“Dopo aver scalato una grande montagna scoprirai che ce n’è un’altra ancora da scalare”, questa frase di Nelson Mandela – senza dubbio il personaggio politico più importante della storia del Sudafrica – ha un sapore particolare se si pensa alla situazione attuale e al grande cambiamento che il Paese è già stato capace di compiere ponendo fine alla terribile epoca dell’apartheid, rimasta in vigore fino al 1994.

Oggi il Sudafrica è certamente un Paese migliore e diverso ma, pur rimanendo l’attore di riferimento più importante di tutto il “Continente Nero” insieme alla Nigeria, è ancora lontano dal potersi definire uno Stato sviluppato a tutti gli effetti.

Le conquiste in termini di diritti umani del “Rainbow Country” infatti non sono state sufficienti a far svoltare il Paese anche da un punto di vista economico e lo spettro della stagnazione adesso aleggia con insistenza su Johannesburg e dintorni.

Il Paese infatti ha frenato sensibilmente i propri ritmi di crescita nell’ultimo triennio (2013: +2,2%; 2014: +1,5%; 2015: +1,3%) e gli aggiornamenti economici di inizio luglio diffusi dal FMI hanno abbassato le previsioni di crescita per l’anno in corso da +0,6 a +0,1%.

Se i calcoli del FMI si rivelassero corretti a fine anno il Paese si ritroverebbe a toccare, dal punto di vista della crescita economica, il punto più basso dai tempi della grande crisi finanziaria del 2008. Tuttavia permane ancora una certa speranza per il futuro perché, sempre secondo il FMI, il trend economico della repubblica africana dovrebbe migliorare nel 2017 (+1,1%) per poi consolidarsi nel 2018 (+2-2,5%).

Insomma la “Nazione Arcobaleno” pare aver frenato il suo processo di sviluppo e questo lo si nota anche leggendo la cifra del PIL pro capite (a parità di potere d’acquisto) diffusa dalla CIA, rimasta immutata a 13.200 dollari nell’arco degli ultimi tre anni. Anche il tasso di disoccupazione è in ascesa (25,9%) e ben 5 milioni di sudafricani su un totale di 53 si ritrovano oggi senza lavoro.

Per rilanciare il Paese sarebbe necessaria una programmazione seria e credibile anche se questa eventualità non sembra essere di semplice realizzazione dal momento che l’Anc (African National Congress) del Presidente Zuma - il più importante partito politico sudafricano, fondato nell’epoca della lotta all’apartheid che governa il Paese da 22 anni - sembra essersi trasformato in un enorme comitato d’affari.

“Una volta ho discusso con un tizio il quale sosteneva che il Paese viene prima. Per quanto ne possa capire, gli ho risposto che l’Anc viene prima”, questa frase pronunciata da Zuma riassume perfettamente il livello attuale della politica sudafricana.

Il Presidente fra l’altro è stato anche recentemente condannato dalla Corte Costituzionale sudafricana per aver utilizzato una consistente somma di denaro pubblico per rinnovare indebitamente la sua dimora di campagna. Zuma, sebbene si sia pubblicamente impegnato a ripagare il suo debito, non sembra avere alcuna intenzione di dimettersi.

Ad una classe politica inadeguata si sommano poi tutta una serie di altri problemi fra cui la forte svalutazione del RAND, il crollo dei prezzi delle commodities di cui il Sudafrica è ricco, l’avvento della peggiore siccità del secolo e la brusca frenata della domanda di beni dalla Cina che rappresenta il primo partner economico del Paese in termini di interscambio commerciale.

Nonostante tutto però il Paese offre una serie di opportunità commerciali in alcuni specifici settori fra cui tessile, green economy, food processing, oil&gas e sviluppo infrastrutturale (autostrade, strutture mediche, hotel e appartamenti) in una cornice legale che protegge le compagnie straniere.

Le istituzioni del Paese si muovono nella direzione di favorire gli investimenti di capitale straniero che coinvolgano processi di trasferimento di tecnologia. Inoltre il Sudafrica rappresenta un hub che offre grandissimi vantaggi per chi ha intenzione di stabilire relazioni commerciali con tutti i Paesi facenti parte l’area sub-sahariana.

Per l’Italia in particolare vi sono dei grossi margini di collaborazione con quello che è unanimemente definito il Paese più sviluppato, moderno e civilizzato del “Continente Nero” anche se già oggi si vendono poco meno di 2 miliardi di euro di prodotti del Made in Italy (dati 2015), con un incremento di oltre il 40% nell’ultimo quinquennio.

I prodotti italiani si fanno apprezzare soprattutto nel settore della meccanica, delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, degli autoveicoli ed altri mezzi di trasporto e nel comparto alimentare. Inoltre nel Paese si rileva una presenza crescente di aziende nostrane che sono riuscite, in particolare, ad aggiudicarsi molti appalti nel settore energetico (Building Energy, EGP nella terza, Terni Energia ed Enertronica).

Il mercato sudafricano dunque, nonostante alcune criticità, rappresenta uno sbocco interessante per le nostre produzioni anche perché l’economia italiana e sudafricana sono complementari e non entrano in competizione praticamente in nessun settore. La buona notizia è dunque che la cultura, il saper fare, il gusto e la cucina del Made in Italy mantengono un forte appeal anche nell’ex colonia britannica.

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Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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