“Per la prima volta, dopo tanto tempo, riscontro un interesse concreto dell’Italia nei confronti dell’America Latina. Questa gradita attenzione si è resa evidente nella recente visita della delegazione italiana (23-28 ottobre 2015, ndr) guidata dal premier italiano Renzi e dal vice-ministro Calenda”.

Luis Fernando Ayala Gonzalez - Ambasciatore della Repubblica del Cile in Italia ospite d’eccezione presso la sede di Lazio Innova in occasione del convegno sul Sistema Paese cileno e le opportunità di collaborazione dello scorso 21 marzo a Roma - ha così sintetizzato il momento attuale nelle relazione tra il nostro Paese, il Cile e più in generale tutto il continente latinoamericano.

Lo stesso premier Renzi, in occasione della conferenza stampa congiunta tenuta con la Presidente cilena Michelle Bachelet, era stato molto chiaro nel ribadire l’importanza della cooperazione bilaterale tra Italia e Cile:

“La storia da sola non basta, c’è bisogno di costruire il presente e il futuro. Ed è questo che ci unisce, prima ancora che gli accordi commerciali o la valutazione su storie e amicizie dei nostri predecessori. Ci unisce l’idea che Italia e Cile insieme abbiano un ruolo nel mondo che cambia”.

Andando oltre l’impennata nei graditi attestati di stima reciproci, per realizzare un reale riavvicinamento fra i due Paesi, Italia e Cile sembrano avere tutta l’intenzione di portare a casa risultati tangibili e - in materia di accordi commerciali - qualche passo in avanti è già stato compiuto.

Di particolare rilevanza è stata la firma di un accordo per l’eliminazione della doppia imposizione fiscale (in attesa della ratifica finale) siglato dal Ministro delle Finanze cileno Rodrigo Valdes e dall’ambasciatore italiano Marco Ricci proprio in occasione della tappa cilena della missione in Sud America.

Inoltre fra Italia e Cile è stata raggiunta un’intesa anche in altri due settori fondamentali come la cooperazione bancaria e l’energia: i presupposti per un rilancio delle relazioni commerciali fra i due Paesi appaiono dunque assolutamente solidi.

Il Cile oggi rappresenta una realtà totalmente diversa rispetto a quella che ha subito - fino alle libere elezioni del 1989 - la dittatura del generale Augusto Pinochet il quale, con il forte sostegno del governo americano, aprì la strada all’implementazione di politiche neoliberiste basate sul laissez-faire, sul libero mercato e sul conservatorismo fiscale e per questo inequivocabilmente contrapposte al sogno democratico di autonomia e socialismo di Salvador Allende.

Oggi il Paese può vantare il maggior numero di accordi commerciali di libero scambio in tutto il mondo (25) che coinvolgono ben 64 economie e rappresentano circa il 64% della popolazione e l’87% del PIL a livello mondiale.

Il PIL pro capite cileno (22.000 dollari) è il più alto di tutto il continente, la disoccupazione è bassa (5,8%) ed i 17,2 milioni di abitanti del Paese hanno generato ricchezza per 260 miliardi di dollari nel 2015.

Nel 2015 l’economia cilena è cresciuta del 2,1%, il Paese ha registrato un saldo commerciale praticamente prossimo all’equilibrio - 63,4 miliardi di dollari di export e 63 miliardi di import - ed il debito si attesta su livelli davvero bassi sia in termini assoluti (circa 30 miliardi di dollari) che in rapporto al PIL (inferiore al 12%).

Il Paese, per spingere ulteriormente il piede sull’acceleratore dello sviluppo economico, potrebbe dunque concedersi il lusso di indebitarsi ma la classe dirigente che governa il Cile appare responsabile o - dipende dai punti di vista - eccessivamente prudente per promuovere politiche espansive finanziate in deficit.

I dati economici fin qui elencati, anche se estremamente positivi, non devono però trarre in inganno perché il Cile deve ancora essere considerato un Paese in via di sviluppo che, nonostante abbia già dimostrato di esser capace di fare enormi progressi, ha di fronte a sé ancora un lungo cammino da percorrere.

L’attrattività del Cile per gli investitori internazionali è incrementata da una serie di altri fattori individuabili principalmente nei vantaggi offerti da:

Sistema bancario molto sviluppato e solido, in gran parte privato (ad eccezione del BancoEstado) e che conta su una partecipazione importante di banche straniere;

Basso tasso di rischio (inferiore a Giappone, Regno Unito e Francia);

Basso tasso di corruzione (23° su 174 nazioni).

Il commercio con l’estero appare assai diversificato con le principali aree a livello globale: 40,8% con l’Asia, 20,1% con il Nord America, 17,5% interno al Sud America e 16,3% con l’Europa.

I prodotti provenienti da Santiago e dintorni rappresentano, in molti casi vere e proprie eccellenze ed il Cile si classifica come primo esportatore mondiale di: mirtilli, ciliegie ed uva fresca, catodi di rame, iodio, carbonato di litio, cellulosa di conifere e nitrato di potassio.

Al secondo ed al terzo posto troviamo una serie di altri prodotti fra cui noci, nocciole, prugne fresche , fragole congelate e mosto d’uva.

L’export cileno comunque si divide essenzialmente in cinque classi produttive: prodotti delle miniere, agroindustria, pesca, industria forestale e servizi.

Per la conformazione del tessuto imprenditoriale, il Cile presenta degli elementi di somiglianza - seppur con le dovute distinzioni - con il nostro Paese rappresentando la realtà con la più alta concentrazione di PMI esportatrici nel continente.

É evidente come le quasi 4.000 piccole e medie imprese esportatrici cilene non possano essere paragonate alle 120.000 italiane che vendono sui mercati esteri (su un totale vicino alle 200.000 unità) ma, come ha sottolineato l’Ambasciatore Ayala:

“Le PMI cilene hanno moltissimo da imparare dalle PMI italiane e questa è una ragione in più affinché la conoscenza commerciale fra i due Paesi venga approfondita”.

L’occasione è ghiotta, i tempi sono maturi e le relazioni istituzionali appaiono ottime, adesso per le imprese italiane interessate sembra proprio arrivato il momento giusto per passare dalle parole ai fatti.

Intervista a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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