Con una popolazione di poco superiore ai 10 milioni di abitanti e un territorio sterminato e poco antropizzato, con una varietà ecologica che va dai ghiacciai andini alla pianura amazzonica, la Bolivia può contare su una gran quantità di acqua, boschi, biodiversità e terre coltivabili e su un gran potenziale di risorse minerarie e idrocarburi.

Per diverse ragioni, nelle ultime settimane il Paese andino è salito alla ribalta delle cronache nazionali e internazionali.

In Italia grazie al servizio “Madre Terra” di Liza Boschin per “Presa Diretta”, andato in onda domenica 28 febbraio 2016 su RaiTre, il pubblico italiano è stato messo di fronte agli effetti disastrosi del cambiamento climatico sul paradiso andino, un esempio di come il problema sia reale e il punto di non ritorno vicino.

Nel caso della Bolivia infatti, a fronte di un contributo dello 0,04% alle emissioni di gas che stanno provocando il cambiamento climatico, la giornalista racconta come:

“In 5.000 kilometri di viaggio e 5.000 metri di dislivello, non abbiamo incontrato ecosistema in questo Paese che non stia subendo le conseguenze del riscaldamento globale. La Bolivia, grande quanto Germania, Francia e Regno Unito insieme, è uno dei Paesi con il maggior numero di biodiversità al mondo. Gli altipiani andini a oltre 4000 metri, i deserti di sale lasciati da antichi oceani rimasti intrappolati fra le montagne, i boschi secchi e quelli umidi, la foresta amazzonica: tutti ambienti estremi e delicatissimi e tutti abitati da popolazioni che basano la loro economia su questi microclimi”.

Ma in queste settimane la Bolivia è stata al centro dell’attenzione anche per la prima sconfitta di Evo Morales Ayma ovvero l’inizio della sua parabola discendente, a prescindere da quanto le opposizioni interne sapranno fare fronte comune.

Il primo Presidente indigeno del Paese, ha festeggiato dieci anni di governo lo scorso 21 gennaio, da quando con il 53,7% venne eletto alla carica di Presidente alla guida del “suo” Movimento al Socialismo (MAS), primo a riuscire nell’impresa di transitare dalla guida dei movimenti sociali, alla guida del Paese portando avanti la filosofia tradizionale andina che ha avuto un ruolo chiave nella sua politica, basata sul rispetto dell’ambiente e sulla necessità di ristabilire un ordine di priorità fra sistemi attuali di produzione e consumo e tutela dell’ambiente.

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È indubbio come la parabola umana e politica dell’ex coltivatore di coca e leader sindacalista della categoria che all’inizio sembrava solo una parentesi folcloristica, in questi decenni abbia cambiato volto al Paese in termini sostanziali, oltre che simbolici con il rispetto assoluto per la divinità tradizionale Inca che rappresenta la Madre Terra - “Pachamama” - promuovendo un processo di riforma delle Pubbliche Istituzioni, di nazionalizzazione dello sfruttamento delle risorse naturali e di ridefinizione della spesa pubblica a beneficio delle classi più disagiate.

“La lucha sigue” ha dichiarato invece subito dopo la sconfitta nel referendum dello scorso 21 febbraio che gli avrebbe consentito di candidarsi per il quarto mandato presidenziale consecutivo, con il “Sì” fermo al 48,7% e il “No” - anche se di poco - a prevalere.

La sconfitta di Morales segue il “mood” continentale dopo il cambio della guardia in Argentina alle ultime elezioni presidenziali, la crisi del Venezuela, la crisi di Dilma in Brasile e le ombre sull’ex Presidente Lula e - da un certo punto di vista - la stessa pacificazione tra Stati Uniti e Cuba rientra in questa dinamica.

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Il Paese in questi dieci anni ha attraversato un’era di grandi cambiamenti e progressi economici, ma la polarizzazione impressa all’azione politica dal Presidente Morales, partigiano del riscatto delle popolazioni indigene andine rispetto alle classi abbienti delle pianure ha acuito le tensioni e generato malcontento e adesso è giunto il momento di iniziare a cercare un successore, mettersi da parte, in vista della legislatura 2020 - 2025.

L’ultimo documento di indirizzo politico di Morales - la Agenda Patriótica 2025 - risale all’agosto 2013, incentrato sui principi di dignità e sovranità, indica le linee di intervento statale e gli obiettivi di sviluppo, reinterpretato come “Vivir Bien”, uno stile di vita che genera equità tra gli individui ed armonia tra l’essere umano e la Madre Terra.

L’obiettivo è garantire una vita piena ed equilibrata ai cittadini boliviani entro il 2025, anno in cui ricorre il bicentenario dell’indipendenza nazionale, l’eradicazione della povertà estrema e l’accesso universale ai servizi di base, all’istruzione e alla sanità restano infatti le priorità assolute per lo Stato che ribadisce la determinazione a perseguire una piena autodeterminazione nello sviluppo tecnologico, finanziario, produttivo, alimentare e culturale.

La Bolivia può contare infatti su un sistema produttivo basato essenzialmente sull’industria estrattiva e sull’esportazione di materie prime non trasformate e il grande sviluppo dell’ultimo decennio che ha migliorato le condizioni di vita del popolo boliviano tutto, è coinciso con l’esplosione dei prezzi delle materie prime.

Il “Piano Nazionale di Sviluppo 2016 - 2020” si focalizza invece su un ambizioso programma infrastrutturale che prevede per i prossimi cinque anni investimenti per 48,57 miliardi di dollari, per oltre il 60% saranno destinati a infrastrutture, idrocarburi, e energia.

Riprendendo il Pilastro 1 della citata “Agenda Patriottica 2025”, il primo riferimento da parte di Morales è stato sempre quello all’eliminazione della povertà estrema con una riduzione prevista del 7,8% (dal 17,3% del 2014 al 9,5% del 2020), mentre l’obiettivo per l’indice della povertà moderata è invece di passare dal 39,3% (2014) al 24% (2020), con una diminuzione del 15%.

Relativamente al divario economico tra fasce più ricche e più povere della popolazione, si prevede una riduzione da 39 a 25 volte, ricordando come nel 2005, prima della sua elezione, il reddito dei più ricchi era 129 volte superiore a quello dei più poveri.

Andando alle relazioni bilaterali invece e alle opportunità per il Sistema Italia in Bolivia, bisogna segnalare come un decennio di crescita abbia contribuito a favorire l’espansione di una classe media dal potere di acquisto crescente che anima un mercato sempre più ampio per prodotti di gamma alta come quelli italiani che registrano grande successo in un mercato dove fino a qualche anno fa erano praticamente assenti.

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Naturalmente le distanze incidono e anche se l’interscambio complessivo è ancora molto esiguo - al di sotto dei 200.000 euro - le nostre esportazioni crescono costantemente e c’è molto interesse ad approfondire le relazioni bilaterali con l’Italia anche per quanto riguarda gli investimenti, soprattutto da parte di piccole e medie imprese, ritenuti funzionali allo sviluppo del Paese e all’auspicata evoluzione del sistema produttivo boliviano, orientato a far sí che passi dall’essere quasi esclusivamente fondato sull’attività mineraria, a poggiare su una solida base industriale di trasformazione delle materie prime.

Allo stesso modo certamente le gare d’appalto internazionali per la realizzazione di grandi opere infrastrutturali nei settori prioritari per lo Stato previste nel “Piano Nazionale di Sviluppo 2016 - 2020” costituiscono infatti un’opportunità importante per il settore privato italiano.

Il “Vivir Bien” tanto caro a Morales non tralascia le enormi potenzialità di sviluppo per creare industrie della trasformazione che apportino valore aggiunto alle materie prime nazionali, così come le potenzialità derivanti dall’aumento della produttività dell’agricoltura e dalla trasformazione alimentare e certamente l’industria meccanica italiana - non a caso prima voce delle nostre esportazioni - si sposa bene con le esigenze di sviluppo locale e sono buone le prospettive di crescita.

In conclusione, ragionando sul bivio di fronte al quale si trova il Paese andino, appare opportuno citare il commento di Valerio Castronovo all’indomani della sconfitta di Morales su “Il Sole 24 Ore”:

“Negli ultimi anni la recessione e in particolare il calo vertiginoso dei prezzi del greggio hanno posto fine a una fase di alta congiuntura economica per la Bolivia, come per l’Ecuador e il Venezuela. Di conseguenza sono appassite le credenziali e le prospettive politiche di Morales, dopo l’uscita man mano di scena, in America latina, dei sandinisti, dei post-peronisti e anche dei fautori di un “capitalismo di sinistra” alla Lula. Naturalmente, non per questo gli Stati Uniti, riapprodati a Cuba, torneranno a fare dell’altra parte del continente il loro “cortile di casa”. E rimangono comunque ancora forti le suggestioni della teologia della liberazione e delle comunità di base”.

L’esempio di Evo Morales è già nella storia che non si ferma e non può fermarsi e per questo motivo servono nuovi protagonisti e nuove leadership in Bolivia come nel continente latinoamericano.

Serve ridare vigore a quel progressismo - a volte forse troppo paternalista - che ha attraversato il continente latinoamericano negli ultimi decenni e che forse per la prima volta nella storia è riuscito a trarre beneficio per il popolo tutto dalle ricchezze troppo spesso usurpate della propria terra, ridando dignità a milioni di persone.

Si tratta della stessa terra che proprio in Bolivia - come abbiamo tristemente potuto “ammirare” - dimostra la sua fragilità e lancia il suo grido di allarme nei confronti dell’umanità tuttà perché come Morales ha dichiarato riflettendo sullo stato del mondo a “Presa Diretta”:

“Saliresti su un aereo che ha il 50% di probabilità di cadere? Allo stesso modo l’umanità ha il 50% di possibilità di sopravvivere se non cambiano i nostri ritmi produttivi. Solo che né abbiamo la possibilità di scendere da questo aereo né stiamo facendo qualcosa per rallentare il riscaldamento globale”.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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