Fiumi d’inchiostro sono già stati spesi dal referendum del 23 giugno per spiegare le complesse conseguenze che porterà l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Meno è stato detto su cosa gli Stati Membri potranno fare concretamente per evitare queste conseguenze.

Una delle prospettive ventilate dal governo è la costruzione di alcune “no tax areas” finalizzate ad attrarre investimenti esteri. Si, perché molte imprese che oggi hanno sede nella City, si ritroveranno a dover spostare il proprio quartier generale in un’altra capitale europea. E benché si possa facilmente prevedere che molte imprese migreranno verso l’Olanda o altri paesi più convenienti dal punto di vista di fiscale, il governo Renzi non vuole richiare di rimanere indietro nella futura corsa ad attrarre capitali esteri.

Le città più gettonate sembrano essere Milano e Napoli, rispettivamente nella zona che fino allo scorso anno ha ospitato l’Expo, e a Bagnoli, area attraverso cui il governo Renzi vorrebbe riuscire finalmente a riqualificare il capoluogo partenopeo.

Ma Debora Serracchiani chiede spazio anche per la sua Regione, il Friuli Venezia Giulia, con una lettera al presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, dove propone Trieste come “sede di un porto franco che rappresenta un autentico unicum nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario” attraverso la creazione di un’area caratterizzata da 2 regimi: “massima libertà di accesso e transito e l’extradoganalità”

In ogni caso si tratta di un’idea ancora molto embrionale, che si dovrà discutere a livello europeo, dove sembra ancora presto per parlare di allontanamento dal rigore dell’austerity, sprattutto con una Cancelliera che finora ha predicato rigore, anche se oggi sembra mostrare un atteggiamento leggermente più flessibile in politica economica.

Certo è che il premier Matteo Renzi dovrà passare il test del referendum costituzionale che lo attende a ottobre se non vorrà perdere l’occasione di puntare i piedi su questo tema, proprio ora che sembrano esserci alcuni spiragli di flessibilità nelle sale di comando dell’Unione.

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