Il vino “Made in Italy” mostra il suo abito migliore e con l’avvicinarsi della 50^ edizione di Vinitaly - la più importante manifestazione vinicola italiana che aprirà i battenti il prossimo 10 aprile a Verona – la riflessione si concentra sull’evoluzione del comparto negli ultimi decenni.
A partire dal 1986 il vino italiano - a causa dello scandalo mortale del metanolo - ha avviato un profondo mutamento in termini di consapevolezza delle proprie potenzialità e ha posto le basi per ripartire e andare oltre puntando sulla qualità e non più sulla quantità, così la produzione attuale è di 47,4 milioni di ettolitri contro i 76,8 milioni di ettolitri del tempo.
Un mutamento profondo in termini produttivi tutti a vantaggio della qualità che ha portato i nostri vini a conquistare i mercati internazionali.
Negli ultimi trent’anni, l’export ha fatto un balzo in avanti mostruoso con una crescita del 575% e nel 2015 ha raggiunto un valore record di 5,4 miliardi di euro, una cifra ragguardevole se pensiamo che nel 1986 il comparto generava un valore di soli 800 milioni.
La costante crescita della qualità è testimoniata dal numero di etichette certificate che assegna all’Italia il primato europeo.
In totale si contano, infatti, 73 Docg, 332 Doc e 118 Igt ovvero i due terzi delle bottiglie prodotte rispetto al 10% del 1986. A ciò si aggiunge il fatto che, l’aver ottenuto un riconoscimento della qualità, ha reso maggiormente attrattive le zone di produzione dal punto di vista dell’enoturismo, portando 3 milioni di persone a esplorare regioni, cantine e ristoranti all’insegna del buon bere e del buon mangiare.
Non solo, ma anche altri fattori hanno contribuito a risollevare il comparto come l’aumento delle superfici vitate convertite a biologico - oggi pari a 72.000 ettari - oltre ad un uso strategico e mirato delle più avanzate tecniche di marketing e delle nuove soluzioni introdotte grazie alle ultime innovazioni tecnologiche.
Il 2015 non è stata solo un’ottima annata per l’Italia ma anche per l’Europa tutta che ha raggiunto la cifra record di 9,8 miliardi di euro con un salto dell’8,9% sul 2014, giustificato anche da un aumento dei volumi con 21,9 milioni di ettolitri pari a 2,9 miliardi di bottiglie.
Il successo è fotografato, inoltre, dai dati presentati a Bruxelles dal Comitato Ue delle imprese vinicole (CEEV) che conferma meta preferenziale dell’export europeo gli Stati Uniti per un valore pari a 3,15 miliardi (+18%, sul 2014), mentre quasi la metà del vino esportato in terra americana è di origine italiana per un valore pari a 1,5 miliardi contro gli 1,4 della Francia.
E se gli Stati Uniti dimostrano essere il mercato principe e rassicurante per il nostro export, sorprende come sia la Cina ad avanzare (+26% a valore e +29% a volume) nel ranking dei maggiori importatori di vino europei. Rispetto alla situazione oltreoceano, in Cina inseguiamo Francia e Spagna che realizzano ottime performance grazie al differente posizionamento di prezzo, che entrambi i Paesi sono riusciti a conquistare nel tempo.
Denis Pantini, responsabile di Winemonitor Nomisma spiega come:
“La Cina è diventato il quarto mercato mondiale dopo aver scalzato il Canada. In Cina ha raddoppiato il valore l’Australia, che beneficia di accordi di libero scambio, mentre la Francia ha messo a segno un +63%. Il vino italiano è cresciuto ma solo del 15%”.
Solo aspirando ad una più stretta collaborazione tra Paesi in tema di commercio internazionale potremmo migliorare ulteriormente le prospettive, soprattutto in Asia e nel Pacifico perchè come osserva il segretario generale del CEEV, Ignacio Sanchez Recarte:
“Chiediamo all’Ue di chiudere al più presto possibile i negoziati con Usa e Giappone, e di avviare quelli con la Cina”.
Ma non è solo l’export che proietta l’Italia in un favorevole trend di crescita, perchè anche sul fronte interno ricomincia timidamente a scorgersi una ripresa dei consumi, nonostante una pressione promozionale invariata.
L’anticipazione dell’Information Resources Inch. (IRI) per Vinitaly 2016, segnala come nella GDO le vendite delle bottiglie da 75 cl aumentano del 2,8% in volume e quelle a denominazione d’origine dell’1,9% registrando rispettivamente un aumento a valore del 4% e del 3,8%.
Tra i vini più amati dagli italiani figurano il Lambrusco in pole position con 12 milioni e 771.000 litri venduti, seguito dal Chianti che lo precede, invece, nella classifica a valore. Al terzo posto troviamo un bianco internazionale, lo Chardonnay che cresce del 9% a volume. A seguire, conquistano posizioni di rilevo il Nero d’Avola (+4,6%), il Vermentino (+8,5%) e il Trebbiano (+5,6%).
Tra i vitigni che registrano invece il maggior tasso di crescita nel 2015 troviamo la Passerina marchigiana con un sorprendente +34,2%, il veneto Valpolicella e il piemontese Nebbiolo che rispetto alla prima registrano un prezzo di costo maggiore, a dimostrazione come il trend generale di crescita interessa anche vini più complessi.
Ma se i dati sono confortanti, non bisogna dimenticare che c’è ancora molto da fare e si affacciano nuove sfide all’orizzonte, come rileva il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo:
“Accanto alla leadership nelle esportazioni e nella qualità, il vino vanta anche il primato non proprio invidiabile della burocrazia. Il numero di giornate lavorative oggi dedicate dai produttori alle incombenze burocratiche è arrivato a 70 l’anno. Un’enormità. Ci aspettiamo su questo fronte un deciso cambio di passo a cominciare dal Testo unico del vino tante volte annunciato ma finora rimasto ancora sulla carta”.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Annarita Summo, redazione@exportiamo.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA