La ricerca di un equilibrio tra il fabbisogno energetico e l’esigenza di salvaguardare clima ed ambiente, rappresenta la sfida più importante del nostro tempo e soprattutto non è più derogabile.

Lo scorso 12 dicembre a Parigi la XXI^ Conferenza delle Parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) si è conclusa con la firma di un accordo da parte di tutti i delegati dei Paesi partecipanti che, anche se in chiaroscuro, ha una portata epocale.

Con 22 piattaforme off-shore sulle 106 presenti sul territorio nazionale, Ravenna rappresenta il più importante distretto energetico in Italia, un territorio che deve confrontarsi con la sfida della transizione energetica del dopo COP 21 e proprio su questi temi si è concentrata quest’anno la Renewable Energy Mediterranean Conference&Exhibition (REM 2016) il 9 e 10 marzo 2016 al Grand Hotel Mattei della città romagnola, con l’alto patrocinio dei Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico.

Aprendo i lavori della conferenza del Mediterraneo dedicata alle energie rinnovabili, Innocenzo Titone, Presidente di REM, è partito proprio dal territorio e da Ravenna:

“Occorre investire sulla valorizzazione delle risorse nazionali - in particolare del gas naturale, di cui l’Italia, e soprattutto Ravenna, è ricca - e su un distretto energetico, che da oltre 50 anni si distingue per la capacità di innovazione e tecnologia. È la dimostrazione non solo della compatibilità fra Oil&Gas, turismo, pesca e agricoltura, ma anche della possibile integrazione fra diverse fonti. Nei prossimi decenni avremmo ancora bisogno delle fonti fossili per questo bisogna orientarsi verso quelle a più basse emissione di CO2 come il gas metano”.

La manifestazione che si alterna ogni due anni con l’Offshore Mediterranean Conference & Exhibition (OMC) - ovvero la più importante vetrina internazionale del Mediterraneo dell’Oil&Gas - in questo 2016 ha visto gli interventi di aziende ed associazioni, con la presentazione di circa 40 papers nelle 8 sessioni di lavoro che hanno animato le due giornate.

REM e OMC legittimano la candidatura di Ravenna a diventare capitale dell’energia tra fonti fossili e fonti rinnovabili proprio perché vuole e deve diventare un modello per la transizione verso un futuro energetico a basse emissioni oltre che il simbolo dell’importanza delle azioni messe in campo dall’Italia per rispondere ai nuovi indirizzi europei in campo energetico, proprio perché come ribadito dal Vice Ministro allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova:

“L’Italia vanta ottime credenziali per guidare il gruppo delle Nazioni impegnate nella sfida contro i cambiamenti climatici. Il nostro Paese, infatti, rappresenta livelli di eccellenza nello sviluppo di soluzioni per il riciclo dei prodotti delle lavorazioni da parte di aziende italiane ed è inoltre all’avanguardia nel settore dell’efficienza energetica. Questo significa che l’Italia può giocare un ruolo da protagonista nel contesto dell’economia circolare al fine di porre al centro la sostenibilità del sistema e il costante riutilizzo delle materie”.

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Un ruolo fondamentale naturalmente è quello svolto invece dagli enti locali come nel caso della Regione Emilia Romagna che sta ultimando, infatti, la preparazione del nuovo Piano Energetico Regionale, incentrato sull’idea della transizione verso una low carbon economy e su un approccio di tipo integrato che prova a rendere concreta e reale la prospettiva di un’economia circolare.

Significativi da questo punto di vista sono stati i contributi arrivati dal mondo accademico (Università Politecnica delle Marche, di Messina, Politecnico di Milano e Torino, Nus Singapore) focalizzando l’attenzione sul riutilizzo dei prodotti per minimizzare le emissioni attraverso la capacità di progettare soluzioni tecnologiche ad alta efficienza, recuperando competenze ed infrastrutture già esistenti.

L’Italia storicamente è leader nello sviluppo di tecnologie all’avanguardia che, nei decenni, hanno consentito la crescita di intere filiere produttive.

Secondo i dati di Confindustria Energia, la filiera tecnologica legata al settore energetico in Italia vale infatti più di 130 miliardi di euro e, nello specifico, quella legata al settore della produzione Oil&Gas vale circa 22 miliardi di euro all’anno per oltre il 90% destinati all’export.

Rinunciare all’industria italiana dell’energia significherebbe quindi delocalizzare la produzione di energia in Paesi esteri, con un conseguente impoverimento tecnologico e l’appesantimento della nostra bilancia dei pagamenti.

La sfida per Governi ed industria energetica è comune, essendo chiamati oggi ad una grande sfida: soddisfare la domanda crescente di energia abbattendo le emissioni di CO2.

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In primo luogo per sostenere lo sviluppo economico dei Paesi emergenti e soddisfare i bisogni di una popolazione mondiale che si stima arriverà a 9 miliardi di persone nel 2050, la domanda mondiale di energia è destinata a crescere nei prossimi decenni, mentre il cambiamento climatico in atto impone una riduzione drastica delle emissioni di CO2 per raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura entro 2° C.

Per raggiungere questi obiettivi - raggiungibili solo operando in sintonia tra tutti gli attori coinvolti - servono soluzioni tecnologiche di ultima generazione, capaci di garantire un uso più responsabile e sostenibile dell’energia.

Dipanare la complessità dei processi decisionali in tema di energia e clima rende necessaria la capacità di adottare un approccio multidisciplinare, capace di garantire una forte condivisione e collaborazione tra i diversi livelli politici e mondo accademico, scientifico e industriale.

Nella sfida al cambiamento climatico appare fondamentale infatti lo stesso contributo dei grandi player dell’Oil&Gas con know-how e capacità innovative di eccellenza da condividere che nel tempo hanno dimostrato come sia possibile valorizzare le risorse nazionali nel pieno rispetto di ambiente e sicurezza sul lavoro.

Sullo sfondo, naturalmente, la prossima consultazione referendaria, quando per la prima volta nella storia della Repubblica, il prossimo 17 aprile, gli elettori italiani saranno chiamati a votare a un referendum richiesto dalle regioni (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise), invece che – come di solito avviene – tramite una raccolta di firme.

La consultazione chiederà agli italiani di decidere sul divieto del rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti entro le 12 miglia dalla costa italiana. L’esito del referendum sarà valido solo se andranno a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto.

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La consultazione riguarda 21 concessioni entro il limite delle 12 miglia (1 in Veneto, 2 in Emilia-Romagna, 1 nelle Marche, 3 in Puglia, 5 in Calabria, 2 in Basilicata e 7 in Sicilia) e vuole modificare l’impianto normativo attuale che prevede che le concessioni abbiano una durata iniziale di trent’anni, prorogabile una prima volta per altri dieci, una seconda volta per cinque e una terza volta per altri cinque. Al termine della concessione invece le aziende possono chiedere di prorogare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

Se dovessero vincere i Sì, gli impianti delle 21 concessioni dovranno chiudere entro i prossimi 5-10 anni, mentre quelli con concessioni più recenti dovrebbero chiudere tra circa vent’anni.

Concludendo i lavori, sempre il presidente Titone ha sottolineato – con velato ma chiaro riferimento alla prossima consultazione - come:

“Non è utile contrapporre fonti fossili e fonti rinnovabili. Ognuna svolge un proprio ruolo nel soddisfacimento del fabbisogno energetico. Rinunciare alla produzione nazionale di gas naturale in Italia porterebbe un danno incalcolabile all’occupazione e all’economia e in particolare al distretto offshore dell’Adriatico dell’Emilia-Romagna, il più importante d’Italia, senza produrre alcun beneficio per l’ambiente”

e invitato ad una riflessione più attenta sul ruolo del gas nel contenimento delle emissioni ricordando come:

“Il gas è la fonte che più ha contribuito al contenimento della crescita delle emissioni in Italia e nel mondo negli ultimi 10 anni e che anche nei prossimi decenni aiuterà di più nel limitare la crescita delle emissioni climalteranti”.

Nel nostro Paese si estraggono 11,7 milioni di tonnellate tra petrolio e gas e ben 4,7 arrivano dall’off-shore. L’Italia ha già il primato in Europa per sostenibilità energetica e il riconoscimento dell’eccellenza della nostra industria per la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti al top a livello globale per innovazione e sicurezza.

La ricerca di un equilibrio tra industria, energia e ambiente è il “vello d’oro” ma andrà trovato insieme alla capacità di isolare giudizi sommari, “somari” o manichei - nell’interesse delle diverse lobby - che troppo spesso su questo tema prevalgono.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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