriormente svilupparsi con la costruzione del Corridoio paneuropeo, una delle dieci vie di comunicazione dell’Europa centro-orientale che collega Serbia, Austria, Slovenia, Croazia, Repubblica di Macedonia e Grecia.
- Costruzioni: il mercato delle costruzioni è finalmente entrato in una fase di espansione soprattutto per via della recente approvazione di: una moderna legge sulle licenze edilizie, la completa informatizzazione del processo di rilascio delle licenze e di una normativa inerente la conversione dei diritti dei terreni.
- Tessile: il settore tessile serbo ha una lunga tradizione nell’export sui mercati internazionali con un tessuto produttivo caratterizzato dalla presenza di numerose PMI. Il comparto ha guadagnato appeal agli occhi degli investitori esteri con l’entrata in vigore dell’accordo commerciale interinale con l’Unione europea e dell’accordo di libero scambio con la Turchia che hanno di fatto spalancato ai prodotti Made in Serbia le porte di un mercato da quasi 800 milioni di consumatori.
Infine segnaliamo che l’interscambio commerciale Serbia-Italia (oggi vicino ai 4 miliardi di euro) è già piuttosto consistente e che fra i prodotti del Made in Italy maggiormente venduti sul territorio serbo troviamo:
- ricambi ed accessori per autoveicoli;
- articoli in pelle;
- prodotti chimici
- macchinari ed apparecchiature;
- prodotti in metallo;
- oggetti in plastica.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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