La Via della Seta è pronta a riprendere il suo antico ruolo di rotta commerciale principale tra Europa ed Asia grazie al progetto One Road One Belt ideato da Pechino ed annunciato nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping.
L’idea è quella di connettere la regione euroasiatica attraverso due nuovi corridoi commerciali, uno marittimo (Maritime Silk Road) e l’altro terrestre (Silk Road Economic Belt), con l’obiettivo di incrementare gli scambi e fornire quindi alla Repubblica Popolare Cinese un mercato più ampio verso cui esportare i propri prodotti derivati dall’industria manifatturiera e da dove importare materie prime.
L’economia cinese ha infatti registrato un rallentamento con la crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) pari al 7,4 per cento lo scorso anno, valore più basso fin dagli inizi degli anni ’90. Con la flessione del mercato cinese interno, Pechino ha quindi individuato nelle politiche economiche interne incentrate sugli investimenti e nella Nuova Via della Seta la strategia ottimale per rivitalizzare l’economia nazionale e per arrestare un possibile declino economico.
Nel 2020 la Cina investirà fino al 2 per cento del PIL in ricerca e sviluppo, soprattutto nel settore della tecnologia avanzata per rispondere alle necessità dettate dalla Quarta Rivoluzione Industriale, ed incrementerà l’urbanizzazione con l’obiettivo di portare le città ad ospitare circa il 60 per cento della popolazione totale. Nel settore dell’industria delle costruzioni particolare attenzione verrà data all’edilizia moderna ed ecocompatibile per abbattere le emissioni di gas del 18 per cento ed innalzare i livelli energetici attuali.
Il progetto One Belt One Road rappresenterà invece l’obiettivo di Pechino in materia di politiche economiche estere e di geopolitica con l’incoraggiamento da parte del governo cinese nei confronti delle imprese statali e le istituzioni finanziare ad investire in infrastrutture e costruzione all’estero. A livello commerciale le stime di Pechino prevedono di raggiungere nei prossimi dieci anni scambi pari a 2,5 mila miliardi di dollari annui.
Oltre alla valenza economica, la Nuova Via della Seta avrà un significato geopolitico per la Cina che potrà in questo modo rafforzare i rapporti con i Paesi europei, quelli dell’Asia Centrale, diminuendo quindi l’influenza russa e statunitense, e quelli della regione ASEAN le cui stime future la identificano come la quarta economia a livello mondiale. Rapporti e relazioni commerciali con Paesi che fanno parte di una area geografica comprendente il 70 per cento della popolazione mondiale, circa il 55 per cento del PIL globale e ben il 75 per cento delle riserve energetiche.
Parlando proprio di energia, la Cina potrà beneficiare dalla Nuova Via della Seta grazie ai nuovi progetti di realizzazione di gasdotti in Asia Centrale ed alle nuove piattaforme marittime in Asia meridionale che avranno una influenza positiva sulle economie locali e, soprattutto, a livello finanziario permetteranno al renminbi di emergere come riserva monetaria alternativa.
L’Europa rientra tra i target principali della Cina per quanto riguarda questo progetto e la propria politica economica: la rotta terrestre congiungerà il mercato cinese a quello dell’Unione Europea passando per l’Asia Centrale e la Turchia, mentre quella marittima congiungerà il Celeste Impero con il Vecchio Continente attraverso l’Oceano Indiano e l’Africa.
L’Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia Li Ruiyu, durante la conferenza che si è tenuta lo scorso maggio a Trieste sulle opportunità della piccola e media imprenditoria nel quadro della Nuova Via della Seta, ha dichiarato che il progetto One Belt One Road ideato dal governo cinese offre grandi opportunità sia per la cooperazione tra Italia e Cina che per la cooperazione cinese con il sud-est Europa.
Le relazioni italo-cinesi, definite da Ruiyu eccellenti e caratterizzate dagli investimenti cinesi in Italia pari a 8 miliardi, possono rappresentare in ottica commerciale un’opportunità per le aziende italiane: la Cina con le sue risorse finanziare e capacità produttiva e l’Italia con la sua esperienza nel mondo del design e manifatturiero potranno operare congiuntamente all’interno dei paesi europei orientali che necessitano di una modernizzazione ed incremento di infrastrutture produttive.
Attualmente la Nuova Via della Seta ha iniziato a dare i primi frutti collegando un porto europeo importante come quello di Rotterdam con la Cina e la Germania attraverso la rotta terrestre con l’Asia. L’Italia potrebbe sfruttare la strategia One Belt One Road per migliorare il proprio settore portuale divenendo un hub degli scambi commerciali tra Europa e Cina collegando Venezia, Trieste e Ravenna: il progetto ideato dalla North Adriatic Port Association (NAPA) è quello di realizzare un sistema portuale offshore/onshore al largo del porto di Venezia che consenta l’attracco alle grandi navi da carico e che sfrutti cinque terminali portuali (Marghera, Ravenna, Trieste, Capodistria e Fiume) collegando l’Italia con l’Estremo Oriente e percorrendo la rotta Shanghai-Nord Adriatico di circa 2000 miglia.
Un progetto ambizioso da 2,2 miliardi di euro (di cui 948 milioni provenienti da fondi pubblici e 1,25 miliardi da fondi privati) che mira a rendere l’Italia ed i porti del Mar Adriatico punto di collegamento fondamentale per la Cina surclassando Anversa, Rotterdam ed il Pireo.
Oltre al settore logistico e portuale le imprese italiane potranno vedere aumentato il loro interscambio commerciale con la Cina direttamente e con i paesi interessati dalla Nuova Via della Seta indirettamente, tra cui spiccano quelli centro asiatici come Kazakhstan e Turkmenistan rientrati anche all’interno della politica di sicurezza energetica di Bruxelles.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Giuliano Bifolchi, redazione@exportiamo.it
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