La Cina è ufficialmente il maggiore mercato del mondo per l’e-commerce avendo superato gli stessi Stati Uniti.

Nell’ultimo anno gli acquirenti on-line sono stati oltre il 12% rispetto al totale con tassi di crescita intorno al 40% rispetto all’anno precedente e lo scorso anno nel I^ semestre, l’e-commerce ha fatturato 2.000 miliardi di renminbi ovvero circa 280 miliardi di euro (+42,8% sullo stesso periodo dell’anno precedente).

Nell’ultimo biennio complice la crisi economica e l’incoraggiamento logistico e fiscale di Pechino per riequilibrare i redditi prima generati dalle esportazioni con i consumi interni, si è assistituo ad uno sviluppo esponenziale di realtà, nate nell’anonimato e capaci di trasformarsi, in poco tempo, in dei veri e propri giganti del web.

Parliamo di realtà come Wechat, JD e il Gruppo Alibaba con le sue piattaforme Taobao e Tmoll, oggi al centro della rivoluzione del Business to Consumer (B2C) - la vendita diretta da commerciante a cliente su internet - a livello locale e sempre di più mondiale, rappresentando oggi per molti aspetti gli innovatori e i precursori del futuro commerciale mondiale con la Cina che si prefigura come il laboratorio più interessante.

Il tipico consumatore cinese che compra via web ha meno di 30 anni, guadagna 600 euro al mese e ne spende mensilmente 90 euro on-line. Naturalmente, esistono anche i grandi utenti che non badano a spese che vengono stimati in 58 milioni di super ricchi, mentre più in generale, oggi la popolazione cinese guadagna in media sei volte tanto quello che guadagnava nel 1976.

La presenza delle grandi catene distributive on-line rappresenta una via semplificata ed un tempo non percorribile per approcciare un mercato altamente competitivo e complesso come quello cinese, ma soprattutto una grande opportunità per le piccole e medie imprese nostrane, proprio perché i cinesi più giovani cercano prodotti solidi, originali, ben fatti e meno costosi dell’alto lusso e naturalmente il fascino del “Made in Italy” non conosce rivali.

Andando a noi invece, secondo la società di consulenza Accenture, lo sviluppo del digitale entro il 2020 potrebbe generare una crescita aggiuntiva del Pil del 4,2%, soprattutto grazie ai canali e-commerce.

Guardando la realtà invece, l’Italia è ancora molto indietro e lo stesso indice Desi - che calcola la digitalizzazione dell’economia e delle società - segnala il ritardo rispetto al resto d’Europa, mentre il valore dell’export attraverso canali digitali è ancora poco rilevante se si pensa al potenziale (4% del totale e un valore di circa 6 miliardi di euro), ma il dato non stupisce dal momento che - secondo Eurostat - solo il 10% delle nostre imprese vende on-line.

L’Osservatorio sull’Export del Politecnico di Milano analizza invece il ruolo che le nuove tecnologie possono giocare nel favorire e incrementare le esportazioni delle imprese italiane e allo stato attuale, la maggior parte del fatturato derivante dall’export on-line è legato ai grandi portali per la vendita al dettaglio e ai marketplace ma anche ai siti dedicati alla vendita privata.

Analizzando i comparti del Made in Italy, il fashion risulta quello con la quota maggior sul totale dei prodotti venduti all’estero, con oltre il 65%, mentre seguono, a distanza, il Food ed il Design con una quota di circa il 15% a testa.

I principali mercati di sbocco sono l’Europa, Stati Uniti, la Russia e Giappone, mentre ancora poche vendite on-line vengono fatte verso la Cina e verso il Sud America.

Bisogna dunque intervenire e fornire alle aziende informazioni e strumenti utili per sfruttare a pieno le grandi potenzialità dell’e-commerce per vincere sul mercato cinese e da questo punto di vista, fondamentali risultano le iniziative di formazione, consulenza e sensibilizzazione sul territorio come il roadshow - che si è tenuto dal 15 al 18 febbraio a Napoli, Bologna, Milano e Vicenza - promosso da ICE-Agenzia, Confindustria e il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano (Netcomm) “Vendere in Cina attraverso l’e-Commerce”, che ha visto nelle diverse tappe interventi dei rappresentanti del gruppo Alibaba e di WeChat.

La Cina conta circa 670 milioni di utenti internet e le opportunità offerte dall’e-commerce cinese alle PMI italiane sono innumerevoli, tuttavia per poterle cogliere occorre che le aziende preparino un progetto e-commerce internamente e siano ben informate sulle regole di questo modello di sviluppo, gestito principalmente da piattaforme cinesi, nel quale interagiscono diversi attori con un ruolo ben preciso perché come ha spiegato a “L’Espresso” il presidente di Netcomm, Giulio Finzi bisogna:

“Innanzitutto capire che i cinesi apprezzano chi si avvicina a loro con rispetto e offre collaborazioni durature nel tempo. Poi conoscere il consumatore cinese: opera su smartphone, è sensibile a sconti e promozioni, chiede una consegna veloce e vuole interagire con il venditore mentre compra. È importante abbondare con descrizioni e contenuti sui propri prodotti e cercare in Italia alleanze con cui sbarcare in un mercato molto competitivo. Soprattutto non occorre non dimenticarsi che non è facile capire cosa piace ai consumatori cinesi: si procede per errore”.

I vantaggi sono molteplici per le PMI perché le piattaforme on-line si fanno carico della logistica dalla raccolta del prodotto nella fabbrica italiana, della spedizione in Cina, dello sdoganamento e della distribuzione finale, garantendo più servizi, ma anche guadagni minori certo, ma l’annullamento totale del rischio.

Bisogna dunque avvicinare e preparare sempre di più le aziende all’utilizzo di questo canale di vendita, fornendo informazioni, strumenti ed accorgimenti utili per sfruttare davvero le enormi potenzialità che il “Made in Italy” anche nel digitale, non può non valorizzare.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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