Da una recente consultazione online realizzata lo scorso anno dal Mipaaf è emerso come per la maggioranza dei consumatori italiani, oltre il 96% degli intervistati, sia rilevante la leggibilità e la chiarezza dell’etichetta e come per l’84% sia determinante conoscere il luogo in cui è avvenuto il processo di trasformazione dei prodotti acquistati.

“Gli italiani – spiega il Ministero – vogliono conoscere sempre l’origine delle materie prime in particolare su alcuni prodotti come le carni fresche e il latte fresco (95%), i prodotti lattiero-caseari (90%), la frutta e verdura fresca (88%), le carni trasformate e in scatola (87%) o il riso (81%)”.

La questione della tracciabilità alimentare, come si evince da quest’ultimi dati, è materia delicata e argomento di discussione sia a livello nazionale che europeo.
E’ recente, infatti, lo sforzo dell’Italia tramite la Coldiretti per impostare una strategia associativa insieme alla Francia in modo da modificare e rendere più trasparente l’etichettatura d’origine dei prodotti alimentari.

La questione dell’etichettatura e della tracciabilità degli alimenti, inoltre, stimola le imprese produttrici a puntare sulla qualità del prodotto per meglio orientare i consumatori nelle loro decisioni d’acquisto che possono così in tal modo monitorare l’intero processo della filiera alimentare, dalla produzione alla distribuzione.

Ma cosa si intende per tracciabilità?

Secondo il Regolamento CE n. 178/2002, in vigore dal 1 gennaio 2005, la tracciabilità è definita come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare
a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”.

La definizione di stampo europeo assegna, quindi, una rilevanza preponderante al tema della logistica assegnandole un ruolo di primo piano nel garantire una efficace, precisa ed efficiente supply chain dell’intera filiera e, infatti, continua la norma “è disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime”.

Il controllo della qualità, dunque, interviene in tutte le fasi produttive dando luogo ad una vera e propria tracciabilità dei prodotti attraverso verifiche di conformità nelle misure e caratteristiche della confezione.

Tracciando un quadro di riferimento generale, possiamo indicare diversi elementi strettamente connessi al tema della tracciabilità alimentare:

a) i parametri igienici e sanitari imposti dalle normative di settore;
b) le crescenti richieste di sicurezza alimentare da parte del consumatore;
c) l’esigenza di apportare continue innovazioni ai prodotti affinché le imprese si mantengano competitive sul mercato.

I produttori per rispondere a queste sollecitazioni esterne devono essere in grado di comunicare adeguatamente le informazioni sulla merce lungo tutta la catena alimentare, ponendo attenzione allo stesso tempo alla tracciabilità del prodotto (track) e alla rintracciabilità dello stesso (trace) ovvero la capacità di ritrovare la traccia o l’insieme delle tracce.

E la rintracciabilità è uno degli obiettivi fondamentali del Regolamento europeo appena analizzato che consente così di individuare l’elenco degli acquirenti facilitando in tal modo il ritiro della merce in caso di rischi per la salute umana o per l’ambiente.

Per quanto riguarda il profilo dell’operatività, la tracciabilità può essere documentata in forma cartacea o informatica:

1) quella cartacea consiste nell’organizzare in maniera coerente le informazioni relative al processo produttivo attraverso l’utilizzo di documenti tradizionali;
2) le procedure informatiche, si avvalgono invece di software specifici elaborati per adattarsi al processo produttivo.

La seconda tipologia di procedura risulta essere più idonea a realizzare un efficace scambio di dati e se organizzata attraverso metodi innovativi di etichettatura consente di tracciare la storia di ogni signola confezione di prodotto.

L’attenzione alla tracciabilità alimentare risulta essere altamente strategica per ogni signola azienda che attraverso l’indicazione sui propri prodotti di certificati di filiera può conseguire il massimo livello di qualità possibile ottenendo così un vantaggio competitivo da far valere verso la propria clientela.

Concludendo è bene che la normativa alla base di una corretta tracciabilità dei prodotti indichi una procedura snella di raccolta delle informazioni in modo da non creare confusione nella mente dei consumatori e allo stesso tempo consenta, grazie all’uso di moderne tecniche di etichettatura, una maggiore consapevolezza del ruolo crescente della logistica all’interno della filiera produttiva.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Annarita Summo, redazione@exportiamo.it

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