In principio fu il pomodoro, mentre adesso a sembrare sotto attacco sono anche l’olio d’oliva e le arance: fra l’Unione Europea e gli stati del Nord Africa si allargano i potenziali territori di scontro per una vera e propria “guerra commerciale” che potrebbe generare effetti nefasti per il Food&Beverage “Made in Italy”.

Ad elevare il livello d’allarme in merito ai rischi che interessano il fiore all’occhiello del Sistema Paese italiano diffusamente riconosciuto ed apprezzato a livello globale, è stata la decisione del Parlamento Europeo - adottata con il voto dello scorso 25 febbraio - di approvare una misura considerata “d’emergenza” a supporto dell’economia tunisina.

Tunisi sta attraversando gravi difficoltà sul piano economico e finanziario e l’intenzione dell’UE è quella di correre in soccorso di uno Stato che sta sostenendo un processo di transizione democratica credibile dopo i tumulti derivanti dalla “Primavera Araba” che ha attraversato il Nord Africa negli ultimi anni e che a Tunisi ha spazzato via il regime ultraventennale di Zine El-Abdine Bel Ali grazie a quella che è passata alla storia come “Rivoluzione dei Gelsomini”.

Se le intenzioni che hanno mosso questa decisione sono senza dubbio nobili dal momento che mirano ad aiutare un Paese in grave difficoltà - soprattutto in ragione del crollo del turismo dopo la paura suscitata dagli attentati terroristici subiti - d’altra parte non bisogna però dimenticare l’importanza della tutela dell’olio, e più in generale di tutto il nostro comparto agroalimentare.

La misura, nello specifico, prevede infatti il via libera all’import nell’Ue di 35.000 tonnellate aggiuntive di olio d’oliva tunisino per il biennio 2016-2017 - oltre alle 57.000 già previste - a dazio zero. Viste le premesse, bisogna dire che poteva andare peggio dal momento che molti temevano un’apertura incondizionata ad oli stranieri ma, evidentemente, la pressione esercitata dalle istanze degli olivicoltori italiani (ma non solo) sulle istituzioni comunitarie ha sortito qualche effetto.

Il provvedimento finale effettivamente contiene delle limitazioni non presenti nel testo iniziale e che sono state apportate grazie all’approvazione di modifiche in termini di:

Durata: pari a 2 anni e senza alcuna previsione di rinnovo automatico;
Tracciabilità delle merci: potranno essere sottoposti a questa agevolazione fiscale solamente gli oli prodotti al 100% in Tunisia.

In questo modo almeno un pericolo enorme dovrebbe essere stato scongiurato ovvero quello - per gli olivicoltori onesti e capaci - di vedersi letteralmente invasi da una concorrenza sleale, pronta a mischiare produzioni tunisine con quelle “Made in Italy” per poi commercializzare il prodotto come 100% italiano.

Il Parlamento ha chiesto alla Commissione Europea anche la presentazione di una valutazione dopo un certo periodo su impatto ed effetti della misura sul mercato comunitario.

Questa ulteriore decisione acuisce la sensazione di un settore Food “Made in Italy”, sempre più sotto attacco proprio in un periodo in cui il settore era finalmente tornato a far registrare delle performance positive.

I problemi per l’Italia non si fermano all’olio ma riguardano un altro prodotto simbolo della nostra agricoltura: il pomodoro. Prima di tutto è necessario sapere che esiste ormai da qualche tempo un accordo fra Ue e Marocco riguardante le importazioni di pomodoro con la previsione della possibilità di fruire di alcune agevolazioni per importare una certa quantità del succoso frutto rosso.

L’accordo in particolare - in vigore dal 24 luglio 2013 - ha introdotto un protocollo quadriennale per la liberalizzazione dei prodotti agricoli e dell’acquacoltura marocchini. Il problema però è che il Marocco sembra non rispettare i contingenti di importazione fissati dall’accordo e lo scorso ottobre - stando a quanto comunicato dalla Commissione Europa - il Marocco avrebbe esportato oltre 27.000 tonnellate di pomodori nel Vecchio Continente, ben oltre il limite fissato in fissato in 14.700 tonnellate.

La preoccupazione tuttavia non è solo italiana ma anche l’Associazione Spagnola dei Produttori ed Esportatori di frutta, ortaggi, fiori e piante vive (FEPEX) ha sottolineato come la situazione in questi termini non è accettabile.

Ma non è finita qui perché la concorrenza marocchina - secondo i produttori agricoli - utilizza pesticidi pericolosi per la salute, vietati in Europa all’interno di coltivazioni caratterizzate da condizioni molto pesanti a livello sociale come dimostra il bassissimo costo della manodopera che rende labile il confine tra lavoro e sfruttamento.

A quanto pare però una piccola “buona notizia” c’è e risale allo scorso dicembre, quando la Corte di Giustizia Europea ha sentenziato l’annullamento dell’accordo commerciale Ue-Marocco a causa del danneggiamento che questo sta recando al territorio del Sahara occidentale, dove abita il popolo Saharawi, costituito dai gruppi tribali arabo-berberi che già dai primi anni ’30 del XX^ secolo reclamano la loro indipendenza. Il problema però non sembra essersi risolto tanto che - stando ai dati Coldiretti - nella prima settimana di gennaio 2016, i prezzi di pomodoro sono crollati del 43,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

A chiudere questo quadro spinoso per l’agroalimentare italiano è infine la recente notizia di un ulteriore accordo tra UE e Marocco, questa volta sulla liberalizzazione di alcuni prodotti ortofrutticoli e ittici. L’intesa dovrebbe portare all’eliminazione immediata del 55% dei dazi doganali sui prodotti provenienti dal Marocco, fatta eccezione per alcuni prodotti considerati “sensibili” e dunque degni di maggiore tutela fra cui fragole, cocomeri e aglio.

Ma, a quanto riferisce sempre Coldiretti, in questa categoria non rientrerebbero gli agrumi e ciò potrebbe portare una regione come la Sicilia - che fa del commercio di agrumi una delle fonti primarie della sua produzione di ricchezza - dei danni economici enormi.

In seguito all’entrata in vigore di siffatte misure sui banchi dei mercati siciliani si potrebbero trovare arance marocchine a 0,17 euro/kg in luogo dei 0,30 - 0,35 euro/kg.

Stesso discorso può esser fatto anche per i limoni che rischiano di vedere crollare le loro quotazioni da 0,30 a 0,15 euro/Kg, rendendo di fatto insostenibile per i produttori locali qualsiasi tipo di competizione con prodotti stranieri commercializzati a prezzi così stracciati.

Il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, commenta così gli ultimi avvenimenti nelle sedi comunitarie:

“C’è un’apertura incondizionata delle barriere dal punto di vista agricolo, senza una valutazione dell’impatto reale sui nostri sistemi, senza una pretesa di reciprocità, senza che gli accordi siano win win, cioè vincenti per entrambe le parti, sacrificando questi accordi in virtù di altri obiettivi politici ed economici”.

La delegazione italiana a Bruxelles ed il governo Renzi non possono più aspettare e devono predisporre un piano d’azione al più presto, magari cercando la sponda di altri governi europei con interessi simili a quelli italiani (Spagna e Portogallo su tutti), perchè difendere il settore agroalimentare Made in Italy è un obbligo imprescindibile per sostenere la debole crescita del Paese ed aiutare il Sud del Paese, troppo spesso abbandonato a sé stesso.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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