Le voci fuori dal coro sono sempre le più interessanti a maggior ragione nello scenario economico mondiale attuale che - dopo cinque anni di ripresa deludente in tutte le principali economie - invita a pensare al peggio.
Innanzitutto è necessario andare oltre la congiuntura, uscire dall’ottica di breve periodo che domina la politica come l’economia per non correre il rischio di perdere di vista gli stessi obiettivi, come spesso accade, ciò che serve è dunque un check up dell’economia globale e ben venga quindi la pubblicazione del Briefing del Peterson Institute for International Economics che vuole essere chiaro negli intenti fin dal titolo: “Reality check for the global economy”.
Un ritorno alla realtà senza lasciarsi condizionare dal pessimismo imperante ed è per questo motivo che un gruppo di studiosi del PIIE – coordinati dal Presidente Adam S. Posen e dall’economista Olivier Blanchard, Capo Economista del Fondo Monetario Internazionale - si è impegnato a fornire una verifica della realtà dell’economia globale.
La riflessione parte dalla constatazione delle dinamiche macroeconomiche in atto e delle capacità della politica nel gestire il momento storico attuale che - in tutta onestà - non vede brillare la stella dell’analisi economica tradizionale così come non riconosce credibilità alle classi dirigenti modiali.
Approfondendo l’analisi a largo spettro sulla realtà, emerge innanzitutto come l’opinione pubblica oggi sia mossa da un pessimismo di fondo - animato dal sentiment di investitori e commentatori - che va ben oltre il livello giustificato dalla realtà.
I diversi contributi si concentrano su realtà e dinamiche che condizionano l’andamento globale dell’economia, senza lasciarsi condizionare dalle emozioni del momento e dal pessimismo che prende facilmente il sopravvento.
Posen nel suo contributo - il punto di partenza - si concentra sulle ragioni che spingono verso un’analisi “reale” dell’oggi, arrivando alla conclusione che la capacità di previsione relativa dei mercati finanziari rispetto all’economia reale è sovrastimata e il pessimismo eccessivo, dettato dai mercati finanziari, è dunque da considerare un dato emozionale e non reale.
David Stockton si concentra sull’economia americana e - di fronte la paura di una nuova recessione – risponde al dubbio fugandolo perché anche se la ripresa ha un passo più lento rispetto ad altri esempi del passato, l’economia statunitense tuttavia cresce ormai da sei anni è riuscita a dimezzare il tasso di disoccupazione, a generare nuove innovazioni e veri e propri salti tecnologici a partire dalla “shale revolution” che sta rendendo gli Stati Uniti autosufficienti sul piano energetico (oltre ad aver scatenato la corsa al ribasso sul prezzo del barile, per renderla antieconomica). La recessione negli Stati Uniti è oggi dunque poco probabile e lo stesso declino del prezzo del petrolio – come segnalano nel contributo successivo Blanchard e Acalin - è destinato a dare un nuovo impulso alla ripresa.
Nicholas Lardy si concentra sulla crescita economica cinese e la sua stima va ben al di sopra di quelle attuali guidate dalla paura individuandone anche la sostenibilità nel medio periodo essendo legata ai servizi.
Nicolas Véron concentrando la sua analisi sul sistema bancario europeo scagiona l’Italia dal ruolo di catalizzatore della catastrofe, affermando come sia eccessivo dire che la debolezza delle nostre banche sia una bomba a orologeria per l’intera Eurozona.
Tutto è in continuo mutamento, basta guardare al Brasile - sempre più nel caos come la cronaca informa in questi giorni - ma anche l’intero continente latino americano dovrà essere capace di emanciparsi dal ciclo delle materie prime.
Il commercio internazionale, come spiega nel suo saggio Caroline Freund, va verso una nuova fase di crescita (più lenta ma costante) riflettendo un aggiustamento di medio periodo dopo la fase dirompente della globalizzazione che ha cambiato l’intera catena di montaggio mondiale.
In sostanza si tratta di un invito alla lungimiranza e di gettare uno sguardo oltre la congiuntura per concentrarsi sull’analisi e su una visione di prospettiva, proprio mentre i mercati finanziari - già inclini al piccolo cabotaggio nella visione - durante la crisi hanno accentuato la loro miopia e le loro paranoie.
In conclusione come segnalato dagli stessi autori, la chiarezza nel distinguere tra prospettive economiche reali e le ombre gettate dalla finanza, sarà sempre fondamentale per evitare una recessione non necessaria, non auspicabile e, secondo la pubblicazione del Peterson Institute, neanche così probabile.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it
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